tag:blogger.com,1999:blog-81664367507119000232024-01-02T02:49:43.370-08:00Informa StoriaQuesto Blog raccoglie molti miei scritti alcuni dei quali pubblicati su giornali e riviste. Non sono uno storico ma è mio desiderio informare su fatti ed episodi poco noti che spesso non sono conosciuti dai più. Oltre a ciò il Blog contiene mie considerazioni e commenti su argomenti vari nonché racconti e novelle frutto della mia attività letteraria.<br>
Giovanni Zannini-Pubblicista-via Ferri 6-35126-Padova-Tel.+FAX 049/757890 g.zannini_@libero.itGiovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.comBlogger265125tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-71080328362154813802022-02-19T01:54:00.002-08:002022-02-19T01:54:50.420-08:00Un Coronavirus musicale<p>Come noto, il Coronavirus lascia in
coloro che l'hanno avuto, e che sono scampati, disturbi di vario
genere - definiti “Sindrome Post Covid-19 ” - , che persistono
dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus
dall'organismo, destinati a sparire dopo un tempo più o meno lungo.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">A me il virus ha lasciato una coda
assai singolare, inedita credo, e, per fortuna, innoqua: ha risvegliato il ricordo di canzoni
ormai dimenticate, direi, d'antiquariato, scritte e cantate
pressapoco negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale,
ossia decine di anni fa.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Canzoni delle quali non ricordo né il
titolo, né l'autore, ma solo l' aria ed il testo, alcune leggere,
direi quasi infantili, altre più impegnate a cantare l'amore e le
bellezze del creato.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Fra le prime, create da musicisti alla
buona e da parolieri che si sforzavano di metterci dentro le parole
che facessero rima, emerge dalla mia memoria un “Bombolo” che
“con i piccoli piè, con il grande gilet fece un capitombolo”, ed
un tal Pippo che “quando passa ride tutta la città” perché “si
crede bello come un Apollo, ma saltella come un pollo...”.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Altre volte i postumi del Coronavirus
mi fanno canticchiare i “Pompieri di Viggiù che quando passano i
cuori infiammano” di fanciulle che allora si accontentavano di
poco e che cantavano, preoccupate, di “un uccellino che non sapeva
navigare, non si dà pace il poverino: che cosa deve fare?”; mentre
un'altra gorgheggiava che “se potessi avere musica leggera, tutta
la mattina, fino a tarda sera, io potrei trovare tutta la felicità.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Talora, invece, mi sovviene che
“Parlano d'amore i tuli, tuli, tuli pan” cantato dalle olandesine
del Trio Lescano che, naturalmente, esaltavano il loro fiore
nazionale, oppure mi trovo ad ascoltare il canto di un giovinotto
che aspetta la sua “bella sotto il monumento con una rosa in
mano...al primo appuntamento nel parco di Milano”; di un altro che
dava una notizia molto interessante, e cioè che “nel bazar di
Zanzibar, si può danzar, si può ballar, si può mangiar....e non
pagar”; mentre un altro giovane di belle speranze esaltava il
“Valzer del buon'umor che ti dà l'aria del gran signor”.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"> Fin qui, canzoncine di musica molto,
molto leggera che al giorno d'oggi farebbero pensare che i giovani
di un secolo fa che cantavano quella roba fossero un pochino
sempliciotti: ma il virus porta alla mia memoria anche composizioni
che non sfigurerebbero ai nostri giorni.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Come quella di un innamorato tradito
che cantava “Vento, vento, portami via con te, raggiungeremo
insieme il firmamento dove le stelle brilleranno a cento.....e senza
alcun rimpianto voglio scordare il tradimento. Vento, vento, portami
via con te”: parole aggraziate, una bella voce e un'aria che ti
faceva fischiare il vento nelle orecchie, e ti portava in alto.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">O l'altra in cui il cantante faceva
all'amica un invito galeotto: “Vieni, c' è una strada nel bosco,
il suo nome conosco, vuoi conoscerla tu? Vieni, è la strada del
cuore dove nasce l'amore che non muore mai più. Laggiù fra gli
alberi inondati dai raggi d'or c'è un nido semplice dove nasce
l'amor...”. E tanto bastava per suscitare la fantasia d'un
giovincello che l'amore non l'aveva ancora incontrato.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">E poi, “Vivere!”, la canzone che ha
una storia perchè criticata dalle autorità ecclesiastiche
dell'epoca per il suo contenuto troppo godereccio, cosicchè,
accusata di portar jella, era cantata solo da quelli che dei divieti
di Santa Madre Chiesa se ne facevano un baffo.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Giudicate voi: “Oggi è una
bellissima giornata” - cantava un giovinotto che si era finalmente
liberato di un amore indigesto - “una giornata di felicità”
perchè “oggi la mia bella se n'è andata e mai più ritornerà!”,
per cui “son padrone alfin della mia vita” e “voglio vivere
sempre così giocondo, voglio vivere per le follie del mondo....”.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Si, quel giovinotto era piuttosto
spregiudicato, ma mi pare che la critica dei preti fosse esagerata.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Io, comunque, che con le tonache ho
sempre voluto andar d'accordo, avevo trovato il modo di cantare
quella canzone - che mi piaceva un mondo! – con l'anima in pace,
sostituendo “vivere” con “ridere” sfruttando l'assonanza
delle due parole, senza recar danno alla canzone che, anzi, secondo
me, ci guadagnava.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Sentite un po': “Voglio ridere così
col sole in fronte”, “Voglio ridere e goder l'aria del monte”,
“Voglio ridere delle follie del mondo” e così via.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">In fondo, una bella risata non ha mai
fatto male a nessuno ed anzi, dicono, fa bene alla salute.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 4-2-2022 </p><p style="margin-bottom: 0cm;">Giovanni
Zannini</p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-55696368367282695862022-02-19T01:32:00.002-08:002022-02-19T01:32:38.029-08:00LEGGENDO I TESTI DEGLI ARMISTIZI<p>Nei libri di storia vi sono parole,
espressioni, frasi, informazioni che sono forse sfuggiti
all'attenzione degli storici e che meritano di essere conosciuti e
commentati, senza escludere - perché ciò implicherebbe una
conoscenza illimitata - che essi siano invece già stati oggetto
dell'attenzione di altri.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">In sostanza, il lavoro di chi, dopo che
la trebbiatura era terminata, si soffermava a “spigolare”,
raccogliendo i chicchi di grano sfuggiti alle maglie della
trebbiatrice.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">L' onore delle armi.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">E' noto che la cessazione delle
ostilità fra gli Alleati e l'Italia avvenne mediante due armistizi: uno sottoscritto a Cassibile (prov. di
Siracusa) dal Gen. Bedell Smith per gli Alleati, e dal Gen.
Castellano per l'Italia il 3 settembre 1943, reso pubblico l'8
settembre, denominato “Armistizio Breve” con riferimento alla
brevità del testo (12 articoli); il secondo sottoscritto a Malta il
29 settembre dal Gen. Eisenhower comandante delle Forze Armate
Alleate, e dal Gen.Badoglio Capo del Governo Italiano, denominato
“Armistizio Lungo” per la lunghezza del testo composto da ben 44
articoli. .</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ciò premesso, apprendiamo dal bel
volume di Elena Aga Rossi “Una Nazione allo sbando” pubblicato
dalla Società Editrice “il Mulino” di Bologna nel 2003, che una
prima bozza dell' Armistizio redatto dagli inglesi il 24-4 prevedeva
all'art.3 che “ alle forze armate italiane sarà concesso l'onore
delle armi”. Ma questa bozza venne modificata a seguito dei
“rilievi americani ed al lavoro dei Capi di Stato Maggiore
congiunti dei due paesi”, cosicchè nel testo definitivo
dell'Armistizio Lungo quanto previsto dagli inglesi per i molti atti
di valore dei combattenti italiani, scomparve e di onore delle armi
alle forze armate italiane non vi è più , in quel documento, alcuna
traccia.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Probabilmente perchè mentre le prime
trattative per la stipula dell'armistizio avvennero mentre le Forze
Armate Italiane, sia pur stremate e sull'orlo del tracollo,
esistevano ancora, il Gen. Eisenhower, al momento della stipula
dell'Armistizio Lungo si trovò invece di fronte un Capo del Governo
italiano ormai privo di forze armate che si erano - poco
gloriosamente, diciamolo - dissolte come neve al sole.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">In tema di riconoscimento da parte del
vincitore del valore del vinto, oltre all'intendimento iniziale, poi
revocato, come si è visto sopra, di concedere l'onore delle armi
all'esercito italiano, gli inglesi concessero ai loro avversari
italiani, dopo la resa, questo onore almeno in due casi - senza
poter escludere che ve siano altri -: nella guerra d'Abissinia ai
difensori dell'Amba Alagi comandati dal Duca d'Aosta, ed alla
bandiera italiana ed alla guarnigione dell'isola di Lampedusa.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Prigionieri</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Il trattamento dei prigionieri di
guerra alleati in mano italiana fu previsto sia nell'Armistizio Breve
che in quello Lungo. Entrambi infatti disponevano che TUTTI I
PRIGIONIERI ALLEATI – citando, con specifico riferimento ,
nell'art.32 dell'Armistizio Lungo, “i sudditi abissini confinati,
internati o in qualsiasi altro modo detenuti nel territorio italiano
od occupato dagli italiani” - dovevano essere immediatamente
consegnati ai rappresentanti delle Nazioni Unite: ed il particolare
riferimento ai prigionieri abissini manifesta uno speciale riguardo
degli Alleati per coloro che furono per primi vittime della violenza
coloniale fascista.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">In effetti alcuni resistenti abissini
patrioti, soprattutto nobili di rango, che durante l'occupazione
italiana avevano combattuto contro l'invasore, furono deportati in
varie località italiane (Longobucco, Mercogliano, Roma, Tivoli,
Firenze, Varazze, Torino e Palermo): fra questi Ras Immirù che
godette di un particolare trattamento perchè dotato di una spiccata
personalità che indusse gli italiani ad un certo riguardo.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Orbene, nel Promemoria segreto n.1 del
Comando supremo italiano, datato 6 settembre 1943, inviato ai tre
Capi di Stato Maggiore allorchè le trattative per la stipula
dell'Armistizio Breve erano in corso, emesso per “il caso che
forze germaniche prendano di iniziativa atti di ostilità armata
contro gli organi di governo e le forze armate italiane”, si danno
invece, in tema di prigionieri, disposizioni difformi.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Infatti, al paragrafo n.3 di tale
Promemoria si legge che “si potranno anche lasciare in libertà i
PRIGIONIERI BIANCHI, trattenendo IN OGNI MODO QUELLI DI COLORE”:
una distinzione, come si è visto sopra, non prevista dagli Alleati.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Un evidente razzismo esistente allora
negli alti gradi dell'esercito italiano, che tuttora, a distanza di
quasi un secolo, malauguratamente ancora sussiste nella testa di
molti italiani.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 11-X-2021 </p><p style="margin-bottom: 0cm;">Giovanni Zannini</p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-20962311453811986712022-02-19T01:26:00.001-08:002022-02-19T01:27:46.722-08:00LA “PARTECIPAZIONE” SFUMATA<p></p><p style="margin-bottom: 0cm;"></p><p style="margin-bottom: 0cm;">Lettera al Direttore della “Difesa
del Popolo” - Settimanale della Diocesi di Padova</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Nel suo pregevole articolo dell'8
agosto su questo giornale, dal titolo “Senza dignità non c'è
sviluppo”, Germano Bertin, Direttore Responsabile di “Ethosjob”,
scrive che l'imprenditore “nel creare profitto è in grado di
occuparsi e di preoccuparsi di distribuire equamente tra i lavoratori
la ricchezza prodotta".</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">In sostanza egli pare auspicare che in
Italia sia realizzata quella “Partecipazione” dei lavoratori agli
utili delle imprese, che costituisce un importante principio della
dottrina sociale della Chiesa: si pensi che nella sua “Rerum
Novarum” del 15 maggio 1891, il Papa Leone XIII scriveva che il
lavoratore ha il diritto di “partecipare in alcuna misura di quella
ricchezza che esso stesso produce...”.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ebbene, la Partecipazione – nel suo
doppio significato di collaborazione dei lavoratori sull'andamento aziendale e di
condivisione degli utili – era stata introdotta in Italia dalla
legge n.92 del 28.6.2012 pubblicata sula G.U. n.153 del 3.7.2012.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Essa infatti, all'art.4 – comma 62 –
delegava il Governo “ad adottare, entro 9 mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge … uno o più decreti
legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei
lavoratori nell'impresa..” e - al punto E – “la
partecipazione dei dipendenti agli utili o al capitale
dell'impresa...”.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Non vi è chi non veda la
straordinaria, epocale importanza di questa legge.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">E allora, in Italia vige la Democrazia
Economica, c'è la “Partecipazione”, e non ce ne siamo accorti?</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Purtroppo no: nella generale
indifferenza, mentre tutti si accapigliavano sulle pensioni, mentre
gli imprenditori guardavano la novità con sospetto, temendo di
perdere il controllo e la libertà di gestione delle loro imprese; e
le confederazioni sindacali, legate ad una vieta concezione
conflittuale del rapporto fra capitale e lavoro, la snobbavano, il
Governo non emise entro i prescritti 90 giorni i Decreti attuativi,
per cui, scaduti i termini, i provvedimenti previsti dal comma 62 dell'art.4 della legge n.92/2012,
fatalmente decaddero.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Lasciando delusi e sconfortati quanti
avevano sperato che l'art.46 della Costituzione italiana (“...La
Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei
modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle
aziende”) fosse, finalmente, divenuto realtà, con una legge che
andava addirittura al dilà del dettato costituzionale che non
prevede la partecipazione agli utili.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ma qualcosa di nuovo va maturando :
