Un mattino della primavera 1945 era
arrivata una compagnia di alpenjager tedeschi in ritirata. Grande lo
spavento delle donne e dei vecchi, gli unici rimasti in paese: gli
altri, i giovani, i “renitenti alla leva”, alla coscrizione
obbligatoria emanata dalla Repubblica Sociale di Mussolini, rifugiati
nella montagna circostante con i partigiani.
Il comandante, un capitano, si era
installato con gli ufficiali nella “Trattoria con alloggio al
Bersagliere”, la truppa si era attendata nella radura circostante
il paese.
Tutta gente, sia il comandante che i
suoi uomini, stanchi di violenza e di lotta, desiderosa solo di una
breve pausa prima di riprendere il cammino verso un futuro che si
faceva ogni giorno più oscuro.
Così la giornata era trascorsa
tranquilla, i soldati ne avevano approfittato per lavare se stessi ed
i loro panni nel torrentello che scorreva vicino al paese e vi fu
anche qualche donna che offrì loro un po' di pane fresco o un
bicchiere di vino, mica per “intelligenza” col nemico, che era
sempre tale, ma per pietà per qualcuno di quei ragazzi che di anni
potevano averne diciotto o poco di più, e che erano anche loro figli
di mamma.
La notte passa senza intoppi, ma
l'indomani è la tragedia.
Nel bosco hanno trovato un giovane
tedesco con la testa fracassata da una violenta legnata: si era
evidentemente allontanato per le sue necessità fisiologiche, ed ora
giaceva là, in un mare di sangue, con i pantaloni ancora abbassati.
E come in uno spettacolo dalle tinte
fosche, la scena muta ed è il trionfo della vendetta.
Il capitano, che sotto una maschera di
freddezza, cova l'odio, emette l'ordinanza:” Un uomo dell'esercito
tedesco, solo ed indifeso è stato ucciso a tradimento. Il colpevole
sarà passato per le armi. Se nessuno si presenterà entro 24 ore,
10 uomini saranno fucilati e il paese incendiato”.
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Nella casera dei Segato, sulla montagna
poco sopra il paese, dov'è un piccolo gruppo di partigiani c'è il
finimondo.
“Ma chi è quel mona che ha combinato
sto disastro” urla Jaco, studente del quarto anno di legge, che per
essere “studiato”, è il capo, “bisognava aiutarli ad andarsene
fuori dei piedi, questi maledetti tedeschi, e adesso, invece, li
abbiamo fermati e ci ammazzano. Ecco il guadagno di aver fatto
fuori un poverocristo che non desiderava altro che tornarsene a casa
sua!”
E Meno, vaccaro:” Se quello salta
fuori, prima che i tedeschi lo sparino, lo copo mi”.
Tutti parlano, ognuno dice la sua, la
confusione è massima.
“Basta!” urla allora Jaco, “qui
il tempo passa e bisogna prendere una decisione. Se il colpevole è
tra noi, se è un uomo, si faccia avanti e poi si presenti ai
tedeschi”.
E' il gelo: alla confusione è
subentrato un silenzio irreale. Tutti si guardano l'un l'altro, con
sospetto.
Nessuno si muove.
Il silenzio lungo, interminabile, è
alla fine rotto da Jaco:” Allora tra noi c'è un vigliacco. Ma
adesso, cosa facciamo? Lasciamo morire i nostri padri e i nostri
nonni? Facciamo bruciare le nostre case?”.
La bagarre riprende: tutti dicono la
loro,ma non se ne cava nulla. E il tempo passa.
Si alza il Cecon, sensale di dubbia
fama, perchè alcuni ricordavano , fra l'altro, di quella volta che
aveva fatto comperare al Nane una vacca garantendo che era “sana de
fià” mentre non lo era affatto, e il mese dopo morì: ”Siamo in
guerra” dice “ La guerra cancella la differenza fra il bene e il
male. Quella che in pace è una cattiva azione, in guerra può
diventar buona. Occorre scegliere il male minore “.
