Su “Avvenire” del 5 luglio 2011
Roberto Festorazzi apriva con un titolo forte - “1940, il tradimento di Churchill” - un suo articolo a commento di documenti dello Stato Maggiore Francese dell’epoca reperiti dai tedeschi a Charité
sur Loire, in Borgogna, in un vagone abbandonato dai francesi nella ritirata
del maggio 1940 culminata nella storica evacuazione di Dunkerque.
Il testo dell’articolo è un esplicito atto di accusa contro Churchill
per il suo comportamento in occasione della tremenda battaglia svoltasi in Francia ove i
francesi combatterono fianco a fianco
con gli inglesi del BEF, il “British Expeditionary Force” ( corpo di spedizione inglese).
Si ritiene opportuno, allo scopo di consentire un giudizio più equo,
non basato esclusivamente sulla versione di una delle parti in causa, riportare
anche quanto emerge sull’argomento dal
3° volume – intitolato “Il crollo
della Francia” - della “Storia della
seconda guerra mondiale”, l’opera in 12
volumi di Churchill, che gli valse nel 1953 il premio Nobel per la letteratura.
Emerge da quelle pagine la
situazione in atto in Francia nel maggio 1940 a seguito della clamorosa,
improvvisa offensiva, condotta con una tecnica militare sin ad
allora inedita ( il ”blitz-krieeg”)
con la quale migliaia di carri armati tedeschi, violata la frontiera belga nelle Fiandre - considerate un ostacolo naturale insormontabile
da pesanti mezzi motorizzati, e per questo debolmente protetta - erano dilagati,
aggirando la “linea Maginot”, in Francia, nel riuscito tentativo di dividerla in due.
Per reagire all’attacco tedesco, per bloccare e poi eliminare la
gigantesca infiltrazione avversaria verificatasi a nord ed a sud di Sedan su di
un fronte di 50 o 60 miglia che avanzava
a velocità, scrive Churchill, “inaudita” verso Amiens e Arras, fu studiato dagli stati
maggiori alleati il “piano Weigand”.
Eccolo, documentato nell’opera dello statista inglese:” 1)
l’esercito belga si ritiri sulla linea dell’Yser e vi si attesti, poiché si
apriranno le chiuse. 2)L’esercito britannico e la 1° armata francese attacchino in direzione sud ovest verso
Bapaume e Cambrai al più presto, al massimo domani, con circa otto divisioni e
il corpo di cavalleria belga sull’ala destra britannica. 3) Essendo questa
battaglia decisiva per i due eserciti e
dipendendo le comunicazioni britanniche
dalla liberazione di Amiens, le forze aeree britanniche dovranno fornire il massimo aiuto
possibile tanto di giorno quanto di notte
per tutta la sua durata. 4) Il nuovo corpo d’armata francese formante una linea
lungo la Somme, in marcia verso Amiens, dovrà puntare a nord e stabilire i
contatti con le divisioni britanniche
attaccanti nella direzione generale di Bapaume”.
In sostanza, l’infiltrazione tedesca sarebbe stata aggredita su due fronti, a nord dagli
anglo-francesi, da sud da una nuova armata francese agli ordini del gen.Frère formata
da 18 a 20 divisioni tratte dall’Alsazia, dalla Maginot, dall’Africa e un po’
da ogni dove.
Purtroppo, scrive Churchill, “mancando una suprema direzione della
condotta di guerra, gli avvenimenti e il nemico avevano assunto il controllo
della situazione”, ed a questo punto si
innesta la polemica fra il primo ministro inglese e quello francese.
Secondo il primo, infatti, gli inglesi,
in attuazione del piano concordato, si erano mossi in direzione
sud-ovest per aprirsi a viva forza la strada
per unirsi ai francesi del sud che avrebbero dovuto marciare verso nord.
Ma, a causa delle difficoltà di collegamento tra i comandi dei tre eserciti impegnati
nell’offensiva (francese, inglese, belga),
gli inglesi del BEF si trovarono soli ad affrontare forze nemiche
enormemente superiori.