l'articolo dal titolo “Ora un vero patto sociale basato sulla
Partecipazione” comparso sul quotidiano “Avvenire” del 19
maggio 2020 a firma dell'allora Segretaria Generale della Cisl,
Annamaria Furlan, chiede che il governo si faccia “promotore di una
legge di sostegno per allargare la “governance” delle aziende ai
rappresentanti dei lavoratori” per “introdurre nel nostro Paese
la Democrazia Economica” onde “rendere più produttive le aziende
attraverso il coinvolgimento dei lavoratori” legando “il destino
delle aziende a quello dei lavoratori”.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Non parla, la Furlan, di Partecipazione
agli utili, ma solo di Partecipazione come coinvolgimento dei
lavoratori nell'azienda: ma la sua realizzazione sarebbe un
importante passo avanti anche verso quella meta.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">E se è vero, come scrive
l'articolista, che anche “la CGIL parla oggi di forme di
partecipazione dei lavoratori nelle aziende”, le speranze di
quelli che hanno sempre creduto e credono nella Partecipazione, si
rafforzano.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"> In attesa che gli industriali dicano
se la Partecipazione non è più da essi considerata, come nel
passato, un pericoloso attentato alla loro libertà.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 31/8/2021 </p><p style="margin-bottom: 0cm;">Giovanni Zannini</p><br /><p></p><p></p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-12107084990609066252020-09-17T07:58:00.000-07:002020-09-17T07:58:33.503-07:00FOGAR E IL SESSO<p> Quanto da sempre affermato dalla morale
cattolica a proposito della pubblicità esaltante una sessualità
deformata a servizio di bassi interessi economici, trova conferma in
una lontana intervista rilasciata a Lucio Petrone di “Nautica”,
e pubblicata su “La vecchia torre” di Galllipoli, da Ambrogio
Fogar, il famoso navigatore autore di memorabili viaggi in
solitaria.L'intervistatore gli chiese, fra
l'altro, se durante le sue memorabili imprese avesse avuto “problemi
di sesso”. Ecco la risposta:”Dopo pochi giorni, il desiderio
sessuale sparisce completamente. Senti moltissino la mancanza della
tua compagna, della tua donna come interlocutrice, però l'aspetto
concreto viene molto, molto stemperato. Io penso che ciò accada
perchè non si è sollecitati da stimoli esterni, dalla vista di
donne, come di cartelloni di film e pubblicità. Perciò torni
originale, non sei spinto a fare quello che la gente ti vuol far
fare. Se si fa mente locale, ci si rende conto che il mondo animale è
regolato in maniera ben precisa; ma sono solo gli uomini che hanno
sempre il sesso in testa.</p><p style="margin-bottom: 0cm;">Parole sagge, di un laico che non era
né un prete né un monaco, ma un uomo coraggioso e di buon senso.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 16-10-2020 Giovanni Zannini</p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-25607199978242906452020-09-17T01:15:00.003-07:002020-09-17T01:15:38.134-07:00Recentissime dell'altro ieri - ADUA E LE DONNE<p>Recentissime
dell'altroieri</p><p>ADUA E LE DONNE</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Un servizio sulla “Stampa” del 27
marzo 1897 svela un particolare interessante relativo alla battaglia
di Adua che l'1 marzo 1896 vide la sconfitta della armi italiane ad
opera dell'esercito dell'Imperatore d'Etiopia.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Vi si legge infatti che quando il
gen.Baratieri, comandante delle truppe italiane - con mossa
improvvisa, prima dell'arrivo del gen. Baldissera destinato a
sostituirlo, cosa da lui considerata offensiva - decise,
imprudentemente, di passare all'attacco , Menelik conosceva ogni
particolare sull'organizzazione e sulla consistenza dell'esercito
italiano. Come mai?</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Egli aveva da tempo ordinato a “buon
numero di donne abissine di recarsi nel territorio italiano e quivi,
per mezzo di relazioni intime coi soldati di re Umberto, esse
compirono perfettamente il servizio di spionaggio”. Cosicchè,
mentre Baratieri si mise in marcia dall'Eritrea verso il sud per
conquistare l'Abissinia, “ ignorando completamente la disposizione
degli eserciti abissini ed il valore dei suoi soldati”, Menelik, al
contrario, conosceva tutti i segreti dell'esercito italiano:
l'ammontare della truppa, il numero delle bocche da fuoco, il morale
delle truppe nemiche...Oltre a ciò i rumori di discordia fra i
diversi ras erano semplici tranelli...”.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Assai importante fu il contributo che
alla vittoria diede la moglie di Menelik, la principessa Taitù Batùl
che, nata da una nobile famiglia etiope, dopo 4 matrimoni falliti,
aveva sposato l'imperatore Menelik II assumendo in tal modo il
titolo di Imperatrice d'Etiopia. Come tale, dotata di un forte
carattere decisionale, aveva molto influito sulla politica del
marito manifestando un atteggiamento conservatore contrario ad ogni
apertura al modo di vivere occidentale.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Dotata di un carattere bellicoso niente
male, nella campagna contro gli italiani era sempre stata - come le
altre donne che, per consuetudine abissina, seguivano i capi
dell'esercito loro mariti in guerra - a fianco dell'Imperatore.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ed in occasione della battaglia di Adua
era rimasta in prima linea collaborando per il miglior esito delle
manovre, suggerendo le decisioni da prendere, spronando i soldati
impegnati nel combattimento, addirittura regolando il tiro di una
batteria di cannoni. Si dice che, in un momento in cui l'esito della
battaglia pareva incerto, avesse spronato i suoi soldati urlando”
Coraggio! Perchè avete paura? Che vi è preso? Oggi la vittoria è
nostra! Colpite senza pietà!”.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">E molti italiani affermarono che
principali protagoniste della sconfitta di Adua furono le donne:
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">quelle che sedussero i nostri soldati
carpendo loro preziose informazioni, e la loro Imperatrice.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Energica, volitiva, feroce: si fece
pagare con la bella cifra di quattro milioni di lire la liberazione
dei prigionieri, mentre agli ascari che si erano battuti a fianco
degli italiani fece mozzare la mano destra ed il piede sinistro, il
prezzo del loro tradimento.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ma anche donna - e, si dice, bella –
dotata di un cuore aperto al richiamo dell'amore: e fu proprio un
prigioniero italiano a suscitare la sua passione.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Come scrive Franco Pasanisi su
“Palermoparla online” diretto da Germano Scargiali, l'Imperatrice
che aveva restituito all'Italia, come si visto, i prigionieri
fatti in guerra, ne aveva però trattenuti un paio che facevano al
caso suo: Sebastiano Castagna che, chiamato “L'ingegnere bianco”,
divenne direttore generale nel Ministero etiope dei Lavori Pubblici;
e Salvatore Bertolani che, pur avendo competenze meno importanti
nell'ufficio postale di Addis Abeba, aveva però il pregio di essere
“un fusto con baffi all'Umberto, scuro di carnagione, sempre
elegante e forbito nella loquela” e, per di più, siciliano.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Pregi tutti che, favoriti dalla non
buona salute di Menelik costretto nelle sue stanze, accesero la
passione dell'Imperatrice che, accantonata per l'occasione la sua
fobia per l'occidente, si protrasse per parecchi mesi e si concluse
con il rietro in patria del Bertolani.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Una piccola rivincita del fascino dei
maschi italiani sulla violenza delle armi abissine.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 20-4-2020.
Giovanni
Zannini
</p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-28811129521576785672020-09-15T08:41:00.003-07:002020-09-15T08:41:44.337-07:00CENTRO SINISTRA, RIUNISCITI!<p>La Sinistra, ieri, ed il
Centro-sinistra oggi, sono afflitti da un “divisionismo” che, se
in campo artistico ha visto il successo di pittori quali Segantini,
Pellizza da Volpedo, Previati, Morbelli ed altri, nel campo politico
italiano – e non solo - ha invece prodotto pessimi risultati.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Un continuo scontro fra persone che pur
militando in uno stesso partito hanno diversi punti di vista e che,
invece di dibatterli al suo interno e rispettare le decisioni dalla
maggioranza democraticamente espresse, preferiscono uscirne per
fondare con altri pochi, partitini, movimenti, centri, associazioni
da quattro soldi delle quali sono “leaders” ridicoli, e far
nascere giornaletti che solo loro leggono.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Una confusa
situazione politica italiana che impedisce di affrontare a fondo
(nonostante i tentativi ammirevoli di pochi uomini intelligenti e di
buona volontà che pur esistono), problemi fondamentali quali
l'abbattimento del debito pubblico e la redistribuzione della
ricchezza, e provoca negli elettori scetticismo e disaffezione -
quando non ostilità - alla politica in generale ed al
Centro-Sinistra in particolare.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Come porre rimedio a tale situazione?
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Il Congresso auspicato da Zingaretti
dovrebbe dunque convincere coloro che sono usciti dal Centro-Sinistra a rientrare
nei ranghi, aprendo le porte ad una “riunificazione” che è
l'esatto contrario di quanto malauguratamente verificatosi troppo spesso
nel passato.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Altolà dunque a quel “divisionismo”
che ha provocato l'indebolimento del Centro Sinistra, e con esso, del Partito Democratico che ne è l'asse portante, e largo ad
uomini “liberi e forti” - ed onesti - che si stringano nuovamente la
mano, si abbraccino pubblicamente e, dopo aver discusso in un'assemblea feconda di idee, diano vita ad un programma che accolga le idee migliori di una sinistra decisa ad operare per il bene del paese in un momento critico della sua storia. </p><p style="margin-bottom: 0cm;">Rinunciando a polemiche troppo
accese; rinnegando le reciproche intemperanze del passato (e pure
qualche offesa di troppo) ; pervenendo con spirito di servizio a
sagge mediazioni che consentano di vestire i panni dell'altro senza
spogliarsi dei propri, dimostrando che non la voglia di potere o
l'interesse economico ma un autentico e sano amor di patria guida il
loro operare in politica.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">La prova di maturità fornita dai
migliori uomini del centro-sinistra – specie se di estrazione
cristiano-sociale – che anziché dilaniarsi come nel passato,
addivengano alla riunificazione in un partito solido, con idee chiare
e condivise, sarebbe un'autentica “bomba” capace di
impressionare positivamente gli italiani che apprezzano i gesti
belli e generosi, e quindi ammirerebbero questa esemplare prova di coraggio umiltà e saggezza che costituirebbe quel caso “clamoroso ed
eclatante” in grado di dare una salutare scossa alla politica
italiana, e consentirebbe al Centro Sinistra di governare per il vero
bene dell'Italia.
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
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<p style="margin-bottom: 0cm;">Padova 14.9.2020 Giovanni Zannini</p>
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</p>Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-18382899320475800342019-10-19T15:12:00.001-07:002019-10-19T15:12:58.059-07:00Una storica seduta parlamentare - L'EPICO SCONTRO FRA GARIBALDI E CAVOUR<br />
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Se
taluno si volesse dilettare a stilare una classifica per stabilire
quale sia stato il dibattito più importante per contenuto e
drammaticità nella storia parlamentare italiana, quello avvenuto il
28 aprile 1861 meriterebbe, se non il più alto, certamente uno dei
gradini più alti.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Si
tratta dello scontro fra Garibaldi e Cavour innescato dalla sorte di
quell’”esercito meridionale” composto tutto da volontari che il
Generale si era costruito per liberare l’Italia del Sud dai
Borboni e che voleva fossero inseriti nell’esercito regolare al che
i suoi capi si opponevano, timorosi che quei militari improvvisati
ne inquinassero la disciplina e la professionalità.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Grandi
le differenze fra i due principali artefici del Risorgimento
italiano.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Garibaldi
gran combattente, coraggioso, impulsivo, lineare determinato a
raggiungere ad ogni costo gli obbiettivi prefissati senza troppo
preoccuparsi delle conseguenze che ne potessero derivare senza
ricorrere ad artifizi e raggiri, imbattibile sui campi di battaglia,
un po’ pasticcione nelle aule parlamentari, un “guerriero
impolitico” come taluno lo definisce.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cavour gran patriota, che si batte anch’egli per l’unità
d’Italia non con la spada ma con la politica di cui è maestro:
manovriero, cauto, prudente, sottile, medita ogni sua mossa
valutandone e prevedendone i rischi, disposto ad usare - come
scrive Maurizio Palèologue nel suo “Cavour” - la violenza, la
frode, la perfidia, la ciarlataneria, la subornazione, l’impostura,
convinto che, come Machiavelli dice, “ Uno spirito saggio non
condannerà mai un uomo per gli atti d’eccezione cui ha dovuto far
ricorso nell’interesse supremo della patria”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
L’uno
che morirà a 75 anni dopo una vita di violenze fisiche, di lotte,
di combattimenti, di fatiche inenarrabili; l’altro che finirà
cinquantenne il 6 giugno 1861 stroncato dalle ansie, dalle
preoccupazioni, dalle paure – oggi diremmo dallo “stress” –
che gli procurano i suoi armeggi e le sue manovre arrischiate, forse
anche per le conseguenze di quel famoso scontro. E’ egli stesso,
infatti, a confidare in maggio ad un amico di non sentirsi affatto
bene e che “dopo quella terribile disputa con Garibaldi non riesco
più a rimettermi”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ed
eccoli, uno contro l’altro, in Parlamento.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Rievoca
l’avvenimento sulla “Illustrazione Italiana” del 27-5-1877,
con un tono piuttosto ampolloso, classicamente ottocentesco, quel tal
“Doctor Veritas” sotto il cui pseudonimo si celava Leone Fortis –
vedasi su questo stesso “blog” il post “Leone Fortis, il
Dr.Veritas padovano” - brillante giornalista che nella rubrica
tenuta per molti anni sulla rivista dell’Editore Treves si
occupava di cultura, di politica e di attualità, anche mondana.
