Francesco Gesualdi, autore di “Catene del debito e
come possiamo spezzarle” così definisce su “Avvenire” del 12-9-us. l’attuale situazione economica italiana.
A suo parere, infatti, la crisi è
determinata dagli interessi da pagare
sul debito pubblico (i titoli di stato) che assorbono quasi completamente le
entrate cosicchè poco, anzi, pochissimo,
rimane nelle sua casse da dedicare alle manovre
di politica economica.
Per comprendere il suo punto di vista, pensiamo ad
un capofamiglia che abbia contratto un mutuo per l’acquisto della casa, ed anche un contratto di assicurazione sulla
vita per il caso che la sua morte improvvisa metta in pericolo la sussistenza della
propria famiglia.
Fino a che il
contratto di mutuo sarà in corso, una gran parte del reddito di quel
capofamiglia sarà destinato a pagare le rate dovute.
Ma allorchè quel debito sarà stato finalmente
estinto, ecco che il capofamiglia avrà a disposizione l’importo fino ad allora
destinato a pagarlo, e lo potrà utilizzare per migliorare, con una gestione
attenta e responsabile, le condizioni di
vita della propria famiglia.
Ma la polizza sulla vita? Certo, il capofamiglia
dovrebbe continuare a pagare le rate di
quel debito che però, essendo
assai minore di quello del mutuo sulla casa, gli consentirà di utilizzare la
maggior parte del risparmio derivatogli dall’estinzione del debito principale per la
casa.
Lo stesso accadrebbe sul piano pubblico se lo stato
potesse liberarsi, anche se non totalmente (dato che, così nel privato come nel
pubblico, l’esistenza di un modesto debito è fisiologico) dal peso enorme degli
interessi che esso deve pagare a chi gli ha prestato i soldi acquistando Bot e
CCT.
Ed ove ciò si verificasse lo stato potrebbe
finalmente disporre dei miliardi necessari per migliorare la pubblica
istruzione, la sanità, l’ assistenza, le pensioni e, di attualità, per effettuare quei lavori pubblici necessari per evitare il
dissesto del suolo che provoca micidiali allagamenti e spreco di pubblico
denaro.
Occorre che, gradualmente, allo scadere di Bot e
CCT lo Stato non sia costretto ad
emetterne altrettanti evitando che, una volta pagato un debito, se ne debba subito contrarre uno
nuovo.
Ma come può lo Stato finanziare le proprie spese senza
i quattrini che incassa vendendo Bot e CCT?
Riducendo le spese con una politica decisa e
coraggiosa vendendo, ad esempio, i propri immobili inutilizzati (come le
caserme, che a Padova abbondano);
eliminando spese per enti inutili come il C.N.E.L. (Comitato Nazionale
per l’Energia ed il Lavoro che non si sa bene a cosa serva), ed anche quelle
per il Senato della Repubblica che andrebbe eliminato e non trasformato in Camera delle
Regioni, dato che allo scopo basterebbe un organismo molto meno numeroso,
snello, moderno ed efficiente; riducendo il numero dei parlamentari ed i
compensi loro e quelli di quell’altra miriade di pubblici amministratori; aggredendo
pensioni d’oro scandalose che dovrebbero essere sottoposte ad un alto
regime di tassazione destinando il risparmio relativo al rafforzamento del personale per combattere
l’evasione fiscale, e così via, lasciando a partiti, enti, associazioni ed
anche a singoli cittadini di individuare e denunciare spese e sprechi da
eliminare. E perché non pensare ad un premio (magari da calcolarsi sulle
pensioni future, per non aggravare ulteriormente i bilanci) per chi li abbia evidenziati ed aiutato ad eliminarli?
Anche le amministrazioni locali dovrebbero fare la
loro parte: ferme le spese intoccabili per sanità, istruzione ed assistenza, si
rinunci a ciò che sarebbe bello realizzare qualora se se ne avessero le
possibilità. Per venire a noi: siamo certi di aver bisogno di un nuovo polo sanitario
quando già la città dispone di un complesso ospedaliero che funziona bene e che
potrebbe funzionare ancor meglio solo con qualche modesto intervento?
Oltrettutto si eviterebbe un’ ulteriore cementificazione del territorio
comunale. Molto bella la sistemazione di via Porciglia e di Piazza Eremitani, ma
forse si sarebbe potuto tirare avanti con la viabilità esistente, e destinare quei fondi agli asili
e ad altri enti assistenziali.
Ma, accanto a questi provvedimenti di finanza
pubblica, occorre anche rivedere le nostre abitudini di privati cittadini
instaurando un tenore di vita sobrio, diverso da quello del passato che
è stato superiore alle nostre reali possibilità,
destinando il nostro denaro a saggi acquisti e non ad un vacuo consumismo.
Sono, questi, discorsi difficili, che solo politici
ed amministratori generosi, attenti più al bene della società che non alla propria carriera (ed alle
prebende connesse), e non generatori di spesa per acquisire consenso (e voti), ma
disposti a non assecondare richieste sbagliate, dovrebbero fare. Ed è di questi
politici ed amministratori che abbiamo tanto, tanto bisogno.
Giovanni Zannini