“E allora”, lo sollecita Jaco,
“cosa vuoi dire? Qui ci vogliono proposte, non filosofia”. ,
Il Cecon esita, poi prende coraggio e
sbotta:” Ghe saria el “Baùco...”.
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Era lo scemo del paese. Figlio senza
padre, era stato allevato dalla madre con grandi sacrifici ma aveva
ben presto manifestato un deficit intellettivo dinanzi al quale, in
quei tempi tristi, non c'era che arrendersi. Era cresciuto sano di
corpo, ben sviluppato, ma non ci stava con la testa. La sua malattia
si aggravò con la perdita della madre che lo lasciò solo al mondo,
affidato solo alla pietà dei paesani. Chi gli dava un piatto di
minestra, chi gli lavava i panni, chi, quando faceva freddo, lo
faceva dormire in una cuccia nel caldo della stalla, chi gli dava
ogni tanto una bella strigliata perchè lui non si lavava neppure la
faccia. Con il passare del tempo, un po' per la vitaccia che
conduceva, un po' perchè, probabilmente, quel padre che se l'era
data a gambe dopo aver ingravidato la ragazza, non doveva essere
stato propriamente un gentiluomo, aveva assunto un aspetto poco
raccomandabile, e la faccia coperta da una barba nera, lunga e
disordinata, non prometteva nulla di buono. Ma non faceva male a una
mosca. Poteva capitare, ad esempio, di trovartelo davanti, in
strada, a pretendere, con aria minacciosa, “dame do schei”, ma se
l'altro, che lo conosceva, gli diceva, bonario, “va là, Bauco,
cori!”, lui se ne andava via tranquillamente, con la coda tra le
gambe, perchè era uno scemo obbediente.
Ma chi non lo conosceva, con la faccia
che aveva, avrebbe potuto prender paura.
Obbediente, ma anche troppo, perchè
talora dei ragazzi senza cervello e senza cuore gli dicevano di fare
delle cose come, ad esempio, la pipì sulla porta di qualche
negozio o sollevare le gonne a qualche anziana signora, che gli
rompeva sulla testa l'ombrellino.
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A quelle parole, nella casera ripiomba
il silenzio. Prosegue il Cecon, che ha preso coraggio: ”Si,
mandiamo il Baùco dai tedeschi, e facciamogli dire che è stato lui.
Purtroppo, nella drammatica situazione in cui ci troviamo, dobbiamo
fare una scelta: vale più l'esistenza di uno che non capisce niente,
che non serve a nulla, o quella di 10 uomini che il cervello ce
l'hanno, e il rischio delle nostre case in fiamme?”.
Il chiasso riprende:”No, è una
vigliaccata”, “No, è come se lo ammazzassimo noi: non ci sto”,
“No, non merita di essere ammazzato come un cane”, “No, non ha
mai fatto male a nessuno”, “Se lo fanno fuori, ce l'avremo sulla
coscienza per tutta la vita”.
Ma, lentamente, il dubbio, la paura,
l'interesse, l'egoismo, l'attaccamento alla vita, prendono piede:
certo, è una cosa vile, ma è il male
minore, e allora....
Jaco, il capo, taglia corto:” Votiamo
e ognuno si prenda le sue responsabilità. Chi vota SI, manda il
Baùco a farsi ammazzare, chi NO, lo salva”.
E ha inizio la conta, altalenante: si
giunge a 15 SI e 15 NO. I votanti sono 31, quindi a decidere sulla
vita del Baùco sarà l'ultimo voto, quello del Cecon, che, senza
esitare, dice SI.
Quelli del NO protestano, afferrano lo
sten e lo puntano minacciosamente verso gli altri, ma Jaco li ferma:
è la maggioranza, ragazzi, c'è poco da protestare.
E va bene, si arrendono, ma loro il
Bauco non lo manderanno mai al macello. D'accordo, dice il Cecco, ci
penso io.