Con questa sua “Conversazione” (così intitolava i suoi articoli)
egli trasmette realisticamente al lettore la drammaticità
dell’evento definito “un cozzo tremendo, un urto” che faceva
temere “un grande sfasciamento, la rovina irreparabile di tutto
ciò che si era amato, sognato, voluto in mezzo secolo di affetti
terribili, di sogni grandiosi, di volontà sublimi e consacrate nel
sangue”.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Insomma,
il percorso dell’unità d’Italia era in pericolo.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Garibaldi,
eletto a Napoli nelle elezioni del gennaio 1861 pur non avendo posto
la sua candidatura, va in Parlamento a perorare la causa dei
volontari del suo “esercito meridionale” la cui sorte, conclusa
l’avventura dei Mille, è incerta.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ed ha
inizio la disfida.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Il
Nizzardo, dal più alto banco della sinistra, “…colla camicia
rossa, il mantello grigio – il famoso “poncho” sudamericano -
un po’ teatrale, solenne, imponente” prende la parola. Il suo
discorso non è particolarmente interessante, anzi, noioso, tratta
“di scarpe, di galloni, di uniformi” e qualcuno dei suoi
avversari sogghigna di fronte a quell’intervento così poco
brillante benché supportato da un suo fido, tal Zupetta, che
“agitava febbrilmente nelle mani alcuni foglietti rettangolari di
carta e che li passava a lui ad uno ad uno”. Ma ad un certo
momento Garibaldi ha un sussulto, la voce prima monotona “si era
fatta tonante” allorchè, ignorando il suggeritore, affronta, a
braccio, l’argomento che da tempo covava in petto e che
improvvisamente esplode: il rancore per la cessione di Nizza – sua
città natale – e della Savoia alla Francia, il premio barattato
da Cavour quale compenso per l’aiuto prestato dall’Imperatore
Napoleone III nella guerra del 1859 che fruttò al Piemonte
l’annessione della Lombardia.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Con il
dito proteso verso il banco ministeriale ove sedeva Cavour,
““pronunciò poche parole ma che avevano il lugubre fragore di
una mina:”Voi volete la guerra fratricida”” ed affermò che mai
stringerà la mano dell’infame rigattiere che ha fatto un ignobile
traffico della sua città natale.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cavour
(quasi presago della tempesta), lo aveva ascoltato, nervoso e,
irrequieto: “giocherellava con il tagliacarte d’avorio, apriva e
chiudeva un libro che aveva davanti, si agitava sulla sua poltrona
come se fosse ovattata di spine, “tamburinava” (sic) febbrilmente
con le dita della mano sinistra sul tavolo, di tanto in tanto si
passava la destra sulla fronte tergendone col bianco fazzoletto il
sudore”.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Sentite
quelle parole, “a Cavour tutto il sangue rifluì alla testa, il suo
volto si fece di bragia, gli occhi fiammeggiavano…Nell’emiciclo
erano scesi molti deputati apostrofandosi con parole irritate. Due
gruppi si formarono subito, l’uno attorno a Cavour, l’altro sui
banchi di sinistra accanto a Garibaldi”. Dopo una diecina di minuti
la bagarre si placa e Garibaldi, fuori di sé, grida, di nuovo: ”Si,
la guerra fratricida”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
“Fu
il finimondo…Cavour s’era fatto terribile anche lui…battè col
pugno sul banco ministeriale facendo sussultare le carte, i libri del
tavolo e gli animi dell’Assemblea”. Cairoli si slanciò al posto
di Garibaldi, Bixio “livido e due grosse lagrime gli irrigavano le
guance abbronzite (sic) si precipitò giù dagli alti scranni della
sinistra e afferrò nelle sue mani le due mani di Cavour
parlandogli rapido, concitato, affannoso…”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
E qui
stupisce, favorevolmente, il comportamento di quel Nino Bixio,
violento, sanguigno e spietato combattente in guerra che, eletto in
Parlamento, si prodiga come conciliatore cercando di attenuare le
dure parole del suo generale.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Infatti,
tutti, si erano accorti, con sgomento, che “il guanto della guerra
civile era stato gettato in mezzo all’emiciclo. Guai fosse stato
raccolto! Cavour si slanciò per afferrarlo. Fu un lampo e si
arretrò. Chi teneva lo sguardo su di lui potè notare il trabalzo
dell’impeto primo e la forza e lo sforzo della riflessione
poderosa, sublime, che lo frenò”. Si lascia condurre fuori
dall’aula da alcuni amici, fra cui lo stesso Bixio, e poco dopo
rientra “trasfigurato: il volto, prima rovente, s’era fatto
pallido, la ruga della fronte era più profonda”. Prende la parola
con voce ferma e accento vibrato:” Io comprendo e rispetto il
dolore che rende sì amare le parole del generale Garibaldi. Egli non
sa perdonarmi di aver segnato il trattato che dà la sua città
nativa al nostro alleato di Magenta e di Solferino. Dal dolore che io
provai, misuro il suo. Se io fossi in lui, sentirei come lui. Al mio
posto, ho la coscienza di aver compiuto un grande e tremendo dovere”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Dopo
di che Garibaldi replica brevemente come chi ha fretta di finirla con
una situazione penosa e si allontana scortato dai suoi fidi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
A
questo punto il cronista non esita ad esprimere il suo giudizio sul
comportamento dei due contendenti concludendo che “Cavour fu in
quel giorno assai più grande di Garibaldi. L’onore della giornata
fu suo, giornata campale contro sè stesso sostenuta e vinta in
nome dell’Italia e per l’Italia”.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Pochi
giorni dopo la drammatica seduta secondando un augusto desiderio vi
fu, in una sala del palazzo reale, un abboccamento - che Cavour
descrive in una sua lettera “cortese senza essere affettuoso” -
fra i due autori del drammatico scontro. Egli espone la condotta che
il governo avrebbe tenuto nei riguardi dell’ Austria e della
Francia. Garibaldi dichiara di accettare quel programma impegnandosi
a non contrariare il procedere del governo, e chiede “che si
facesse qualche cosa per l’esercito meridionale” al che l’altro
non fa alcuna promessa ma dichiara che “ mi sarei occupato per
cercare un mezzo per assicurare più completamente la sorte dei suoi
uffiziali”. Alla fine, scrive sempre Cavour, “noi ci siamo
separati se non amici, almeno senza nessuna irritazione”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ed il
Dr.Veritas così conclude la sua “Conversazione”
sull’Illustrazione Italiana: ”Certo, in quel giorno Garibaldi si
sentì più sconfitto che non lo si sentisse poi ad Aspromonte ed a
Mentana ma, come ad Aspromonte e poi a Mentana non si sentì
umiliato dalla sconfitta perché chi vinceva era sempre la patria”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Padova
1-10-2019 Giovanni Zannini</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-72954989693558762242019-10-09T09:15:00.001-07:002019-10-09T09:15:31.274-07:00SULLA PROSTITUZIONE: LA FRANCIA INSEGNA?<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Può sorprendere che la Francia,
considerata piuttosto libertina, abbia recentemente adottato, in
materia di prostituzione una legge che è attualmente la più
avanzata in Europa (e, forse, nel mondo) sotto il profilo giuridico e
sociale, nella difesa dei diritti delle persone prostituite.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Infatti, già il 13-4-2016 l'Assemblea
Nazionale Francese ha approvato la legge n.2016-444 che sancendo “il
divieto di acquisto di atti sessuali e la punibilità del cliente che
li ottiene in cambio di denaro” ha avuto l'effetto di una vera e
propria rivoluzione rispetto alla legislazione fino ad allora in
vigore in Francia e che venne duramente contestata da quanti traggono
vantaggio dal turpe sistema della prostituzione, che fecero il
possibile per bloccarla.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Con essa, infatti, viene abolito il
reato di adescamento che puniva la prostituta e, al contrario,
sancendo il divieto di acquisto dell'atto sessuale, istituisce un
reato punito con una multa – da 1500 euro ad un massimo di 3750 in
caso di reiterazione – per chi desidera comperare l'atto sessuale
ricorrendo alla prostituzione altrui.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In sostanza, non viene punita la
prostituta che offre la disponibilità del proprio corpo, sibbene
chi, in cambio di denaro, le richiede tale disponibilità.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La legge n.2016-444 era stato il frutto
di un acceso dibattito fra quanti, in nome di un esasperato concetto
di libertà sostenevano fosse legittimo per la prostituta offrire il
proprio corpo, e per il richiedente acquistarlo, e chi invece
sosteneva che nessuno ha il diritto di sfruttate la precarietà e la
vulnerabilità di un'altra persona attraverso la richiesta – che è
in sé atto di violenza ed ostacolo alla parità fra uomo e donna –
di un atto sessuale in cambio di denaro.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Oltre a queste argomentazioni aveva
influito sull'approvazione della legge in questione anche il
cosiddetto”Modello nordico” adottato con buoni risultati da
nazioni come Svezia, Norvegia, Islanda
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
ed Irlanda del nord – ma anche in
Canada - secondo le quali i clienti delle prostitute sono
penalizzati nella convinzione che per combattere la prostituzione
occorre punire chi intende fruirne in cambio di denaro mentre invece
paesi come la Germania e l'Olanda che hanno sostenuto il principio
del “Sex work”, ossia la legalizzazione del mercato del sesso,
ha fatto aumentare drammaticamente il mercato dello sfruttamento
sessuale.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Finalmente, il Consiglio Costituzionale
francese – la nostra Consulta – ha l'1 febbraio scorso
definitivamente sancito la costituzionalità della legge 2016-444
che prevede, fra l'altro, un Fondo per la prevenzione della
prostituzione e la fornitura di un supporto per recuperare le sue
vittime, nonché una politica d'informazione nazionale diretta in
particolare agli istituti scolastici che illustri la realtà della
prostituzione ed i pericoli della commercializzazione dei corpi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Saggiamente, l'art.22 , l'ultimo, della
legge prevede che a due anni dall'entrata in vigore il governo
francese presenti al Parlamento un rapporto di valutazione dei suoi
risultati: sarà questa l'occasione per stilare un primo bilancio
sulla sua efficacia e, in caso positivo, consentire ad altri paesi,
fra i quali l'Italia, di inserire i suoi principi nella propria
legislazione.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 3-9-2019
Giovanni
Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-61827980667152541812019-09-26T12:51:00.002-07:002019-09-26T12:51:49.571-07:00UN SUGGERIMENTO A ISRAELIANI E PALESTINESIUn mio conoscente palestinese ha prospettato la seguente ipotesi per dare una soluzione alla fin qui irrisolta drammatica crisi fra israeliani e palestinesi:<br />
<br />
"Premesso che l'occupazione della Palestina da parte degli israeliani rende legittima la lotta di liberazione dei palestinesi contro gli invasori, così come lo è stata, ad esempio, quella italiana contro l'invasore tedesco.<br />
1) La lotta della Palestina contro l'invasore è dunque legittima, ma provoca morte e distruzioni ad entrambe le parti in conflitto.<br />
2) Per ristabilire una situazione di legalità internazionale si potrebbe allora ricorrere al principio del "risarcimento": si mantenga la "statu quo" ma Israele risarcisca adeguatamente la Palestina per averle sottratto parte del suo territorio e per i danni causati dall'occupazione .<br />
3) Ottenuto tale risarcimento dovrebbe avvenire la pacificazione: la Palestina riconosca l'esistenza di Israele e rinunci alla sua politica di odio di vendetta contro di lei.<br />
4) Tale soluzione sarebbe utile ad entrambe la parti in causa: infatti, avvenuta la pacificazione, gli israeliani vivrebbero in pace e senza l'incubo di aggressioni e di attentati, ed i palestinesi potrebbero iniziare a vivere una vita degna di essere vissuta. Infatti, grazie al beneficio economico derivante dal "risarcimento", i palestinesi potrebbero dedicarsi ad opere di pace addirittura avvalendosi dell'esperienza degli israeliani che, grazie al loro spirito ed alla loro laboriosità (sia pure supportata dai miliardi degli ebrei americani), hanno saputo creare uno stato moderno nel quale il deserto è stato reso abitabile e spesso trasformato in fertili coltivazioni. "<br />
<br />
Da parte mia osservo che tale soluzione avrebbe un precedente interessante. Infatti la interminabile crisi fra Italia e Santa Sede a seguito della "Presa di Roma" del 20 settembre 1870 fu risolta dal Concordato dell' 11 febbraio 1929 mediante il quale la Santa Sede ottenne un<br />
"risarcimento" di 2 miliardi e 7oo milioni di lire per la perdita del suo territorio e per i danni conseguiti a seguito dell'invasione dello stato Italiano.<br />
<br />
Padova 26-9-219 Giovanni ZanniniGiovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-31983929900657139982019-09-26T08:09:00.004-07:002019-09-26T08:09:51.191-07:00ROSA LA MERETRICE SANTA<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In tempo di guerra poteva capitare che
