Negli ultimi anni la ricchezza che pur
si è prodotta in Italia ha avuto una distribuzione anomala: infatti
essa è andata ad arricchire i pochi che già lo sono raggiungendo
solo in minima parte gli italiani meno abbienti, alcuni dei quali
hanno avuto addirittura una riduzione delle loro già scarse risorse.
Perciò una politica sociale veramente
attenta dovrebbe dedicarsi oggi alla redistribuzione della ricchezza
per trasferirne una parte da quella minoritaria più ricca a quella
più vasta dei poveri.
Si tratta allora di studiare le
modalità per dare soluzione pacifica a questo problema opponendosi a
prevedibili resistenze egoistiche con la forza della legge, evitando
così il rischio che il risentimento sociale ricorra,
malauguratamente, ad altre vie.
Tra i possibili mezzi vi è certamente
la riforma del mercato del lavoro con la realizzazione della
partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle
aziende in cui lavorano: in tal modo verrebbe infatti a realizzarsi
quel trasferimento di una parte di ricchezza prodotta dall'azienda,
che non andrebbe più esclusivamenre a favore del datore di lavoro,
ma anche dei suoi dipendenti.
Incredibilmente, solo pochissimi si
sono accorti che questa importante riforma era stata realizzata
dalla legge n.92/ 2012 - meglio conosciuta come ”legge Fornero”
- approvata dal parlamento e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
del 3/7/2012.
Essa prevedeva all'art.4 che “al fine
di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di
informazione e consultazione dei lavoratori, nonchè alla
partecipazione dei dipendenti agli utili ed al capitale, il Governo
(Monti – ndr) è delegato ad adottare, entro 9 mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, uno o più decreti legislativi
finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori
nell'impresa nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi”
precisati in 7 punti redatti sul modello della “Cogestione”
tedesca.
Malauguratamente i decreti legislativi
destinati a dare pratica attuazione alla legge non furono emessi nei
prescritti 9 mesi ed essa, per l'inerzia del Ministero proponente e
la mancata vigilanza di politici e sindacalisti, fatalmente decadde.
Vi è però da augurarsi che il
prossimo governo riprenda l'argomento cosicchè l'art.46 della
Costituzione - ...”La Repubblica riconosce il diritto dei
lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle
leggi, alla gestione delle aziende” - che dopo 70 anni è ancora
inattuato, diventi finalmente, da mero programma, una concreta
realtà.
Padova 3 marzo 2018
Giovanni Zannini