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ADUA E LE DONNE
Un servizio sulla “Stampa” del 27
marzo 1897 svela un particolare interessante relativo alla battaglia
di Adua che l'1 marzo 1896 vide la sconfitta della armi italiane ad
opera dell'esercito dell'Imperatore d'Etiopia.
Vi si legge infatti che quando il
gen.Baratieri, comandante delle truppe italiane - con mossa
improvvisa, prima dell'arrivo del gen. Baldissera destinato a
sostituirlo, cosa da lui considerata offensiva - decise,
imprudentemente, di passare all'attacco , Menelik conosceva ogni
particolare sull'organizzazione e sulla consistenza dell'esercito
italiano. Come mai?
Egli aveva da tempo ordinato a “buon
numero di donne abissine di recarsi nel territorio italiano e quivi,
per mezzo di relazioni intime coi soldati di re Umberto, esse
compirono perfettamente il servizio di spionaggio”. Cosicchè,
mentre Baratieri si mise in marcia dall'Eritrea verso il sud per
conquistare l'Abissinia, “ ignorando completamente la disposizione
degli eserciti abissini ed il valore dei suoi soldati”, Menelik, al
contrario, conosceva tutti i segreti dell'esercito italiano:
l'ammontare della truppa, il numero delle bocche da fuoco, il morale
delle truppe nemiche...Oltre a ciò i rumori di discordia fra i
diversi ras erano semplici tranelli...”.
Assai importante fu il contributo che
alla vittoria diede la moglie di Menelik, la principessa Taitù Batùl
che, nata da una nobile famiglia etiope, dopo 4 matrimoni falliti,
aveva sposato l'imperatore Menelik II assumendo in tal modo il
titolo di Imperatrice d'Etiopia. Come tale, dotata di un forte
carattere decisionale, aveva molto influito sulla politica del
marito manifestando un atteggiamento conservatore contrario ad ogni
apertura al modo di vivere occidentale.
Dotata di un carattere bellicoso niente
male, nella campagna contro gli italiani era sempre stata - come le
altre donne che, per consuetudine abissina, seguivano i capi
dell'esercito loro mariti in guerra - a fianco dell'Imperatore.
Ed in occasione della battaglia di Adua
era rimasta in prima linea collaborando per il miglior esito delle
manovre, suggerendo le decisioni da prendere, spronando i soldati
impegnati nel combattimento, addirittura regolando il tiro di una
batteria di cannoni. Si dice che, in un momento in cui l'esito della
battaglia pareva incerto, avesse spronato i suoi soldati urlando”
Coraggio! Perchè avete paura? Che vi è preso? Oggi la vittoria è
nostra! Colpite senza pietà!”.
E molti italiani affermarono che
principali protagoniste della sconfitta di Adua furono le donne:
quelle che sedussero i nostri soldati
carpendo loro preziose informazioni, e la loro Imperatrice.
Energica, volitiva, feroce: si fece
pagare con la bella cifra di quattro milioni di lire la liberazione
dei prigionieri, mentre agli ascari che si erano battuti a fianco
degli italiani fece mozzare la mano destra ed il piede sinistro, il
prezzo del loro tradimento.
Ma anche donna - e, si dice, bella –
dotata di un cuore aperto al richiamo dell'amore: e fu proprio un
prigioniero italiano a suscitare la sua passione.
Come scrive Franco Pasanisi su
“Palermoparla online” diretto da Germano Scargiali, l'Imperatrice
che aveva restituito all'Italia, come si visto, i prigionieri
fatti in guerra, ne aveva però trattenuti un paio che facevano al
caso suo: Sebastiano Castagna che, chiamato “L'ingegnere bianco”,
divenne direttore generale nel Ministero etiope dei Lavori Pubblici;
e Salvatore Bertolani che, pur avendo competenze meno importanti
nell'ufficio postale di Addis Abeba, aveva però il pregio di essere
“un fusto con baffi all'Umberto, scuro di carnagione, sempre
elegante e forbito nella loquela” e, per di più, siciliano.
Pregi tutti che, favoriti dalla non
buona salute di Menelik costretto nelle sue stanze, accesero la
passione dell'Imperatrice che, accantonata per l'occasione la sua
fobia per l'occidente, si protrasse per parecchi mesi e si concluse
con il rietro in patria del Bertolani.
Una piccola rivincita del fascino dei
maschi italiani sulla violenza delle armi abissine.
Padova 20-4-2020.
Giovanni
Zannini