si presentassero nelle case di tolleranza soldati che, avendo
riportato in combattimento ferite particolarmente gravi, avevano,
dopo la guarigione, un aspetto che provocava orrore e repulsione.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A causa di ciò vi fu spesso la
reazione di prostitute impressionate dalla visione di corpi devastati
e orripilanti: non che ce l'avessero con quei poveretti, ma la vista
di tremende lesioni – moncherini di braccia o di gambe amputate,
arti privi di mani o di piedi, la cecità, volti sfregiati ridotti a
tragiche maschere, orecchie mozze, corpi ricoperti di ferite, nasi
rifatti alla meglio - impediva loro di assolvere le funzioni cui
erano adibite.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In una di quelle “case” si presentò
un giorno, condotto da un compagno, un giovane divenuto cieco a
seguito dello scoppio di una granata che aveva ridotto il suo volto,
nonostante lo sforzo dei medici, un' orribile maschera inutilmente
celata da un grosso paio di occhiali neri.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La cosa provocò confusione perchè
nessuna delle ragazze, paralizzate da quella sconvolgente vista,
aveva il coraggio di accudire quel poveretto, seduto in paziente
attesa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alla fine la tenutaria, assai
preoccupata che si diffondesse la voce che nella sua “casa”
c'era poco patriottismo, con possibile revoca della licenza, ebbe un
lampo:”Chiamate la Rosa! Quella – pensò - dopo averne viste e
fatte tante, ce la fa”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
C'era, fra le sue “dipendenti”, la
Rosa, una donna sulla sessantina – e anche oltre - che, giunta a
fine carriera, dava una mano all'andamento della comunità, per la
pulizia e, all'occorrenza, anche in cucina.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La vita le era stata crudele: il
marito se l'era svignata lasciandola con tre figli che, appena
cresciuti, se n' erano andati per i fatti loro senza occuparsi in
alcun modo di lei. Malmenata da conviventi occasionali nei quali
tentava di trovare un rifugio, tacciata di ladra per aver rubato per
fame una pagnotta, aveva dovuto, per sopravvivere, adattarsi ai
lavori più umili e pesanti fino a che stanca, sfinita, abbandonata
da tutti, ritenne che, in fondo, a fare quel “mestiere”, il
vitto , l'alloggio e quattro soldi erano assicurati.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Messa al corrente della grave
situazione, la donna si disse disponibile (e la capa trasse un
sospiro di sollievo) a risolvere, per il buon nome della “casa”
alla quale oramai si era affezionata, il problema; anche perchè,
alla fine, quel richiamo in servizio, sia pure per un caso tanto
particolare, costituiva per lei il riconoscimento che ancora qualcosa
sussisteva della sua femminilità.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Riassestatasi alla meglio i capelli
(chi sa perchè, pensarono le altre, tanto quello non la vede), e
indossato un vecchio vestito lungo (che le stava ahimè, troppo
stretto) ricordo della passata carriera, con una profonda scollatura
che evidenziava, nonostante l'età, un seno ancora in grado di
suscitare qualche emozione, vinta la repulsione che l'orrenda
visione provocò anche in lei, andò incontro al ragazzo salutandolo
con un festoso “Ciao, sono la Rosa”. Lo abbracciò stretto
accarezzando quel capo martoriato, poi. staccatolo a fatica da sé,
perchè il giovane sembrava non voler perdere neppure un attimo del
piacere di quell'abbraccio, la Rosa lo prese per mano e salirono la
scala che portava al luogo del piacere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il giovane tornò altre volte sempre
richiedendo di lei fino a che, trasferito ad un altro ospedale per un
ennesimo tentativo di migliorare, per quanto possibile, il suo
aspetto, venne il momento dell'addio: un lungo interminabile
abbraccio mentre le lacrime bagnavano l'anziano volto della donna e
quello devastato del giovane.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Solo loro sapevano che, spinto da un
desiderio di piacere sopravvissuto allo strazio del suo corpo, il
giovane aveva trovato in quella “casa” non colei che avrebbe
dovuto soddisfarlo, ma l'unica donna che, dominando il pur
legittimo orrore , ne era divenuta, l'amica, la confidente, la
consolatrice.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'unica che, seduta accanto a lui su
quel divanello destinato ad ospitare ben diverse emozioni, tenendolo
stretto fra le braccia, accarezzandone il capo devastato e stringendo
la sua mano, ascoltava i suoi tormenti, il ricordo terribile della
guerra, i dolori insopportabili del suo ferimento, il dramma della
morte civile provocata dal suo aspetto orripilante che gli impediva
di godere la giovinezza, gli negava l'amore della donna, e lo
condannava ad una vita disperata, un inferno di sacrifici e di
rinunce denso di preoccupazioni e di nere previsioni.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'unica che sapesse rasserenarlo,
confortandolo con parole che lasciavano intravvedere un avvenire meno
fosco e qualche bagliore che la vita avrebbe ancora potuto offrirgli.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E vi furono altri giovani, che
orribilmente storpiati nel corpo e devastati nello spirito, varcata
la soglia di quella “casa” in cerca del piacere dei sensi vi
trovarono la pietà, l'umanità e il cuore della Rosa, la Meretrice
Santa.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 21-5-2019
Giovanni Zannini</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-80374784018914202122019-03-13T09:18:00.003-07:002019-05-01T07:38:07.822-07:00I ROMANI ED IL RISORGIMENTOLa fama dei cittadini romani tendenti
al mantenimento dello “status quo” e non portati a reagire
contro coloro che li governano anche se malamente (tanto son tutti
eguali – dicono – è inutile, non cambia mai nulla) trova
conferma nella scarsa collaborazione da essi prestata alle vicende
risorgimentali che portarono all'unità d'Italia.<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tra gli altri, a conferma di questa
tendenziale “apatia” del loro carattere, esistono due episodi
che, oltretutto, manifestano singolari analogie.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il primo riguarda il tentativo di
Garibaldi che nel 1867 capeggiò una spedizione di volontari con
l'intento di liberare Roma sostituendosi all'inerzia del re Vittorio
Emanuele II che, temendo di entrare in collisione con la Francia -
con la quale si era impegnata, con la Convenzione del 15 Settembre
1964 a difendere lo Stato Pontificio da ogni aggressione - non
osava farlo.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tentativo all'inizio segretamente
appoggiato dal governo che avrebbe certamente gradito
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
se l'impresa fosse andata a buon fine,
ma che poi, di fronte all'accorrere dei francesi in difesa del
Papato, per motivi di politica estera non esitò a condannarla.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ciononostante Garibaldi insistette nel
suo tentativo che fu stroncato il 3 novembre 1867 dalla sconfitta
subita nella drammatica battaglia di Mentana.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fra i tanti commenti dedicati a questa
impresa spicca la testimonianza del garibaldino Adamo Ferraris
(fratello del più noto Galileo, famoso scienziato, e poi medico
personale di Garibaldi nella spedizione in Francia del 1870/1871) che
partecipò all'impresa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Dunque, Garibaldi è giunto nei pressi
di Roma e, scrive il Ferraris nella sua lettera 1 novembre 1867 al
padre, “il Generale ci fece bivaccare tre giorni a due miglia da
Roma, nella notte fece accendere dei gran fuochi. Ci fece percorrere
due volte tutto il lato nord est della città stessa con tutto
l'intero corpo dei volontari di Menotti (figlio di Garibaldi - ndr)
forte di circa 8000
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
uomini, e tutto ciò con l'evidente
scopo di invitare i romani ad insorgere, ovvero anche i papalini a
venire a battaglia, ma tutto inutilmente. I DEGENERI ROMANI NON
FECERO UN MOTO (il maiuscolo è di chi scrive) ed i papalini, dopo
una ricognizione offensiva in cui spararono 25 cannonate, si
ritirarono nella città facendo saltare dietro di loro i ponti...”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Per la verità, vi furono romani che,
in occasione di quella che fu chiamata la “Campagna dell'Agro
Romano”, collaborarono con i liberatori, ma furono due soli con
altri pochi compagni: Gaetano Tognetti e Giuseppe Monti, muratori,
che, avuta notizia dell'avanzare di Garibaldi alla volta della
capitale, il 22 ottobre 1867 fecero saltare in aria con una mina
parte della Caserma Serristori in Roma causando la morte di alcuni
zuavi pontifici, e che, processati e condannati a morte, furono
decapitati.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nè miglior sorte ebbe il generoso
tentativo dei fratelli Cairoli Enrico e Giovanni e dei loro eroici 68
compagni .</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Rotti gli indugi degli altri comandanti
garibaldini costituitisi a Terni in Comitato d'insurrezione per la
liberazione di Roma, che attendevano, prima di muoversi, l'arrivo di
Garibaldi - rocambolescamente evaso da Caprera ove il governo
italiano l'aveva confinato per evitare che combinasse guai - il
gruppo di ardimentosi si mise in marcia
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Partiti da Terni la notte del 22
ottobre, l'indomani attraversarono il confine dello stato pontificio
e quindi, disceso il Tevere con alcune imbarcazioni, sbarcarono alle
porte di Roma nei pressi del Ponte Molle occupando poi sul Monte
Parioli la vigna e la villa di proprietà dell'ing. Vincenzo Glori
ove attesero il verificarsi dell'annunciata insurrezione dei
cittadini romani che invece mancò.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Dopo questa vana attesa, mentre
meditavano sul da farsi, furono intercettati e attaccati da gran
numero di zuavi, pur dopo un feroce impari combattimento in cui
rifulse il valore dei giovani garibaldini e che vide la morte del
loro comandante Enrico Cairoli – e, l'anno dopo, del fratello
Giovanni (“Giovannino”) a seguito delle gravi ferite riportate -
essi furono costretti alla resa e fatti prigionieri.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il secondo episodio accaduto qualche
anno dopo confermò l'apatia dei romani per le vicende
risorgimentali italiane.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Approfittando dell'esito della guerra
franco-prussiana risoltasi con il dissolvimento dell'impero francese
dopo la sconfitta subita a Sedan l'1 settembre 1870, il governo
italiano - sciolto dagli impegni assunti con la Francia con la
Convenzione di Settembre 1864 che lo obbligava
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
a difendere l'indipendenza del Papato -
colse al volo la fortunata combinazione offertagli dalla sconfitta
francese e affrontò immediatamente e senza preoccupazioni il
problema della liberazione di Roma per farne la capitale del Regno.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E solo 10 giorni dopo Sedan, l'11
settembre, il generale Cadorna, alla testa di 5 divisioni invade il
territorio pontificio e, giunto alle porte di Roma, ancora un volta
si arresta in attesa di una insurrezione popolare che offra il
pretesto di entrare pacificamente nella città per ristabilire
l'ordine pubblico.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma, ancora una volta, come scrive lo
storico inglese Denis Mack Smith, “...l'indifferenza o,
addirittura, l'ostilità della cittadinanza romana, e la fede e
l'interesse che la spingevano a restare fedele a Pio IX...” impedì
che ciò accadesse.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fu allora necessario ricorrere
alla forza dei cannoni che il 20 settembre 1870 aprirono la breccia
di Porta Pia attraverso la quale i bersaglieri italiani dilagarono
in Roma.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E il fatto che la città fu conquistata
dopo soli venti giorni dalla provvidenziale sconfitta di Napoleone a
Sedan, fa dire a molti storici (e fra questi il Mack Smith) che ciò
“avvenne in maniera del tutto casuale come effetto secondario della
vittoria prussiana”, in tal modo ridimensionando la gloria italiana
della battaglia di Porta Pia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 21-2-2019
Giovanni Zannini</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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</div>
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<br /></div>
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</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-66388288159657551172019-02-07T02:03:00.003-08:002019-03-10T11:38:33.989-07:00LE "CONCERTAZIONI" FRA VITTORIO EMANUELE II E MAZZINI<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Francesco Bertolini (1836-1909)
storico, professore di storia all'Università di Bologna, nel suo
imponente volume (ben 827 pagine) “Risorgimento Italiano” (Ed.
