Il “Sangue dei vinti” drammaticamente rievocato da Giampaolo Pansa nel suo “best- seller” non fu sparso, alla fine della seconda guerra mondiale, solo in Italia ma in tutta Europa: ma questa comunanza non può certamente attenuare le nostra colpe e consolarci con il fatidico “Chi è senza peccato…”.
Ed a questo tristissimo spargimento diedero il loro contributo anche molti ebrei che alla fine del conflitto si trasformarono da vittime in carnefici come emerge dal libro “La Brigata” scritto da Howard Blum (scrittore e giornalista americano) che racconta le vicende di una formazione militare composta da ebrei, e quindi denominata “Brigata Ebraica”, costituita alla fine del 1944 e inquadrata nell’esercito inglese, che combattè sul fronte italiano contro i tedeschi.
L’origine di tale brigata costituisce il caso singolare di due contendenti impegnati in una lotta senza quartiere che ad un certo punto decidono di por termine al loro contrasto e si alleano per combattere un nemico comune, salvo poi, dopo averlo sconfitto, riprendere le ostilità provvisoriamente sospese.
In Palestina, infatti, era da tempo in corso un aspro conflitto fra l’ “Agenzia Ebraica” avente lo scopo di difendere gli ebrei ivi immigrati oltre a favorire il loro afflusso nella “terra promessa”, e gli inglesi che avendo avuto fin al 1920 dalla Società delle Nazioni il “Mandato” su quel territorio, vi si opponevano fermamente.
La lotta per por fine all’odiato “mandato” e quindi costituire in Palestina lo stato l’Israele fu condotta dagli ebrei, organizzati in formazioni paramilitari capitanati dalla ”Haganà” fino a quando, all’inizio della 2° guerra mondiale, la lotta fu sospesa per far fronte comune contro la Germania colpevole di attentare alla libertà dei popoli e di opprimere gli ebrei: salvo riprendere, senza esclusione di colpi, alla fine vittoriosa della guerra contro i nazifascisti.
La loro richiesta di partecipare attivamente al conflitto con formazioni militari proprie a fianco degli alleati fu per molto tempo osteggiata dagli inglesi fino a che il 19 settembre 1944 il governo inglese decise di aprire gli arruolamenti per formare una brigata ebraica in grado di partecipare alla battaglia finale per la distruzione del nazismo.
Fu così che nacque la “Brigata Ebraica” composta da 5.000 uomini provenienti in maggior parte dalle fila dell”Haganà”, che agli ordini del gen.Ernest Frank Benjamin nel marzo 1945 combattè contro i tedeschi sul fronte italiano presso Ravenna segnalandosi per la conquista del monte Ghebbio. Il suo contributo di sangue fu di 59 morti e 150 feriti.
Dopo la resa dei tedeschi in Italia (2.5.1945) la brigata era stata in un primo tempo destinata come forza d’occupazione in Germania: ma il viaggio fu interrotto a Tarvisio da un ordine che non riteneva consigliabile il loro impiego colà come forza d’occupazione in vista “dei molti e complessi problemi” che questa occupazione avrebbe potuto provocare: chiaro riferimento a quanto poi si verificò fatalmente in Italia ed in Europa.
La brigata era destinata a montare la guardia ai confini fra Italia, Austria e Jugoslavia, ma Tarvisio divenne la capitale della vendetta ebrea.
La tremenda carica di odio provocata in tanti anni dall’ antisemitismo di Hitler, ingigantita poi dalle prime notizie sugli orrori dei campi di sterminio, emerge dal macabro decalogo dettato dal capo di una “Huliya” (squadra ebrea di eliminazione) ai suoi uomini diretti in Germania, del quale riportiamo alcuni “comandamenti”:
- Odia i macellai del tuo popolo fino alle ultime generazioni!.
- Rammenta: il fatto che veniamo come autorità militare con bandiera ed emblema dinanzi agli occhi del popolo tedesco nella sua patria, è una vendetta!
- Rammenta: la vendetta è un compito comune. Qualsiasi atto irresponsabile indebolisce il gruppo.
- Siano maledetti: loro, le loro mogli, i loro figli, i loro beni e tutto ciò che appartiene a loro: maledetti per generazioni!
Va peraltro riconosciuto che questo atteggiamento estremista non era condiviso da tutta la brigata il cui comandante gen.Benjamin, pur rendendosi conto che “numerosi uomini hanno tutte le giustificazioni personali per desiderare di vendicarsi dei tedeschi”, aveva anzi ribadito il proprio fermo desiderio “che la brigata ebraica agisca in modo corretto secondo le convenzioni riconosciute”: e per questo erano stati posti in atto severi controlli che vennero però sistematicamente violati.
Molti soldati della brigata, infatti, preferirono dare ascolto all’”occhio per occhio dente per dente” della Torah piuttosto che agli ordini dei superiori.
I frutti di tale scelta emergono dalle pagine che descrivono le azioni di una “huliya” ( il cui numero non risulta dal libro) alla quale vengono attribuite dalle 200 alle 300 uccisioni.
Il suo comandante è “Giudice e Giuria”, e “In nome del popolo ebraico ti condanno a morte” è la formula che precede l’uccisione dei nazisti individuati e catturati.
Si legge: ““Zorea – componente di un’”huliyia” - preferiva non usare un’arma. “Lavoro scadente”, lo definiva in modo sbrigativo. Non soltanto era pasticciato, con frammenti di cranio e sangue che volavano dappertutto, ma era anche pericoloso: una pallottola vagante poteva colpire uno dei loro””. Adottò allora un altro sistema: il soffocamento, stringendo con le mani nude il collo del condannato. Ma siccome era faticoso e occorreva troppo tempo perché l’altro andasse all’altro mondo, sperimentò un altro procedimento. Il condannato era posto in mezzo a due giustizieri uno dei quali gli offriva una sigaretta accesa, e quando l’altro esalava la prima boccata di fumo, i due gli avvolgevano velocemente una corda intorno al collo e stringevano con tutta la loro forza. “Così lo strangoli – spiegò Zorea – e funziona bene”.
Ci fermiamo qui, anche se molte altre pagine descrivono con inaudita crudezza spietate uccisioni.
Ma quella voglia di sangue cede alla fine di fronte al desiderio di quei soldati di trasformarsi, da uomini destinati ad uccidere, in salvatori di vite umane.
Nasce così l’operazione ”Bricha” (La fuga), che utilizzerà gli uomini delle “huliyia” e la loro capacità di sgusciare impunemente attraverso le frontiere degli stati europei , per trasportare, nonostante l’occhiuta vigilanza degli inglesi che volevano impedirlo, migliaia di sopravvissuti alla “Shoà” fino ai porti dell’Atlantico e del Mediterraneo, e ad imbarcarli verso l’agognata “terra promessa”.
Alla fine, l’amore per il proprio popolo aveva prevalso sull’odio per il popolo vinto.
Giovanni Zannini
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