giovedì 17 settembre 2020

Recentissime dell'altro ieri - ADUA E LE DONNE

Recentissime dell'altroieri

ADUA E LE DONNE


Un servizio sulla “Stampa” del 27 marzo 1897 svela un particolare interessante relativo alla battaglia di Adua che l'1 marzo 1896 vide la sconfitta della armi italiane ad opera dell'esercito dell'Imperatore d'Etiopia.

Vi si legge infatti che quando il gen.Baratieri, comandante delle truppe italiane - con mossa improvvisa, prima dell'arrivo del gen. Baldissera destinato a sostituirlo, cosa da lui considerata offensiva - decise, imprudentemente, di passare all'attacco , Menelik conosceva ogni particolare sull'organizzazione e sulla consistenza dell'esercito italiano. Come mai?

Egli aveva da tempo ordinato a “buon numero di donne abissine di recarsi nel territorio italiano e quivi, per mezzo di relazioni intime coi soldati di re Umberto, esse compirono perfettamente il servizio di spionaggio”. Cosicchè, mentre Baratieri si mise in marcia dall'Eritrea verso il sud per conquistare l'Abissinia, “ ignorando completamente la disposizione degli eserciti abissini ed il valore dei suoi soldati”, Menelik, al contrario, conosceva tutti i segreti dell'esercito italiano: l'ammontare della truppa, il numero delle bocche da fuoco, il morale delle truppe nemiche...Oltre a ciò i rumori di discordia fra i diversi ras erano semplici tranelli...”.

Assai importante fu il contributo che alla vittoria diede la moglie di Menelik, la principessa Taitù Batùl che, nata da una nobile famiglia etiope, dopo 4 matrimoni falliti, aveva sposato l'imperatore Menelik II assumendo in tal modo il titolo di Imperatrice d'Etiopia. Come tale, dotata di un forte carattere decisionale, aveva molto influito sulla politica del marito manifestando un atteggiamento conservatore contrario ad ogni apertura al modo di vivere occidentale.

Dotata di un carattere bellicoso niente male, nella campagna contro gli italiani era sempre stata - come le altre donne che, per consuetudine abissina, seguivano i capi dell'esercito loro mariti in guerra - a fianco dell'Imperatore.

Ed in occasione della battaglia di Adua era rimasta in prima linea collaborando per il miglior esito delle manovre, suggerendo le decisioni da prendere, spronando i soldati impegnati nel combattimento, addirittura regolando il tiro di una batteria di cannoni. Si dice che, in un momento in cui l'esito della battaglia pareva incerto, avesse spronato i suoi soldati urlando” Coraggio! Perchè avete paura? Che vi è preso? Oggi la vittoria è nostra! Colpite senza pietà!”.

E molti italiani affermarono che principali protagoniste della sconfitta di Adua furono le donne:

quelle che sedussero i nostri soldati carpendo loro preziose informazioni, e la loro Imperatrice.

Energica, volitiva, feroce: si fece pagare con la bella cifra di quattro milioni di lire la liberazione dei prigionieri, mentre agli ascari che si erano battuti a fianco degli italiani fece mozzare la mano destra ed il piede sinistro, il prezzo del loro tradimento.

Ma anche donna - e, si dice, bella – dotata di un cuore aperto al richiamo dell'amore: e fu proprio un prigioniero italiano a suscitare la sua passione.

Come scrive Franco Pasanisi su “Palermoparla online” diretto da Germano Scargiali, l'Imperatrice che aveva restituito all'Italia, come si visto, i prigionieri fatti in guerra, ne aveva però trattenuti un paio che facevano al caso suo: Sebastiano Castagna che, chiamato “L'ingegnere bianco”, divenne direttore generale nel Ministero etiope dei Lavori Pubblici; e Salvatore Bertolani che, pur avendo competenze meno importanti nell'ufficio postale di Addis Abeba, aveva però il pregio di essere “un fusto con baffi all'Umberto, scuro di carnagione, sempre elegante e forbito nella loquela” e, per di più, siciliano.

Pregi tutti che, favoriti dalla non buona salute di Menelik costretto nelle sue stanze, accesero la passione dell'Imperatrice che, accantonata per l'occasione la sua fobia per l'occidente, si protrasse per parecchi mesi e si concluse con il rietro in patria del Bertolani.

Una piccola rivincita del fascino dei maschi italiani sulla violenza delle armi abissine.


Padova 20-4-2020. Giovanni Zannini

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