F.lli Treves – Milano - 1899) che copre il periodo che va
dall'inizio delle “Restaurazioni” (1815) fino alla liberazione di
Roma (1870), scrive di un tentativo di accordo avvenuto nel 1864 fra
Vittorio Emanuele II e Mazzini per la liberazione di Venezia e del
Veneto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Notizia innegabilmente sorprendente e
poco nota, che l'autore trae dal libro “Politica segreta italiana”
con il quale nel 1880 l'editore Roux di Torino rese noti documenti
dai quali emergeva che “il Re d'Italia non isdegnasse valersi della
popolarità e dell'influenza di Giuseppe Mazzini per ottenere la
liberazione della Venezia; e il Mazzini, pur di addivenire al
realizzamento del suo pensiero sommo, la unificazione della patria
italiana, non isdegnasse, dal canto suo di accettare la cooperazione
di un Re”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le trattative, secondo il Roux non
avvennero direttamente fra il re e Mazzini, avvenimento clamoroso che
sarebbe stato difficile tenere segreto, ma per interposta persona:
“un ingegnere Muller, agente mazziniano, e un avvocato G.Pastore,
persona di fiducia del Re”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Esse miravano a concertare un moto
insurrezionale provocato da Mazzini nel Veneto che avrebbe
giustificato un intervento del Regno d'Italia in soccorso degli
insorti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ed a conferma della notizia, il Roux
pubblica una nota autografa 3 marzo 1864 del re al Muller, che
fa riferimento alle trattative in corso allorchè afferma che
“...sono disposto a concertare come si chiede, ma assumendo io e
il mio Governo, quando si avrà ombra di possibilità,</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
il glorioso mandato dell'opera finale
della patria nostra.... ma guai a tutti noi se non sappiamo ben farlo
abbandonandoci ad impetuose, intempestive frenesie....”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ossia d'accordo a “concertare” con
Mazzini, ma deciderò io, e alla larga da sue eventuali mattane.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ed alla teoria del tentato complotto
Vittorio Emanuele/Mazzini per la liberazione del Veneto, Francesco
Bertolini aggiunge un'ulteriore prova.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Egli riferisce infatti che Enrico
Tavallini, biografo di Giovanni Lanza, afferma che dalle sue poche
carte emerge che “Vittorio Emanuele si compiacesse di fare il
cospiratore” e che, “caduto il Ministero Minghetti e succedutogli
quello La Marmora, Lanza trovò già avviata una corrispondenza
con alcuni emigrati stranieri da cui risultava di intimi accordi e di
sussidi dati per l'organizzazione di parecchi comitati
(evidentemente di ispirazione Mazziniana – n.d.r.) che si andavano
provvedendo d'armi e preparavano una insurrezione la quale ad un
ordine del governo italiano doveva scoppiare in alcuni stati e nel
Veneto. Lanza continuò quell'opera e la favorì di consigli e di
danaro contenendola nei limiti di ordinata preparazione.... Ma dopo
il ritiro del Lanza pare che i successori di lui (Natoli e Chiaves)
non abbiano più coltivato alacremente quel disegno; e La Marmora,
com'ebbe stretto alleanza con la Prussia, disdegnò tutti gli altri
elementi di forza (moti di popolo e insurrezioni mazziniane –
n.d.r.) che non fossero quelli dell'esercito”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quanto alle “concertazioni” tra
Vittorio Emanuele e Mazzini - conclude Francesco Bertolini - , dopo
essere state condotte per oltre un anno, senza alcun risultato,
furono bruscamente spezzate per il fatto della “Convenzione di
settembre”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Evidentemente Mazzini, sdegnato, non
volle avere più nulla a che fare con Vittorio Emanuele reo di aver
sottoscritto il 15 settembre 1864 con Napoleone III una Convenzione
con la quale da una parte la Francia s'impegnava a ritirare le sue
truppe a protezione dello Stato Pontificio, ma dall'altra l'Italia si assumeva la responsabilità di difenderlo da ogni attacco da qualsivoglia parte provenisse e prometteva di trasferire la propria capitale da Torino a Firenze, con
ciò dimostrando il proprio disinteresse a fare di Roma la capitale d'Italia, il sogno che Mazzini aveva coltivato per tutta la vita.<br />
<br />
Padova 10-3-2019 Giovanni Zannini </div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-129155010565758712018-12-16T02:21:00.000-08:002018-12-26T01:45:36.935-08:00UNA MOSTRA DI PITTURA CONTEMPORANEA AL FEMMINILENel bel palazzo Folchi ora “Hotel
Grand'Italia – Residenza d'epoca”, sito a Padova al n.81 di Corso
del Popolo, di fronte alla stazione ferroviaria, continua fino al
prossimo 15 gennaio la Mostra “Contemporanee, Femminile Plurale”
organizzata dall'artista Mary Bordin curatrice delle mostre
bimestrali del “Grand'Italia” al quale va attribuito il merito di
dare un valido contributo alla vita artistico-culturale della
nostra città.<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'esposizione è anche una felice
occasione per i visitatori di apprezzare il valore artistico della
sede in cui ha luogo questa manifestazione.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il palazzo, fatto costruire nel 1909
dal Cav.Guglielmo Folchi su progetto del noto architetto Primo
Tertulliano Miozzo, costituisce un interessante esempio di “art
nouveau” che all'epoca provocò critiche da parte dei conservatori
perchè in stridente contrasto, a loro dire, con le caratteristiche
architettoniche degli altri edifici esistenti a Padova.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Esso rappresenta infatti un importante
esempio di stile Liberty così come il Palazzo Sacerdoti ed il Foro
Boaro in Prato della Valle, il Collegio Universitario dei Gesuiti
poco lontano, la sede della Cassa di Risparmio ed il palazzo delle
Poste in Corso del Popolo, che costituiscono un importante patrimonio
cittadino dell'epoca.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ora, sull'aristocratica, antica dimora
del Cav.Folchi, sugli stucchi dorati e sui ferri battuti di Adolfo
Calligaris che la imprezioniscono, si è adagiata l'opera di 15
pittrici del territorio padovano, ciascuna con il suo stile ed il suo
linguaggio poetico che spazia dall'acquerello, all'acrilico ed
all'olio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fra tutte, spicca Mariarosa Beltrame,
padovana, diplomata maestra d'arte nella nostra città, poi
specializzata a Torino nell'interpretazione del disegno infantile
pervenuta quindi, dopo un periodo di ulteriore approfondimento,
all'acquerello.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Già partecipante con successo ad altre
manifestazioni artistiche, essa affida la sua ispirazione a questa
tecnica per la sua poesia nascente, dice, dall'equilibrio fra due
elementi, l'acqua, la natura, ed il colore, frutto dell'attività
dell'uomo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Presente con una pregevole veduta
vagamente onirica di Venezia che accoglie il visitatore della mostra
all'ingresso dell'Hotel, l'artista, che riproduce nei suoi paesaggi
le creazioni dell'uomo, trae ispirazione assai spesso dal
meraviglioso florilegio frutto di quella natura che è opera di un
creatore in cui fermamente crede ed al quale, con la sua opera,
intende rendere omaggio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma è nel ritratto che l'artista esprime al meglio la sua ispirazione ed il suo sentimento.<br />
Volti di donna pieni di grazia appaiono in una luce riposante che evidenzia la delicatezza dei colori e riportano ad un'epoca romantica che l'artista sembra - e non è la sola - rimpiangere e che inducono alla contemplazione serena della bellezza famminile.<br />
Cosicchè l'intelligenza e la sensibilità
artistica di Mariarosa Beltrame la porteranno a sempre migliori affermazioni non solo in ambito cittadino, ma ben oltre .</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 15-12-2018 Giovanni Zannini
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-55707218872222802542018-06-24T01:51:00.002-07:002018-06-24T01:53:22.190-07:00CONTRO L'INVASIONE DEI MIGRANTIMi stupisce che per fermare il
disordinato afflusso di migranti in Italia, nessuno, per quanto io
sappia, neppure il neo ministro dell'interno Matteo Salvini, abbia
pensato alla possibilità di distruggere, a terra, le imbarcazioni
che la criminale organizzazione dei trafficanti di uomini utilizza
per il trasbordo dalle coste dell'Africa a quelle italiane.<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sia ben chiaro, a scanso di equivoci,
che non auspico certamente l'affondamento di quei natanti allorchè
navigano con il loro triste carico: non ci penso nemmeno.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Allorchè ci si trova di fronte, in
mare aperto, ad imbarcazioni cariche di gente in pericolo,
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
è dovere trarli in salvo: ma poi,
effettuato il salvataggio, fino all'ultimo uomo, sarebbe opportuno
(e non so se ciò avvenga) provvedere alla distruzione delle
imbarcazioni ad evitare un loro possibile riutilizzo criminale.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma allora, perchè non farlo quando
questi natanti sono ancora, vuoti, a terra, sulle spiagge
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
africane?
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I luoghi d' imbarco non sfuggono
certamente alla polizia, e se il governo libico vuole veramente
collaborare con l'Italia (e pare sia così, tenuto conto degli
interventi, talora anche troppo rigorosi, delle motovedette da noi
fornite alla Libia) non dovrebbe essergli difficile provvedere al
sequestro o, addirittura, alla distruzione, sulla spiaggia, di quel
naviglio. A tal fine, si potrebbe, occorrendo, pensare alla
collaborazione dei libici con corpi speciali italiani che, addestrati
a compiti ben più impegnativi, potrebbero facilmente mettere fuori
uso l'intera flotta dei criminali eliminando così alla base,
radicalmente, il problema che, da troppo tempo, affligge il nostro
paese.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fermo restando, però, che esso va
affrontato dall'intera comunità internazionale in maniera ordinata e
con quello spirito di solidarietà più volte invocato dal nostro
grande Papa Francesco.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 7-6-2018
Giovanni Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-91491097406474692352018-06-24T01:46:00.002-07:002018-06-24T01:46:25.542-07:00SGARBI E LE CAPRE<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' innegabile che il sig. Sgarbi sia un
innovatore, anche in materia di insulti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Per le donne, un tempo, il massimo
degli insulti era p......, tr..., e vacca, mentre oggi, per merito
suo, si è affacciato un nuovo insulto per donna: capra, e fa
discutere il perchè di tale importante innovazione.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'interpretazione più accreditata è
che egli si voglia proteggere dalle querele delle donne con le quali
polemizza spesso, come suo costume, piuttosto vivacemente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Qualora, infatti, si rivolgesse a loro
usando, ad esempio, la parola che qualifica la regina del settore
lattiero-caseario, sarebbe facile alla persona cui la parola è
stata indirizzata, portarlo in tribunale e,</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(poichè si fa riferimento ad un
animale al quale, a torto o ragione, il mondo attribuisce scarse
virtù morali), farlo condannare.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Se invece una si sente dare della
capra, non potrà dolersi di essere stata insultata, e quindi far
punire l'offensore, perchè, almeno fino ad oggi, nessuno ha potuto
sollevare riserve sul comportamento morale e sui costumi delle capre.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma vi è il rischio che il sig. Sgarbi,
dopo aver dato della capra ad una sua interlocutrice, si possa
sentir dare, per tutta risposta, del caprone.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 21-6-2018
Giovanni Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-47534806707230550512018-06-17T02:26:00.000-07:002018-06-17T02:26:48.894-07:00CAPOLAVORO O PORCILAIA?<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sia ben chiaro: non ce l'ho con gli
italiani accorsi entusiasti, sventolando la bandiera della libertà
con lo stesso entusiasmo con cui Garibaldi teneva alta la sciabola
sul Gianicolo, per assistere alla proiezione di “Ultimo tango a
Parigi” restaurato, dopo che diversi anni fa era stato ritirato
dalle scene a seguito di una sentenza della Cassazione che l'aveva
definito uno “spettacolo di pansessualismo fine a sé stesso”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perchè, quando ti mettono sotto il
naso un piatto invitante, condito con spezie piccanti, anche se è
un po' indigesto, la voglia di assaggiarne un boccone ti viene.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Me la prendo invece con quei
cinematografari, con quei giornalisti, con quei cosiddetti
intellettuali che insistono, pur dopo quanto le cronache hanno
rivelato, a considerare capolavoro quel film che è stato viceversa
solo un'abile operazione di affarismo commerciale. Quegli stessi che
si sono esibiti in lodi sperticate dei film della Bardot quando lei
stessa ha riconosciuto che uno solo dei numerosi films erotici da lei
interpretati ed elogiati da una critica servile e compiacente, vale
un riconoscimento artistico.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Essi dimenticano che Indro Montanelli,
non certo sospetto di eccessivo moralismo, affermava che “non
merita la libertà chi ne fa un uso indegno...” e che non è
libertà quella “spinta fino alla licenza, all'indecenza ed
all'oltraggio al pudore” concludendo che “in fondo a questa
strada non c'è la libertà, ma la sua morte e la fine”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Come pure che il presunto capolavoro,
candidato all'Oscar, ebbe, da quelli che di cinema un po' se ne
intendono, una solenne bocciatura.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E ancora: essi non ricordano, o fingono
di ignorare, che Marlon Brando scrive nella sua biografia: “ho
sempre pensato che fosse un film eccessivo, ancor oggi non so dire
dove stia il succo” smentendo clamorosamente gli illustri
cinematografari che in esso scoprono il capolavoro, mentre è
solo il simbolo del più spregevole e vieto sfruttamento del richiamo
sessuale ad uso di meri interessi commerciali.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Per tacere del torbido retroscena, al
limite del codice penale, che si agita dietro la lavorazione del
film, descritto dalla sua principale interprete, l'allora
diciannovenne Maria Schnaider (che a fronte di incassi milionari ebbe
un compenso di soli 5.000 dollari e che poi trascinò una vita
disperata): “Mi hanno quasi violentata. Quella scena (che descrive
una sodomizzazione – ndr) non era prevista dalla sceneggiatura. Io
mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di
no...all'epoca ero troppo giovane...così fui costretta a sottopormi
a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che
si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E il regista Bertolucci? ”Si, sono
stato colpevole con la Schneider ma non potranno portarmi in
tribunale per questo”. E solo dopo la sua morte ammise che avrebbe
voluto “chiederle scusa”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Troppo tardi, sig. Bertolucci!.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 4 giugno 2018.
