E’ oggi viva
in Italia la polemica sulle alleanze in politica fra parti che da sempre si
sono trovate su posizioni opposte.
Taluni le
ritengono una vile forma di compromesso con la
rinuncia alle proprie idee sempre
manifestate per inchinarsi a quelle
dell’avversario; altri, invece, le
considerano un necessario comportamento, in momenti eccezionali , per
raggiungere accordi fra parti politiche da sempre antagoniste che però, per il
bene comune della nazione decidono, facendosi reciproche concessioni, di unire per un determinato periodo le loro
forze in vista del generale interesse della nazione.
Val dunque la
pena di rievocare, in proposito, il precedente
storico costituito dall’alleanza
- definita “Bandiera Neutra” - fra
Garibaldi e Mazzini in occasione della spedizione dei Mille, che milita a
favore della seconda tesi del suddetto dibattito .
Tra Garibaldi e Mazzini, si sa, non correva buon
sangue.
Uniti dall’
ideale dell’unità d’Italia, erano però fieramente divisi sul mezzo per
arrivarvi.
Garibaldi, pur convinto della bontà del sistema
repubblicano, si pose al servizio della monarchia ritenendo che solo sotto la guida e nel nome
dei Savoia l’agognata unità d’Italia sarebbe divenuta realtà.
E’ lui
stesso a dirlo nelle sue memorie:”...Io posso con orgoglio dire: fui e sono
repubblicano…In un paese libero…il sistema repubblicano è certamente il migliore” ma “non essendo
possibile per ora, 1859, la Repub blica,…presentandosi l’opportunità di unificare la penisola con la
collaborazione delle forze dinastiche e
nazionali, io vi ho dunque aderito immediatamente…” .
Mazzini,
invece, repubblicano puro e duro, era convinto di potercela fare anche senza i Savoia grazie ad un’azione
condotta all’insegna “Dio e Popolo” che con insurrezioni fomentate in
ogni parte d’Italia, con una guerra per bande, avrebbe egualmente raggiunto l’obbiettivo
desiderato.
Invece,
ogni rivolta da lui organizzata, a causa dell’impreparazione del popolo a
condividere, all’epoca, l’ideale unitario, fallì, con gravi perdite di vite
umane: ma questo non lo scoraggiò ritenendo egli che l’esempio
e l’eroismo di pochi avrebbero alla fine convinto l’intero popolo a
condividerne gli ideali, ed a seguito di ciò
la meta agognata sarebbe stata
raggiunta.
Ma, visto
l’esito negativo degli ultimi moti ( Francesco
Bentivegna in Sicilia 1856 e Carlo
Pisacane in Campania 1857) i mazziniani si accordarono con Garibaldi mettendo provvisoriamente da
parte gli ideali repubblicani in nome
del risultato finale: l’unità d’Italia. Così,
essi decisero di partecipare alla
spedizione dei Mille all’ombra della
“Bandiera Neutra”.
Fu, questa, una
sorta di “CLN” risorgimentale “ante litteram” simile a quel “Comitato
di Liberazione Nazionale” sotto la cui
bandiera, durante la Resistenza antifascista 1943/1945,
i partiti italiani, accantonate per il momento
le proprie singole diverse ideologie,
combatterono il nazifascismo rinviando ogni decisione sulla forma politica italiana a dopo
la vittoria.
Si veda, in proposito, la lettera 24.2.1860 di
Rosolino Pilo (siciliano mazziniano) a Garibaldi con cui lo
informa “..dei mezzi preparati e messi insieme da Mazzini CHE NON FA QUESTIONE
DI REPUBBLICA “ per favorire l’auspicata spedizione.