Scrive Churchill: a nord “l’aiuto francese sul fianco orientale non si
fece minimamente sentire, e su quello occidentale si limitò ad una divisione motorizzata
leggera”, mentre, a sud, ” …Il generale Weygand
era sotto l’impressione che
l’esercito del gen. Frère avanzasse verso il nord e avesse già preso Amiens,
Albert e Péronne. In realtà quelle
truppe non s’erano ancora mosse, o quasi, e stavano ancora formandosi ed
organizzandosi…”.
Ecco perché gli inglesi, rimasti soli, dopo un violentissimo drammatico
scontro, furono costretti a ripiegare per non essere accerchiati e catturati:
non tradimento dunque vi fu, nei confronti dei francesi, sibbene “una forzata
manovra di salvataggio di fronte ad un contrattacco germanico con forze
numericamente superiori ed il pieno concorso dell’arma aerea”.
La minuta del telegramma – citato nell’articolo di Roberto Festorazzi -
che Reynaud avrebbe inviato a Churchill
invitandolo a trasferire sul continente tutti i 500 velivoli inglesi destinati alla difesa dell’isola
evidenzia la diversità dei punti di
vista francese e inglese sull’esito finale del conflitto.
Mentre infatti Reynaud riteneva
che la sconfitta nella battaglia della Somme e dell’Oise avrebbe
determinato la fine dell’Inghilterra e della Francia, per cui occorreva gettare
nella lotta ogni risorsa, anche rischiando la catastrofe, Churchill riteneva
che quand’anche la battaglia fosse stata persa la lotta avrebbe dovuto
continuare. Disposto, aggiungeva, anche nel caso in cui i tedeschi avessero
conquistato la Gran Bretagna, a
continuare la lotta addirittura dal lontano Canada così come la Francia che, sconfitta in patria,
avrebbe dovuto proseguire la lotta dall’Algeria
che era pur sempre territorio francese
“d’oltremare”, combattendo con la sua flotta ancora intatta e potente, e,
nella madrepatria, con la guerriglia.
Era dunque assurda la richiesta
di Reynaud di trasferire sul campo di battaglia francese “500 aeroplani
da caccia… e tutta l’aviazione da bombardamento” che avrebbe lasciato il territorio inglese totalmente sguernito
alla mercè dei bombardieri tedeschi.
Ma nonostante l’esigenza di non ridurre ulteriormente le squadriglie di
caccia considerate dagli inglesi vitali per la difesa aerea del loro territorio,
Churchill, da Parigi ove si trovava per consultazioni con i francesi in quella
drammatica contingenza, chiese ed ottenne dal governo inglese di gettare nella
tremenda battaglia altri velivoli.
“Immediatamente” scrive “corsi in automobile con Ismay all’appartamento di
Reynaud che trovammo immerso nelle
tenebre. Dopo qualche minuto Reynaud
uscì in vestaglia dalla sua camera da letto ed io gli comunicai la lieta novella: dieci
squadriglie da caccia! Lo indussi quindi a chiamare Daladier che fu mandato a
prendere perché sentisse la decisione
presa dal gabinetto britannico. Così pensavo di ravvivare gli spiriti dei
nostri amici francesi entro i limiti dei nostri mezzi modesti. Daladier, capo del ministero della guerra francese non aprì bocca. Si alzò lentamente dalla
poltrona e mi strinse con forza la
mano”. Un quadro desolante e angoscioso della Francia in ginocchio.
La storia ha premiato il punto
di vista “resistenziale” di Churchill su quello “catastrofista” francese che considerava
l’eventuale disfatta nella tremenda battaglia in atto la tomba di ogni libertà
e l’inizio di un’epoca oscura per l’Europa sotto il tallone di Hitler.
Resta da chiedersi se la versione dei fatti riferita da Churchill, che
contrasta con quella francese emergente dalle carte di Charité sur Loire, sia attendibile.
Il Premio Nobel per la letteratura assegnato nel 1953 a Winston Churchill per la sua
monumentale opera basata su documentazione ineccepibile d’archivio costituisce,
per l’autorevolezza dell’organo che lo
ha attribuito, un sufficiente indizio di obbiettività e di onestà intellettuale.
Giovanni
Zannini