Giovanni Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-27597632012386856382018-06-07T23:55:00.002-07:002018-06-07T23:55:13.227-07:00TRAGICO TANGO<br />
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Suvvia,
non si dice un sorriso, ma almeno un piccolo incresparsi delle
labbra, un accenno meno cupo dello sguardo, una movenza gentile, non
meccanica, del corpo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Invece
no, il ”tanguero” e la “tanguera” (si dice così?) si agitano
ingrugnati in una maratona di passi, passetti e passettini, nello
scodinzolare delle caviglie di lei e nell’incedere complicato di
lui, tesi, assorti in quello da essi ritenuto, ma non è, un rito
drammatico, e solenne.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ma
cosa pensano, i “tangueros”? Oppure non pensano a nulla? Certo,
non si divertono, anzi, si direbbe, dalle loro facce, che siano
profondamente scocciati e che non vedano l’ora di guadagnarsi un
po’ di pace e di tranquillità con il cessare del frastuono del
”bandaneon”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
E
allora, perché? Forse, proprio per non pensare a nulla, tutti presi
dalla perfezione del passo e dalle complicate mossette del capo e
degli arti e dal perenne ondeggiare del bacino, di lei, e
dall’esibizione muscolare di lui che prima scaccia la compagna e
poi la riafferra avviticchiandosi a lei, dimentichi della vita grama
del presente e di quella altrettanto grama dell'indomani.</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
E’
la speranza che manca ai “tangueros”, che trasforma la danza in
un mortorio dominato dal ritmo di toni bassi, ossessivi, che li
schiacciano su quella terra dalla quale vorrebbero, ma non possono,
evadere.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 7-6-2018
Giovanni
Zannini</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-23632390276851639702018-03-13T07:33:00.003-07:002018-03-13T07:33:55.996-07:00LA "PARTECIPAZIONE" SFUMATA<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Negli ultimi anni la ricchezza che pur
si è prodotta in Italia ha avuto una distribuzione anomala: infatti
essa è andata ad arricchire i pochi che già lo sono raggiungendo
solo in minima parte gli italiani meno abbienti, alcuni dei quali
hanno avuto addirittura una riduzione delle loro già scarse risorse.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perciò una politica sociale veramente
attenta dovrebbe dedicarsi oggi alla redistribuzione della ricchezza
per trasferirne una parte da quella minoritaria più ricca a quella
più vasta dei poveri.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Si tratta allora di studiare le
modalità per dare soluzione pacifica a questo problema opponendosi a
prevedibili resistenze egoistiche con la forza della legge, evitando
così il rischio che il risentimento sociale ricorra,
malauguratamente, ad altre vie.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tra i possibili mezzi vi è certamente
la riforma del mercato del lavoro con la realizzazione della
partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle
aziende in cui lavorano: in tal modo verrebbe infatti a realizzarsi
quel trasferimento di una parte di ricchezza prodotta dall'azienda,
che non andrebbe più esclusivamenre a favore del datore di lavoro,
ma anche dei suoi dipendenti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Incredibilmente, solo pochissimi si
sono accorti che questa importante riforma era stata realizzata
dalla legge n.92/ 2012 - meglio conosciuta come ”legge Fornero”
- approvata dal parlamento e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
del 3/7/2012.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Essa prevedeva all'art.4 che “al fine
di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di
informazione e consultazione dei lavoratori, nonchè alla
partecipazione dei dipendenti agli utili ed al capitale, il Governo
(Monti – ndr) è delegato ad adottare, entro 9 mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, uno o più decreti legislativi
finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori
nell'impresa nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi”
precisati in 7 punti redatti sul modello della “Cogestione”
tedesca.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Malauguratamente i decreti legislativi
destinati a dare pratica attuazione alla legge non furono emessi nei
prescritti 9 mesi ed essa, per l'inerzia del Ministero proponente e
la mancata vigilanza di politici e sindacalisti, fatalmente decadde.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Vi è però da augurarsi che il
prossimo governo riprenda l'argomento cosicchè l'art.46 della
Costituzione - ...”La Repubblica riconosce il diritto dei
lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle
leggi, alla gestione delle aziende” - che dopo 70 anni è ancora
inattuato, diventi finalmente, da mero programma, una concreta
realtà.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 3 marzo 2018
Giovanni Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-24285925353279086042018-03-13T04:39:00.003-07:002018-03-13T04:39:32.529-07:00AMICI MUSULMANI, CORAGGIO<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Gianromano Gnesotto nella sua rubrica
“Buona settimana” sulle colonne de “La difesa del Popolo”,
settimanale della Diocesi di Padova del 7 gennaio 2018 evidenzia la
decisione di Papa Paolo VI di eliminare i Salmi 58,83 e 109
(cosiddetti “imprecatori”) perchè “la storia li aveva
superati, stonavano”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' noto che la Chiesa, prima del
Vaticano II, sconsigliava, se non addirittura vietava, ai fedeli, la
lettura del Vecchio Testamento nel timore che il lettore considerasse
esemplari, perchè contenuti nel testo sacro, fatti ed episodi
accaduti in momenti storici oramai superati dalla civiltà e dal
progresso, quali, ad esempio, le orrende stragi di donne e bambini
dopo la vittoria sul nemico.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ora la decisione papale invita i
cattolici a leggere il Vecchio Testamento, fondamentale nella storia
della Chiesa, assaporandone il valore sacro ed eterno sopravvissuto
alle mutevoli variazioni del tempo e della storia.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' auspicabile che anche nell'Islam si
provveda all'aggiornamento del suo testo sacro, il Corano.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Si eliminino, o, almeno, si dica con
la massima chiarezza, che alcuni versetti (come quelli, ad esempio,
che invitano alla violenza contro gli “infedeli”) non vanno più
osservati, lasciando in tal modo emergere in tutta la loro bellezza
quelli che invece, invitano alla fratellanza, alla tolleranza, al
rispetto delle altre religioni, alla Misericordia, di cui il Corano è
ricco.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Già molte voci si sono levate in tal
senso nel cosiddetto mondo musulmano moderato, ma è auspicabile che
esse abbiano maggiore risonanza con un ordinato coordinamento, in
modo da raggiungere, e convincere quei fedeli dell'Islam adusi ad
una lettura letterale e pedissequa del Corano, che da esso vanno
tolti quei “versetti” carichi di odio e di violenza che tanto
allarme ed ostilità suscitano, purtroppo, nei confronti dei
musulmani, in Italia e nel mondo intero.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Con lo stesso coraggio con cui noi
cattolici abbiamo saputo togliere i salmi “imprecatori” dal
Vecchio Testamento.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 12-3-2018 Giovanni Zannini</div>
<br />Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-2109393124198203432017-11-14T01:31:00.000-08:002017-11-14T01:31:31.554-08:00TRACCE NEL MONDO DI PRIGIONIERI DI GUERRA ITALIANI<div style="margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.1cm;">
Alcuni prigionieri di guerra italiani
nei campi di detenzione in Inghilterra e negli Stati uniti hanno
lasciato traccia del loro forzato soggiorno con chiese da loro
costruite tuttora esistenti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Prova evidente di come, in determinate
situazioni drammatiche, l'uomo, per alleviate le prove cui è
sottoposto, trovi conforto nella spiritualità e trovi rifugio nella
religione.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il primo caso è costituito da una
cappella esistente nell'isola di Lamb Holm, nell'arcipelago delle
Orcadi, a nord della Scozia, che costituisce una meta molto
pubblicizzata specie per i turisti delle crocere che fanno tappa nel
vicino porto di Kirkwall.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Essa fu costruita nel 1943 da un
gruppo di militari italiani catturati dagli inglesi in Africa
settentrionale e smistati nel Campo 60 sulla piccola isola delle
Orcadi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I prigionieri furono utilizzati per
costruire le “Churchill Barriers”, una serie di dighe (oggi
servono come comode strade di collegamente fra le isole
dell'arcipelago) destinate a sbarrare gli accessi alla base navale
della “Home Fleet” nella baia di Scapa Flow dopo che era stata
violata dall'audace incursione di un sommergibile tedesco che aveva
affondato la corazzata “HMS Royal Oak” con 800 membri del suo
equipaggio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nel poco tempo libero lasciato dal
lavoro, gli italiani guidati da Domenico Ciocchetti, un pittore di
Moena, riuscirono a costruire, grazie alla benevolenza del comandante
il campo e con l'attiva collaborazione del Cappellano Militare padre
Giacobazzi, la Cappella, impegnandosi, con genialità tutta
italiana, ad utilizzare il materiale di scarto per la costruzione
delle barriere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il risultato fu molto felice, e la
piccola costruzione abbellita dalle pitture del Ciocchetti, è
tuttora in piedi, perfettamente accudita da un comitato che
mantiene tuttora cordiali contatti con Moena, patria del generoso
valente suo figlio, e ammirata da più di centomila visitatori ogni
anno.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Altra traccia lasciata da prigionieri
italiani all'estero è costituita da una chiesa costruita negli
Stati Uniti nel campo di prigionia di Letterkenny presso Chammersburg
in Pennsylvania che ospitò parte dei 51.000 militari italiani fatti
prigionieri dagli inglesi nel 1943 in Africa settentrionale.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma allo scopo di liberarsi delle
migliaia di prigionieri che intasavano le linee alleate creando
difficoltà alle manovre militari in atto – problema non nuovo ed
impellente per gli alti comandi - essi li cedettero agli americani
che li trasferirono negli Stati Unititi ove quanti accettarono – la
maggioranza - di “cooperare” con le autorità americane furono
sottoposti ad un regime detentivo molto umanitario.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il prigioniero Aldo Lorenzi,
bersagliere, nativo di Mozzecane in provincia di Verona,
rilevata la mancanza nel campo di un luogo ove i prigionieri
potessero coltivare il proprio desiderio di spiritualità, ottenne il
permesso di costruire una chiesa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Con materiale di recupero scovato
ovunque con fantasia del tutto latina, una trentina di prigionieri,
muratori e falegnami, riuscirono a costruire nell'incredibie tempo di
50 giorni (così si legge nelle sue memorie) di entusiastico lavoro
“una stupenda chiesa in puro stile italiano”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Benedetta da mons. Amleto Cicognani –
alto rappresentante, all'epoca, del Vaticano negli USA – che vi
celebrò la prima Messa, fu denominata “Chiesa della Pace” per
celebrare la fine della guerra in Europa, ed è entrata nel
patrimonio storico della II Guerra Mondiale negli USA.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 14.11.2017 Giovanni Zannini</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le notizie sulla chiesa di Letterkenny
provengono dalle ricerche di Aldo Ramazzotti citata da un</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
articolo di Giovanni Rosa sul Corriere
della Sera dello scorso 16 aprile, e del prof.Flavio Giovanni Conti
storico ed autore di libri sui prigionieri di guerra italiani negli
Stati Uniti.
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-23833670386074834452017-11-08T02:48:00.001-08:002018-02-19T06:50:57.281-08:00EL BAU'CO - Racconto<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un mattino della primavera 1945 era
arrivata una compagnia di alpenjager tedeschi in ritirata. Grande lo
spavento delle donne e dei vecchi, gli unici rimasti in paese: gli
altri, i giovani, i “renitenti alla leva”, alla coscrizione
obbligatoria emanata dalla Repubblica Sociale di Mussolini, rifugiati
nella montagna circostante con i partigiani.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il comandante, un capitano, si era
installato con gli ufficiali nella “Trattoria con alloggio al
Bersagliere”, la truppa si era attendata nella radura circostante
il paese.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tutta gente, sia il comandante che i
suoi uomini, stanchi di violenza e di lotta, desiderosa solo di una
breve pausa prima di riprendere il cammino verso un futuro che si
faceva ogni giorno più oscuro.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Così la giornata era trascorsa
tranquilla, i soldati ne avevano approfittato per lavare se stessi ed
i loro panni nel torrentello che scorreva vicino al paese e vi fu
anche qualche donna che offrì loro un po' di pane fresco o un
bicchiere di vino, mica per “intelligenza” col nemico, che era
sempre tale, ma per pietà per qualcuno di quei ragazzi che di anni
potevano averne diciotto o poco di più, e che erano anche loro figli
di mamma.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La notte passa senza intoppi, ma
l'indomani è la tragedia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nel bosco hanno trovato un giovane
tedesco con la testa fracassata da una violenta legnata: si era
evidentemente allontanato per le sue necessità fisiologiche, ed ora
giaceva là, in un mare di sangue, con i pantaloni ancora abbassati.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E come in uno spettacolo dalle tinte
fosche, la scena muta ed è il trionfo della vendetta.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il capitano, che sotto una maschera di
freddezza, cova l'odio, emette l'ordinanza:” Un uomo dell'esercito
tedesco, solo ed indifeso è stato ucciso a tradimento. Il colpevole
sarà passato per le armi. Se nessuno si presenterà entro 24 ore,
10 uomini saranno fucilati e il paese incendiato”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nella casera dei Segato, sulla montagna
poco sopra il paese, dov'è un piccolo gruppo di partigiani c'è il
finimondo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Ma chi è quel mona che ha combinato
sto disastro” urla Jaco, studente del quarto anno di legge, che per
essere “studiato”, è il capo, “bisognava aiutarli ad andarsene
fuori dei piedi, questi maledetti tedeschi, e adesso, invece, li
abbiamo fermati e ci ammazzano. Ecco il guadagno di aver fatto
fuori un poverocristo che non desiderava altro che tornarsene a casa
sua!”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E Meno, vaccaro:” Se quello salta
fuori, prima che i tedeschi lo sparino, lo copo mi”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tutti parlano, ognuno dice la sua, la
confusione è massima.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Basta!” urla allora Jaco, “qui
il tempo passa e bisogna prendere una decisione. Se il colpevole è
tra noi, se è un uomo, si faccia avanti e poi si presenti ai
tedeschi”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' il gelo: alla confusione è
subentrato un silenzio irreale. Tutti si guardano l'un l'altro, con
sospetto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nessuno si muove.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il silenzio lungo, interminabile, è
alla fine rotto da Jaco:” Allora tra noi c'è un vigliacco. Ma
adesso, cosa facciamo? Lasciamo morire i nostri padri e i nostri
nonni? Facciamo bruciare le nostre case?”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La bagarre riprende: tutti dicono la
loro,ma non se ne cava nulla. E il tempo passa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Si alza il Cecon, sensale di dubbia
fama, perchè alcuni ricordavano , fra l'altro, di quella volta che
aveva fatto comperare al Nane una vacca garantendo che era “sana de
fià” mentre non lo era affatto, e il mese dopo morì: ”Siamo in
guerra” dice “ La guerra cancella la differenza fra il bene e il
male. Quella che in pace è una cattiva azione, in guerra può
diventar buona. Occorre scegliere il male minore “.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“E allora”, lo sollecita Jaco,
“cosa vuoi dire? Qui ci vogliono proposte, non filosofia”. ,
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Cecon esita, poi prende coraggio e
sbotta:” Ghe saria el “Baùco...”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Era lo scemo del paese. Figlio senza
padre, era stato allevato dalla madre con grandi sacrifici ma aveva
ben presto manifestato un deficit intellettivo dinanzi al quale, in
quei tempi tristi, non c'era che arrendersi. Era cresciuto sano di
corpo, ben sviluppato, ma non ci stava con la testa. La sua malattia
si aggravò con la perdita della madre che lo lasciò solo al mondo,
affidato solo alla pietà dei paesani. Chi gli dava un piatto di
minestra, chi gli lavava i panni, chi, quando faceva freddo, lo
faceva dormire in una cuccia nel caldo della stalla, chi gli dava
ogni tanto una bella strigliata perchè lui non si lavava neppure la
faccia. Con il passare del tempo, un po' per la vitaccia che
conduceva, un po' perchè, probabilmente, quel padre che se l'era
data a gambe dopo aver ingravidato la ragazza, non doveva essere
stato propriamente un gentiluomo, aveva assunto un aspetto poco
raccomandabile, e la faccia coperta da una barba nera, lunga e
disordinata, non prometteva nulla di buono. Ma non faceva male a una
mosca. Poteva capitare, ad esempio, di trovartelo davanti, in
strada, a pretendere, con aria minacciosa, “dame do schei”, ma se
l'altro, che lo conosceva, gli diceva, bonario, “va là, Bauco,
cori!”, lui se ne andava via tranquillamente, con la coda tra le
gambe, perchè era uno scemo obbediente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma chi non lo conosceva, con la faccia
che aveva, avrebbe potuto prender paura.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Obbediente, ma anche troppo, perchè
talora dei ragazzi senza cervello e senza cuore gli dicevano di fare
delle cose come, ad esempio, la pipì sulla porta di qualche
negozio o sollevare le gonne a qualche anziana signora, che gli
rompeva sulla testa l'ombrellino.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - - -</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A quelle parole, nella casera ripiomba
il silenzio. Prosegue il Cecon, che ha preso coraggio: ”Si,
mandiamo il Baùco dai tedeschi, e facciamogli dire che è stato lui.
