Edoardo Bassini appartiene a quella categoria di italiani che dopo aver dedicato generosamente nel
periodo risorgimentale le loro migliori energie alla causa della
liberazione d'Italia dal giogo straniero seppero poi trasferirle con
pari entusiasmo ad opere di pace al servizio della società civile.
Era nato il 14 aprile 1844 a Pavia ove
nel 1866 si era laureato presso una delle poche facoltà di medicina
e chirurgia esistenti all'epoca in Italia.
Cresciuto nel clima universitario
rovente di patriottismo, e ancor più sull'esempio dello zio Angelo
fervente garibaldino, non esitò, all'indomani della laurea, allo
scoppio della terza Guerra d'Indipendenza, a seguirlo ed a combattere
in val Camonica nelle file dei “Cacciatori delle Alpi” di
Garibaldi al quale si dovette, il 21 luglio 1866, a Bezzecca,
l'unica vittoria italiana in quello sfortunato conflitto. Vittoria,
come noto, resa inutile dall'ordine superiore – cui fu risposto
con il fatidico “Obbedisco” - di interrompere l'avanzata che fin
d'allora avrebbe potuto realizzare la liberazione del Trentino.
La cocente disillusione subìta portò
l'anno successivo, in ottobre, il giovane medico a Terni ove si
stavano concentrando patrioti intenzionati a passare il confine con
il Lazio per tentare la liberazione di Roma. In attesa dell'arrivo
di Garibaldi ancora “confinato” a Caprera, settanta di essi
fra cui il Bassini, comandati da Enrico
Cairoli, pavese come lui e suo grande amico,
decisero di recarvisi con l'intento di
indurre i romani alla rivolta e creare il “casus belli” per
giustificare l'intervento dell'Italia in loro soccorso.
Partiti da Terni il 20 ottobre, passato
il confine ed attraversato il Tevere, gli audaci incursori entrati
in città si arroccarono a Villa Glori, sul colle dei Parioli, con
l'intento di spingere i romani a sollevarsi contro il Papa.
Ma solo due coraggiosi popolani,
Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti (che, catturati dalla gendarmeria
papalina saranno decapitati) entrarono in azione facendo esplodere
una parte della caserma Serristori. Tutti gli altri, bollati
“degeneri romani” da Adamo Ferraris - fratello del grande
scienzato Galileo - che partecipò all'impresa garibaldina passata
alla storia con il nome di “campagna dell'Agro Romano”, pur
sollecitati ad insorgere dalle manovre dimostrative dei garibaldini
attorno alle mura della città, stettero alla finestra e non fecero
una mossa.
Il gruppo di Cairoli fu intercettato il
23 ottobre dai papalini e ne seguì un violento scontro nel quale
perse la vita il comandante Enrico e fu gravemente ferito suo
fratello Giovanni (poi deceduto l'11 settembre 1869).
Bassini, colpito dalla baionettata di
uno zuavo che gli aveve devastato il basso ventre, fu ricoverato al
“Santo Spirito”, antichissimo ospedale romano e si dice che il
Papa Pio IX, in visita ai feriti di quel combattimento, abbia detto,
al capezzale del giovane lombardo in pericolo di morte per una
peritonite stercoracea:”Speriamo che guarisca e che metta
giudizio”.
A ricordo della sua partecipazione a
quell'eroica impresa, il nome di Edoardo Bassini è inciso nel
bronzo, assieme a quello degli altri suoi 69 compagni, a retro del
monumento che sul Pincio rappresenta Giovanni Cairoli mentre
sorregge il morente fratello.
Rientrato nella sua Pavia, Bassini ebbe
la fortuna di essere curato da Luigi Porta, suo illustre maestro, che
riuscì a rimettere in piedi il discepolo.
Ma fu proprio quella ferita che, a
posteriori, si può definire provvidenziale, a trasformare l'audace
garibaldino in un benemerito della scienza medica.
Nel corso della lunga malattia,
desideroso di poter varcare la soglia della parete addominale che
nessun chirurgo era prima riuscito a violare, egli ebbe così la
possibilità di approfondire, proprio su se stesso, lo studio dei
visceri
Guarito, per perfezionare gli studi in
materia si recò all'estero ove incontrò i migliori specialisti
dell'epoca.
Rientrato in Italia nel 1875 fu
primario chirurgo presso l'ospedale della Spezia; nel 1878
professore incaricato di Medicina Operatoria e Clinica chirurgica
presso l'Università di Parma, poi (novembre 1882) Professore
ordinario di Propedeutica e patologia speciale chirurgica, quindi
di Clinica chirurgica ( maggio 1888) presso l'Università di Padova.
E' famoso per aver eseguito per la
prima volta il 24 dicembre 1884 l'operazione radicale dell'ernia
inguinale introducendo nella tecnica operatoria la ricostruzione con
sutura a strati dei diversi piani anatomici.
Tale intervento che da lui prese il
nome di “radicale Bassini” si diffuse in tutto il mondo e
costituì il fondamento di numerose varianti tecniche sviluppate
successivamente fino a che fu soppiantato da quelle alloplastiche.
L'illustre chirurgo viveva da solo in
una piccola casa vicino all'ospedale: celibe, schivo, partecipava
raramente alla vita sociale dedicandosi soprattutto allo studio, alla
professione ed ai suoi discepoli. Ad essi, non avendo egli lasciato
nulla di scritto, va il merito di aver ricordato che il loro maestro
fu anche pioniere della chirurgia avendo praticato, oltre a quello
per cui è famoso, molti altri importanti interventi: sulla tiroide,
l'isterectomia subtotale, una particolare metodica per il
trattamento della palatoschisi; la tecnica dell'amputazione
interscapolotoracica con legatura primaria dell'arteria succlavia,
per l'anchilosi temporo-mandibolare e per la fissazione del rene
mobile; la resezione ileocolica e la sutura vasale.
Suo unico svago, nei rari momenti di
riposo, lunghe galoppate a briglia sciolta sugli argini del Brenta o
del Bacchiglione.
Sul numero di agosto 2004 di questa
rivista Ferdinando Vigliani nel ripercorrere il contributo della
scuola padovana alla chirurgia, ha ricordato i meriti del Bassini ed
ha citato quanto scritto su di lui da Manara Valgimigli, illustre
letterato che insegnò all'Università di Padova negli stessi suoi
anni.
Scrive Vigliani che Bassini,
raggiunto alla fine del 1919 il limite di età dei 75 anni per
l'insegnamento, aveva per qualche mese proseguito la sua attività
ragion per cui l'eterna, imperante burocrazia italiana gli aveva
inviato un telegramma con l'invito a lasciare immediatamente
l'incarico, chiedendogli altresì di giustificare il motivo di tale
suo comportamento.
E Valgimigli: ”...(Bassini)
Impallidì, ma subito anche si riprese. Ordinò che gli sellassero e
gli menassero alla porta della clinica il cavallo. Vi montò sopra e
così a cavallo abbandonò Padova, la sua clinica ed il suo lavoro,
per sempre”.
Nominato senatore del regno nel 1904
morirà nella sua tenuta di Vigasio , in provincia di Brescia, il
19 luglio 1924 e la salma riposa nel cimitero monumentale della sua
Pavia.
Padova 28.2.2017
Giovanni Zannini