Scrive su di un pezzo di carta:” Il
tedesco l'ho ammazzato io”, ci fa sotto uno sgorbio, lo mette in
una busta, la chiude, e la consegna alla Marietta, una donna sulla
cinquantina che vive con loro e fa la cuoca. Scenda al paese, gli
dice il Cecon, cerchi il Baùco, e gli consegni la busta, che la
porti ai tedeschi, al “Bersagliere". Gli dica che gli faranno un
regalo se, ogni volta che si rivolgeranno a lui, dirà sempre si, si
e solo si.
La Marietta lascia la casera e scende
velocemente verso il paese.
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Le sentinelle davanti al “Bersagliere”
che verso sera, fra il lusco e il brusco, vedono avvicinarsi quel
brutto ceffo che non si ferma all' “alt!”, manca poco gli
sparino senza tanti complimenti, ma siccome quello si agita e
sventola nell'aria una busta che sembra una bandiera bianca, ci
ripensano e lo portano dal comandante.
“La faccia da farabutto ce l'ha
tutta” pensa il capitano, seduto ad un tavolino con altri due
ufficiali e l'interprete, dopo aver letto il messaggio. Ma l'altro,
che gli sta davanti, in piedi, è calmo, tranquillo, non manifesta
alcun timore, ed anzi continua stranamente ad avanzare il palmo
aperto della mano verso di lui, come se si aspettasse di ricevere
qualcosa.
Il comandante dice all'interprete di
chiedergli se è stato lui ad ammazzare il soldato nel bosco. “Si,
si, si” risponde l'interrogato, proprio come gli aveva insegnato la
Marietta.
Perchè lo ha fatto? Odia i tedeschi?
“Si, si,si”.
E' amico dei partigiani? “Si, si,
si”.
Sono stati loro a dargli l'ordine? “Si,
si,si”.
A questo punto nell'ufficiale matura
il dubbio: costui fa lo scemo, o lo è? Il militare appare freddo,
ma la sua mente è in tumulto. Quello, se è colpevole, va punito;
ma in caso contrario? Se è un disgraziato che si assume una colpa
che non ha commesso? E se , come è evidente, è addirittura, un
folle?
Alla fine, la soluzione che mette a
posto la sua coscienza di soldato e di uomo. La confessione c'è,
pensa, spontanea, nessuno gli ha fatto violenza, e non è il caso di
indagare se è matto o no. Ci mancherebbe che, nei guai in cui ci
troviamo, ci mettessimo a far perizie psichiatriche. Perciò
quest'uomo lo devo fucilare perchè, se lo lascio libero, dal momento
che nessun altro si è presentato, devo, come detto nell'ordinanza –
e quando un tedesco dice una cosa, solo il Padreterno, la può
cambiare - fucilare 10 uomini e poi mettermi a dar fuoco alle
case, che non è affatto un bel divertimento. Perciò il male
minore è di farlo fuori, andarsene al più presto da questo
maledetto paese, e non pensarci più”.
Rieccolo, il “male minore”, che
accomuna tedeschi e partigiani uniti, inconsciamente, da una logica
crudele ma, in quel momento, ineluttabile.
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Il mattino dopo, alle 5, prendono il
Baùco e lo legano a un palo mentre lui continua a dire “Si, si,
si” e avanza la mano per avere il regalo. Il plotone di esecuzione
spara e subito dopo l'intera compagnia, con la macchina del
comandante in testa, in un rombo di motori di autocarri e di
motocarrozzette che alzano un gran polverone, si mette velocemente in
moto senza nemmeno badare se il Baùco che, legato al palo per la
cintola, penzola in avanti, sia morto del tutto.
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Ma il tedesco, chi l'aveva ammazzato?
Non si è mai saputo, ma in paese gira
voce che il Cescon , in punto di morte, abbia confessato al prete -
che forse qualche mezza parola se l'era lasciata scappare – che ad
accoppare il tedesco era stato lui.
Nota: Bau'co in dialetto veneto indica
persona sciocca e talora ritardata intellettualmente
Padova 31 ottobre 2017 Giovanni Zannini