Purtroppo, nella drammatica situazione in cui ci troviamo, dobbiamo
fare una scelta: vale più l'esistenza di uno che non capisce niente,
che non serve a nulla, o quella di 10 uomini che il cervello ce
l'hanno, e il rischio delle nostre case in fiamme?”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il chiasso riprende:”No, è una
vigliaccata”, “No, è come se lo ammazzassimo noi: non ci sto”,
“No, non merita di essere ammazzato come un cane”, “No, non ha
mai fatto male a nessuno”, “Se lo fanno fuori, ce l'avremo sulla
coscienza per tutta la vita”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma, lentamente, il dubbio, la paura,
l'interesse, l'egoismo, l'attaccamento alla vita, prendono piede:</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
certo, è una cosa vile, ma è il male
minore, e allora....</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Jaco, il capo, taglia corto:” Votiamo
e ognuno si prenda le sue responsabilità. Chi vota SI, manda il
Baùco a farsi ammazzare, chi NO, lo salva”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E ha inizio la conta, altalenante: si
giunge a 15 SI e 15 NO. I votanti sono 31, quindi a decidere sulla
vita del Baùco sarà l'ultimo voto, quello del Cecon, che, senza
esitare, dice SI.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quelli del NO protestano, afferrano lo
sten e lo puntano minacciosamente verso gli altri, ma Jaco li ferma:
è la maggioranza, ragazzi, c'è poco da protestare.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E va bene, si arrendono, ma loro il
Bauco non lo manderanno mai al macello. D'accordo, dice il Cecco, ci
penso io.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Scrive su di un pezzo di carta:” Il
tedesco l'ho ammazzato io”, ci fa sotto uno sgorbio, lo mette in
una busta, la chiude, e la consegna alla Marietta, una donna sulla
cinquantina che vive con loro e fa la cuoca. Scenda al paese, gli
dice il Cecon, cerchi il Baùco, e gli consegni la busta, che la
porti ai tedeschi, al “Bersagliere". Gli dica che gli faranno un
regalo se, ogni volta che si rivolgeranno a lui, dirà sempre si, si
e solo si.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La Marietta lascia la casera e scende
velocemente verso il paese.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le sentinelle davanti al “Bersagliere”
che verso sera, fra il lusco e il brusco, vedono avvicinarsi quel
brutto ceffo che non si ferma all' “alt!”, manca poco gli
sparino senza tanti complimenti, ma siccome quello si agita e
sventola nell'aria una busta che sembra una bandiera bianca, ci
ripensano e lo portano dal comandante.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“La faccia da farabutto ce l'ha
tutta” pensa il capitano, seduto ad un tavolino con altri due
ufficiali e l'interprete, dopo aver letto il messaggio. Ma l'altro,
che gli sta davanti, in piedi, è calmo, tranquillo, non manifesta
alcun timore, ed anzi continua stranamente ad avanzare il palmo
aperto della mano verso di lui, come se si aspettasse di ricevere
qualcosa.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il comandante dice all'interprete di
chiedergli se è stato lui ad ammazzare il soldato nel bosco. “Si,
si, si” risponde l'interrogato, proprio come gli aveva insegnato la
Marietta.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perchè lo ha fatto? Odia i tedeschi?
“Si, si,si”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' amico dei partigiani? “Si, si,
si”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sono stati loro a dargli l'ordine? “Si,
si,si”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A questo punto nell'ufficiale matura
il dubbio: costui fa lo scemo, o lo è? Il militare appare freddo,
ma la sua mente è in tumulto. Quello, se è colpevole, va punito;
ma in caso contrario? Se è un disgraziato che si assume una colpa
che non ha commesso? E se , come è evidente, è addirittura, un
folle?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alla fine, la soluzione che mette a
posto la sua coscienza di soldato e di uomo. La confessione c'è,
pensa, spontanea, nessuno gli ha fatto violenza, e non è il caso di
indagare se è matto o no. Ci mancherebbe che, nei guai in cui ci
troviamo, ci mettessimo a far perizie psichiatriche. Perciò
quest'uomo lo devo fucilare perchè, se lo lascio libero, dal momento
che nessun altro si è presentato, devo, come detto nell'ordinanza –
e quando un tedesco dice una cosa, solo il Padreterno, la può
cambiare - fucilare 10 uomini e poi mettermi a dar fuoco alle
case, che non è affatto un bel divertimento. Perciò il male
minore è di farlo fuori, andarsene al più presto da questo
maledetto paese, e non pensarci più”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Rieccolo, il “male minore”, che
accomuna tedeschi e partigiani uniti, inconsciamente, da una logica
crudele ma, in quel momento, ineluttabile.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - -</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il mattino dopo, alle 5, prendono il
Baùco e lo legano a un palo mentre lui continua a dire “Si, si,
si” e avanza la mano per avere il regalo. Il plotone di esecuzione
spara e subito dopo l'intera compagnia, con la macchina del
comandante in testa, in un rombo di motori di autocarri e di
motocarrozzette che alzano un gran polverone, si mette velocemente in
moto senza nemmeno badare se il Baùco che, legato al palo per la
cintola, penzola in avanti, sia morto del tutto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- - - - - - - - - - - - - - -</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma il tedesco, chi l'aveva ammazzato?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non si è mai saputo, ma in paese gira
voce che il Cescon , in punto di morte, abbia confessato al prete -
che forse qualche mezza parola se l'era lasciata scappare – che ad
accoppare il tedesco era stato lui.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nota: Bau'co in dialetto veneto indica
persona sciocca e talora ritardata intellettualmente
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 31 ottobre 2017 Giovanni Zannini
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-39651006132649935872017-10-19T07:16:00.001-07:002017-10-19T07:16:17.381-07:00STALINGRADO ANIMA L'OPPOSIZIONE TEDESCA AL NAZISMO<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il crollo militare germanico dopo
l'epica battaglia di Stalingrado segna una tappa nell'opposizione al
nazismo da parte dei tedeschi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Gli episodi di resistenza contro la
dittatura di Hitler da parte di singoli oppositori furono in Germania
più numerosi di quanto possa far ritenere la fama di pedissequa
obbedienza al potere da parte dei tedeschi, ma la documentazione in
proposto è carente essendo riuscito lo spietato regime a distruggere
le tracce dei suoi misfatti.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Che contrariamente ad una diffusa
opinione, un velo di resistenza ad Hitler sia sempre esistito in
Germania, lo afferma Manuel Marangoni, gestore del sito “One Mind”
su Internet, che descrive gli oltre 40 attentati alla vita del
dittatore, mentre Gabriella Rabottini, nel suo articolo sempre su
Internet, afferma addirittura di sapere che pur in mancanza di
notizie precise “i tedeschi condannati e deportati sono stati non
meno di un milione, qualcuno parla di 800.000 oppositori morti...”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma fu la tragedia di Stalingrado a dare
agli oppositori tedeschi a Hitler una spinta più decisa e
organizzata derivata proprio da ufficiali della Wehrmacht che avevano
partecipato alla disperata difesa della città chiusa nella morsa dei
russi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La loro trasformazione da combattenti
nella sacca (in tedesco “kessel”, calderone) di Stalingrado, a
fieri oppositori di Hitler fu originata proprio dal rancore per gli
ordini del dittatore che aveva
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
imposto la disastrosa resistenza a
oltranza che portò alla disfatta ed al massacro dell'intera 6a
armata tedesca segnando l'inizio del tracollo del Terzo Reich dovuta
all'intransigenza del dittatore che aveva ordinato la difesa di
Stalingrado fino all'ultimo uomo.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fu così che nel luglio 1943 avvenne a
Krasnogorsk, ad opera di comunisti tedeschi guidati da Walter
Ulbricht (futuro capo della Germania dell'est) e da militari della
Wehrmacht che avevano combattuto a Stalingrado fatti prigionieri dai
russi, la fondazione del movimento “Freies Deutschland” -
Germania Libera – che effettuò una decisa propaganda
anti-nazista mediante la diffusione di materiale a stampa e
trasmissioni radiofoniche.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Da parte sua von Paolus, lo sconfitto
difensore di Stalingrado cui si addebita la cieca obbedienza agli
ordini di Hitler e di non aver avuto il coraggio di assumere
iniziative per evitare il disastro,
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
resosi conto, nella prigionia, della
responsabilità del Fhurer nella distruzione della 6a armata affidata
al suo comando, subì una specie di conversione che lo spinse ad
aderire alla “Lega degli ufficiali tedeschi” che assieme al
movimento “Freies Deutschland” incitava i tedeschi alla rivolta
contro il dittatore.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La stessa “conversione”, sia detto
fra parentesi, che spinse il generale Rommel a passare nelle file
degli oppositori antinazisti a causa degli insensati ordini ricevuti
da Hitler ai quali era stato costretto ad obbedire.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Von Paulus fu testimone dell'accusa nel
processo di Norimberga e, rilasciato nel 1953, si stabilì a Dresda
nella Germania dell'est ove assunse l'incarico di direttore
dell'ufficio storico dell'esercito. Morì l'1 febbraio 1956 all'età
di 66 anni.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E proprio sull'onda della tragedia di
Stalingrado nacque in Germania nel 42/43 a Monaco “Die weisse rose”
- la “Rosa Bianca” - (prenderà in un secondo tempo il nome di
“Movimento di resistenza in Germania”) ispirato da un
cristianesimo radicale che, in nome dei valori dell'Europa cristiana,
svolse, ad opera di pochi giovani intellettuali raccolti attorno al
cinquantenne prof.Kurt Huber, un'intensa attività antinazista non
violenta.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il movimento, che imputava al
nazionalismo ed al centralismo del potere, di aver creato, eliminando
ogni libertà, il nazionalsocialismo responsabile della guerra,
auspicava uno stato tedesco federale con più centri di potere
diffusi nel territorio rispettosi del principio di libertà, che
impedissero l'assolutismo totalitario ed il militarismo che tante
tragiche rovine stava arrecando alla Germania.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le loro armi furono “Windlicht” (la
lanterna), un piccolo foglio clandestino di opposizione al regime
diffuso nell'università, la distribuzione di volantini ciclostilati
e scritte murali antinaziste che inondarono i muri dell'università e
della città vecchia di Monaco.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La reazione nazista fu violenta e
spietata.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Furono arrestati, e poi condannati a
morte per decapitazione, i fratelli Hans (24 anni) e Sophie (21)
Scholl, Willi Graf (25 anni), Christoph Probst (23 anni), Alexander
Schmorell (anni 25) e l'anziano prof.Huber; ma altri aderenti al
movimento furono rinchiusi nelle carceri e poco si sa sulla loro
sorte.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La sconfitta di Stalingrado determinò
anche un episodio clamoroso che mise in chiara evidenza l'opposizione
di alcuni generali tedeschi ad Hitler.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il colonnello Claus Schenk von
Stauffemberg che aveva combattuto valorosamente in Africa
settentrionale riportando gravi ferite, apparteneva ad un gruppo di
militari che, consapevoli dell'inevitabilità della sconfitta
tedesca, congiuravano per rimuovere Hitler dal potere ed addivenire
poi alla pace separata con gli alleati.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Inizialmete contrario, per scrupoli
religiosi, ad un colpo di stato che implicasse l'uccisione del
dittatore, si convinse, dopo la dura sconfitta di Stalingrado, che
era quella l'unica via per chiudere il conflitto con il suo
terribile spargimento di sangue.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sono noti l'infelice esito
dell'attentato e la fine crudele degli attentatori.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sono questi i tedeschi che hanno
purificato con il loro sangue la cieca obbedienza di troppi loro
connazionali.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 6-10-2017
Giovanni Zannini</div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-2244154759231292272017-10-19T07:09:00.000-07:002017-10-19T07:09:18.854-07:00MUSSOLINI L'OPPORTUNISTA<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'opportunismo fu certamente una delle
molte manifestazioni caratteriali messe in risalto dalla storia a
proposito della personalità del duce.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Si tratta di un'ansia di
presenzialismo, del desiderio di partecipare a fatti ed avvenimenti
importanti onde condividere, anche se non richiesto, le iniziative
altrui e trarne beneficio a proprio vantaggio per poter poi dire: io
c'ero. Anche se, come vedremo, tali iniziative non ebbero spesso
successo e non servirono quindi ad ottenere l'ambita gratitudine del
potente alleato tedesco.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alcuni esempi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A cominciare dall'attacco alla Francia
allorchè essa, all'inizio della seconda guerra mondiale, stremata
dall'offensiva tedesca, si trovava alle corde: la “pugnalata alla
schiena” che i francesi non mancano, all'occorrenza, ancor oggi, di
rimproverarci.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nell'euforia dei successi delle armate
tedesche che lasciano presagire una sicura vittoria, Mussolini
vuole acquisirsi meriti che gli consentano di sedersi al tavolo dei
vincitori e si affretta ad intraprendere un'offensiva sulle Alpi
contro la Francia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La “Battaglia delle Alpi Occidentali”
si svolse dal 10 giugno 1940 (data della dichiarazione di guerra)
al giorno 25 dello stesso mese, data della firma dell'armistizio fra
Italia e Francia, in coincidenza con quello franco-tedesco.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nonostante la superorità numerica, a
causa dell'impreparazione del nostro esercito (male equipaggiato per
una guerra in alta montagna – molti i congelamenti) l'offensiva
italiana riuscì a scalfire solo in pochi casi le agguerrite difese
avversarie ottenendo una penetrazione di pochi chilometri in
territorio francese fino a Mentone.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il costo della battaglia? 631 morti,
616 dispersi e 2.631 tra feriti e congelati, e così il duce potrà
vantarsi, con il dittatore tedesco, di aver favorito, con il suo
attacco, il tracollo della Francia. .
