Le città di Venezia e Padova hanno il
triste primato di essere state le città più bombardate dal cielo
durante la prima guerra mondiale.
Venezia subì infatti 42 incursioni con
1029 bombe sganciate da aerei (ma anche da dirigibili) che
provocarono 52 morti e 84 feriti, mentre Padova subì 19 attacchi con
912 bombe sganciate che provocarono 129 morti e 108 feriti nonché
gravi danni agli edifici sia militari che civili, fra questi il Duomo
e la chiesa del Carmine.
A seguito di tali incursioni fu
costituito a Padova, in via Trieste n.30, il Comando della difesa
antiaerea al quale fu affidato l'impegnativo incarico di creare un
sistema di difesa contro quegli attacchi che costituivano, dal punto
di vista bellico, una novità.
Uno dei primi provvedimenti adottati fu
di difesa passiva per allertare la popolazione sull'arrivo degli
incursori onde permetterle di raggiungere i piani bassi o le cantine
delle abitazioni, ed alcuni rifugi ricavati nelle antiche mura
cittadine che si rilevarono inadatti alla bisogna dato l'alto
potenziale degli esplosivi impiegati dal nemico.
In città fu disposto il totale
oscuramento notturno e per la prima volta, dal 1831, data della sua
inaugurazione, il caffè Pedrocchi fu chiuso di notte.
Furono quindi create postazioni sui
campanili e su alti edifici donde le vedette, avvistati gli incursori
davano l'allarme con conseguenti suoni di campane, sirene e scoppio
di razzi.
Successivamente si pensò ad una difesa
attiva utilizzando in qualche modo le armi dell'epoca adattate alla
bisogna, impiantando fortunosamente su trespoli e cavalletti
rudimentali fucili, mitragliatrici ed anche cannoncini puntati verso
l'alto, con quale risultato è facile immaginare. Solo più tardi,
sul finire del conflitto, furono assegnati al campo d'aviazione
ricavato dalla piazza d'armi, l'attuale “Allegri”, alcuni aerei
da caccia.
A Venezia si scoprì che per la difesa
antiaera si potevano utilizzare le “altane”, quelle
caratteristiche
terrazze costituite da una piattaforma
di assi di legno retta da pilastrini poste nella parte più alta
degli edifici, sulle quali i veneziani salgono per ammirare il
panorama della loro meravigliosa città o prendere il fresco nelle
calde notti d'estate.
Ebbene, quelle amene strutture
(“fastigium imbelle” - ossia pacifica vetta - si legge nella
medaglia coniata per solennizzare l'avvenimento) furono trasformate,
a seguito di “Norme per l'esecuzione del tiro di fucileria contro
aeroplani e dirigibili” emanate nel 1917 dal Comando Supremo, in
basi per la difesa antiaerea. Molte di esse furono infatti
presidiate da plotoni di fucilieri che all'arrivo degli incursori
aprivano contemporaneamente il fuoco creando così un “bordata”,
una rosa di proiettili che aumentava la probabilità di colpire il
bersaglio.
L'arma utilizzata fu soprattutto
l'ottimo fucile mod.91 dotato di gittata molto lunga, adattato ad uso
contraereo applicando sullo zoccolo dell'alzo ordinario una mira a
tre tacche studiata per colpire i velivoli in avvicinamento, in
allontanamento, e proveniente da destra o da sinistra.
Circa l'utilizzo del fucile in funzione
antiaerea, si ricorda che l'aereo dell'eroico Baracca fu abbattuto
sul Montello proprio dalla fucilata partita da un trincea austriaca,
e, inoltre, che “fucili antiaerei”, certamente più evoluti
rispetto a quelli del primo conflitto mondiale, furono utilizzati
dagli inglesi anche nel secondo durante la strenua difesa di
Londra contro i bombardieri tedeschi.
Padova 25-5-2017
Giovanni Zannini
LA DIFESA aerea