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma il duce vuole arricchire il proprio
“carnet”, e non si lascia scappare le occasioni.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Hitler, nel 1941 miete successi in
Russia con la sua “Operazione Barbarossa” che lascia presumere
la conquista di Mosca e la vittoria finale anche sul fronte
orientale?
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E Mussolini, nonostante il dissenso
dei generali della Wehrmact, solo grazie alla “benevolenza” di
Hitler, riesce ad inviare in Russia, ad iniziare dal luglio 1941, il
CSIR (Corpo di spedizione italiano in Russia) divenuto poi ARMIR
(Armata italiana in Russia), una forza di 220.000 uomini schierata
sul fronte del Don che, male armati e peggio equipaggiati sono
coinvolti nel fallimento dell' “Operazione Barbarossa” e
costretti ad una disastrosa ritirata.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Prezzo pagato: dei 220.000 italiani
partiti per la Russia, circa 100.000 non tornarono.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un'altra ottima occasione di mettersi
in mostra è offerta a Mussolini dalla “Battaglia d'Inghilterra”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Estate 1940: i bombardieri tedeschi si
accaniscono su Londra e si pensa che gli inglesi, colpiti da quella
valanga di fuoco, nonostante una stoica resistenza, debbano, alla
fine, crollare.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E' allora che il duce, non richiesto,
chiede ai tedeschi “l'onore” di partecipare alla mattanza. Viene
così costituito il C.A.I. (Corpo aereo italiano) composto da 180
velivoli tra bombardieri, caccia e ricognitori, che, dopo un
travagliato trasferimento, si installa in 5 areoporti in territorio
belga occupato dai tedeschi e gli viene assegnata una zona
d'operazione che non comprende però Londra. Per due mesi,
dall'ottobre al dicembre 1940, gli uomini del C.A.I., con aerei
tecnicamente superati che i colleghi tedeschi si prestano ad adattare
per l'impiego in un ambiente difficile ben diverso da quello
mediterraneo, e dotazioni inadeguate (combinazioni di volo leggere –
in testa, per protezione, l'elmetto della fanteria...) partecipano ad
azioni di bombardamento contro porti ed altri obbiettivi militari
inglesi che mettono in luce l'abnegazione degli aviatori italiani ed
il loro valore in qualche caso eroico.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma, ciononostante, Rosario Abate, nella
sua “Storia dell'areonautica italiana” - Casa Editrice Bietti
Milano 1974 – scrive di “inconsistenza dei risultati ottenuti”
e definisce il C.A.I. una “operazione dimostrativa di nessuna
utilità pratica” per cui i suoi 34 caduti non arrecarono
all'interventismo del duce beneficio alcuno.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma l'esibizionismo di Mussolini si
mette in mostra anche nella guerra sui mari.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Richiesto, questa volta dall'alleato
tedesco, di partecipare alla lotta sottomarina contro i rifornimenti
americani all'Inghilterra, si affretta ad inviare tra la fine del
1940 e gli inizi del 1941, 32 dei 113 sommergibili costituenti,
all'inizio della guerra, una delle maggiori, se non la maggiore,
flotta subacquea esistente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Superato il doppio ostacolo delle
terribili correnti dello stretto di Gibilterra e dell'occhiuta
sorveglianza della marina inglese, essi riescono a raggiungere la
base denominata “Betasom” sede del comando delle forze italiane
subacquee in Atlantico sorta in Francia a Bordeaux.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Gli innegabii successi ottenuti dai
nostri sommergibili in Atlantico (101 navi affondate per complessive
569.000 tonnellate) furono però considerati inadeguati in confronto
a quelli tedeschi e per questo 10 di essi furono fatti rientrare in
Mediterraneo per scortare i convogli di rifornimenti dall'Italia ai
combattenti in Africa settentrionale. Dei 26 rimasti a “Betason”
16 affondati o dispersi, ed i residui 6 trasformati, verso la fine
della guerra, per la loro maggiore capienza rispetto a quelli
tedeschi, in inediti “sommergibili-cargo”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Destinati, questi, data
l'impossibilità di collegamenti aeri o con navi di superfice, a
raggiungere, con viaggi rocamboleschi, l'Estremo Oriente per
caricare, nei porti conquistati dall'alleato Giappone, quelle materie
prime necessarie all'industria bellica tedesca (come gomma, rame,
stagno, cobalto, mica, lacca, tungsteno, molibdeno, volframio e
simili) sempre più difficili da reperire in Europa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Essi furono coinvolti nell'armistizio
fra Italia e alleati dell'8 settembre 1943: i tre arrivati a
Singapore, (“Torelli”, “Giuliani” e “Cappellini”)
sequestrati dai giapponesi; i due (“Finzi” e “Bagnolini”)
rimasti a “Betasom” catturati alla banchina dai tedeschi; uno (il
“Cagni”), in navigazione per raggiungere Singapore, riesce a
consegnarsi agli inglesi nel porto di Durban in Sud-Africa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Questi alcuni frutti del presenzialismo
mussoliniano: e c'è, ancor'oggi, chi inneggia al duce e alla marcia
su Roma del 28 ottobre 1922.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 19.X.2017
Giovanni Zannini</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-88183418324915647452017-10-05T00:05:00.001-07:002019-05-01T07:44:39.331-07:00QUEI TENTATIVI DI PACE SEPARATA ALLA VIGILIA DEL 25 LUGLIO 1943<div style="margin-bottom: 0cm;">
La “Storia segreta del 25 luglio '43”
di Fulvio e Gianfranco Bellini (Ed.Mursia 1996) che si inserisce
nella infinita storiografia sulla fine del Fascismo in Italia, si
distingue per una ricostruzione dei fatti che appare obbiettiva,
supportata da ricche note e dalla citazione di interessanti documenti
poco conosciuti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Dal libro emerge, tra l'altro, una
singolare differenza di vedute fra quanti durante il secondo
conflitto mondiale ad un certo punto, allorchè si resero conto che
la guerra volgeva al peggio per le truppe dell'Asse Roma-Berlino,
si adoperarono per trattare la pace separata con uno dei nemici, gli
Angloamericani sul fronte occidentale, i Russi su quello orientale.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fu così che nel 1943, a seguito delle
gravi sconfitte culminate con la resa delle armate dell'Asse in
Tunisia (13 maggio 1943) e la sconfitta tedesca nella battaglia di
Stalingrado (31-1-1943) si realizzarono due diversi tentativi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Composito il fronte favorevole a
trattative di pace su fronte occidentale: fra questi, vecchi
esponenti dei partiti prefascisti con a capo Ivanoe Bonomi, gerarchi
come Dino Grandi, presidente della Camera dei Fasci e delle
Corporazioni, ed ambienti vaticani, che effettuano eguali pressioni
sul re Vittorio Emanuele affinchè metta fine all'alleanza con la
Germania ed inizi trattative di pace con gli Anglo-americani.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tentativi falliti perchè il re che non
condivideva il pessimismo dei suoi interlocutori sull'esito della
guerra si dichiarava contrario a rompere l'alleanza con i tedeschi.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La pace separata con la Russia ha,
invece, un convinto sostenitore proprio in Mussolini che già nel
1940, dopo la vittoria sulla Francia, aveva espresso a Hitler il suo
parere contrario ad aprire un secondo fronte trovando però la netta
opposizione del Fuhrer che non tenne alcun conto delle
raccomandazioni dell'alleato e aprì le ostilità contro la Russia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma che, contraddicendosi
clamorosamente, non esitò, a seguito degli iniziali successi
tedeschi (ricordate l'attacco alla Francia allorchè, invasa dai
tedeschi, era allo stremo?) non esitò ad inviare sul fronte russo
gli italiani dell'Armir con le nefaste conseguenze che tutti
conosciamo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Poi però, dinanzi al catastrofico
negativo sviluppo della guerra, nel 1943 il Duce torna alla carica.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Con due lettere dell' 8 e 23 marzo 1943
egli propone a Hitler di “neutralizzare” la Russia con una pace
separata che avrebbe consentito all'Asse di concentrare tutte le
forze sul fronte occidentale e quindi di sconfiggere gli
Angloamericani.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma invano: il dittatore nazista,
nonostante la proposta italiana abbia ottenuto il consenso di alcuni
generali tedeschi, tira dritto e prosegue la guerra contro la Russia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mussolini, allora, consapevole del
pericolo imminente, accetta la proposta del Giappone, alleato nella
triplice Roma-Berlino-Tokio, di intervenire presso il Fuhrer per
convincerlo a fare la pace separata con la Russia: ma anche
l'iniziativa nipponica – vista con sospetto dal dittatore tedesco
timoroso che dietro la proposta di mediazione giapponese si nasconda
chi sa quale trama - cozza contro l'ostinato rifiuto di Hitler che
continua ad illudersi di poter sconfiggere le armate di Stalin.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il 25 luglio 1943 provocherà la fine
di ogni tentativo di pace separata che avrebbe forse potuto
modificare l'esito dell'immane conflitto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 26-9-2017
Giovanni Zannini</div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8166436750711900023.post-3118695664810129782017-08-22T14:00:00.003-07:002017-08-22T14:00:57.163-07:00LA DIFESA ANTIAEREA NEL VENETO DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le città di Venezia e Padova hanno il
triste primato di essere state le città più bombardate dal cielo
durante la prima guerra mondiale.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Venezia subì infatti 42 incursioni con
1029 bombe sganciate da aerei (ma anche da dirigibili) che
provocarono 52 morti e 84 feriti, mentre Padova subì 19 attacchi con
912 bombe sganciate che provocarono 129 morti e 108 feriti nonché
gravi danni agli edifici sia militari che civili, fra questi il Duomo
e la chiesa del Carmine.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A seguito di tali incursioni fu
costituito a Padova, in via Trieste n.30, il Comando della difesa
antiaerea al quale fu affidato l'impegnativo incarico di creare un
sistema di difesa contro quegli attacchi che costituivano, dal punto
di vista bellico, una novità.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Uno dei primi provvedimenti adottati fu
di difesa passiva per allertare la popolazione sull'arrivo degli
incursori onde permetterle di raggiungere i piani bassi o le cantine
delle abitazioni, ed alcuni rifugi ricavati nelle antiche mura
cittadine che si rilevarono inadatti alla bisogna dato l'alto
potenziale degli esplosivi impiegati dal nemico.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In città fu disposto il totale
oscuramento notturno e per la prima volta, dal 1831, data della sua
inaugurazione, il caffè Pedrocchi fu chiuso di notte.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Furono quindi create postazioni sui
campanili e su alti edifici donde le vedette, avvistati gli incursori
davano l'allarme con conseguenti suoni di campane, sirene e scoppio
di razzi.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Successivamente si pensò ad una difesa
attiva utilizzando in qualche modo le armi dell'epoca adattate alla
bisogna, impiantando fortunosamente su trespoli e cavalletti
rudimentali fucili, mitragliatrici ed anche cannoncini puntati verso
l'alto, con quale risultato è facile immaginare. Solo più tardi,
sul finire del conflitto, furono assegnati al campo d'aviazione
ricavato dalla piazza d'armi, l'attuale “Allegri”, alcuni aerei
da caccia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A Venezia si scoprì che per la difesa
antiaera si potevano utilizzare le “altane”, quelle
caratteristiche</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
terrazze costituite da una piattaforma
di assi di legno retta da pilastrini poste nella parte più alta
degli edifici, sulle quali i veneziani salgono per ammirare il
panorama della loro meravigliosa città o prendere il fresco nelle
calde notti d'estate.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ebbene, quelle amene strutture
(“fastigium imbelle” - ossia pacifica vetta - si legge nella
medaglia coniata per solennizzare l'avvenimento) furono trasformate,
a seguito di “Norme per l'esecuzione del tiro di fucileria contro
aeroplani e dirigibili” emanate nel 1917 dal Comando Supremo, in
basi per la difesa antiaerea. Molte di esse furono infatti
presidiate da plotoni di fucilieri che all'arrivo degli incursori
aprivano contemporaneamente il fuoco creando così un “bordata”,
una rosa di proiettili che aumentava la probabilità di colpire il
bersaglio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'arma utilizzata fu soprattutto
l'ottimo fucile mod.91 dotato di gittata molto lunga, adattato ad uso
contraereo applicando sullo zoccolo dell'alzo ordinario una mira a
tre tacche studiata per colpire i velivoli in avvicinamento, in
allontanamento, e proveniente da destra o da sinistra.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Circa l'utilizzo del fucile in funzione
antiaerea, si ricorda che l'aereo dell'eroico Baracca fu abbattuto
sul Montello proprio dalla fucilata partita da un trincea austriaca,
e, inoltre, che “fucili antiaerei”, certamente più evoluti
rispetto a quelli del primo conflitto mondiale, furono utilizzati
dagli inglesi anche nel secondo durante la strenua difesa di
Londra contro i bombardieri tedeschi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Padova 25-5-2017
Giovanni Zannini
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
LA DIFESA aerea
</div>
Giovanni Zanninihttp://www.blogger.com/profile/04980422213202921128noreply@blogger.com0