La conferma
che Mazzini si prodigò nella raccolta di
fondi per finanziare la Spedizione dei Mille emerge anche dalla lettera
10 maggio 1860 (mentre già Garibaldi veleggiava per la Sicilia) spedita a Celeste Gandolfi: ” Fratello, Garibaldi come
sapete è passato per aiutare l’insurrezione nel sud. Savi (Francesco Bartolomeo Savi - n.1829 m.1865 – mazziniano,
giornalista, patriota, partì con Garibaldi per la spedizione dei
Mille come tenente dei Carabinieri
Genovesi – ndr) è con lui, ma non basta. E’ necessario che ciò che si compie per mare si compia
anche per terra. E’ necessario varcare
la frontiera attuale romagnola e
promuovere l’insurrezione delle Marche e dell’Umbria con gli Abruzzi. Così
s’aiuta la Sicilia davvero. Così si fonda l’Italia d’ una gente, tutti i buoni devono ora agire con tutti i mezzi
possibili nella divisione Roselli composta com’è di buoni elementi per indurre gli uffiziali e bassi
uffiziali a un pronunciamento in quel
senso. Raccogliere OFFERTE PER LA SICILIA e per darle
all’impresa della quale parlo. …Preparare cannoni ed armi per essi : studiare i
mezzi d’inviarle ad un punto estremo della frontiera romagnola…”.
E ancora, il
giorno successivo, sempre a Gandolfi: “Fratello, v’ho scritto: vi riscrivo …Mentre
Garibaldi opera sul sud e in Sicilia
combatte, bisogna agire sul centro , quella provincia romana e versarvi quanti
elementi disponibili esistono…Centiplicate la vostra energia, e facciamo
l’Italia. LA BANDIERA E’UNITA’, LIBERTA’”.
Ossia,
BANDIERA NEUTRA, perché Mazzini, in quel
momento, di Repubblica non parla proprio.
E quale esito
ebbe l’appello di Mazzini a “preparare
cannoni ed armi” sul fronte
dell’Italia centrale, per appoggiare, da
nord, l’azione che Garibaldi si apprestava a combattere dal sud, dalla Sicilia?
Molto poco -
verrebbe da dire - come al solito.
Al suo appello rispose Giovanni Nicotera, patriota calabrese, mazziniano, il
quale si recò in Toscana, nei dintorni
di Firenze, in veste di colonnello, per arruolare volontari nella “brigata Castelpulci” destinata
a invadere lo Stato Pontificio in Umbria, nelle Marche e negli Abruzzi. Ma la sua
iniziativa fu bloccata da Cavour e
da Ricasoli sospettosi degli intenti
repubblicani del Nicotera, al quale non restò che raggiungere con i suoi
uomini, via mare, la Sicilia e combattere valorosamente al fianco di Garibaldi
col grado di Colonnello Brigadiere.
Miglior
esito ebbe invece, l’azione sabotativa svolta dai mazziniani nei confronti
dell’esercito papalino, in particolare della
“Divisione Roselli”.
Era, questa,
una formazione dell’esercito papalino - comandata dall’allora Maggiore Pietro Roselli - che Pio IX, all’epoca liberaleggiante, aveva inviato con il suo battaglione assieme
al corpo di spedizione papalino comandato dal gen.Giovanni Durando in aiuto a Carlo Alberto allora impegnato
nella 1° Guerra d’Indipendenza del 1848.
Ma
successivamente, allorchè il Papa - deludendo
i patrioti che avevano creduto in lui,
fra cui lo stesso Garibaldi - mutò, come
sappiamo, pensiero per il timore di uno scisma in Austria, il corpo di spedizione papalino che aveva combattuto
valorosamente a fianco dei Piemontesi, ricevette
l’ordine di abbandonare il fronte e di rientrare alla base di partenza.
Già allora
l’ordine non fu bene accetto, tanto è vero che molti papalini, invece di
obbedirvi, si recarono a Venezia per difendere la Repubblica di S.
Marco assediata dagli austriaci: dunque,
in quella divisione vi erano dei
fermenti fra “uffiziali e bassi
uffiziali” che Mazzini voleva appunto alimentare per fomentare una rivolta.
Che, in
effetti vi fu: quando, infatti, Vittorio Emanuele, per raggiungere Garibaldi vittorioso a Napoli, invase lo
Stato Pontificio sconfiggendolo a Castelfidardo, il Roselli
si mise ai suoi ordini e nominato Tenente Generale dell’esercito
piemontese si distinse nella conquista
di Ancona di cui comandò per un breve periodo la piazza militare.
Dunque, il
contributo di Mazzini alla liberazione del sud-Italia vi fu, anche se solo in maniera cospirativa, e non,
come avrebbe voluto, con “cannoni ed armi” sul fronte dell’Italia centrale.
E allorchè
Garibaldi vittorioso entra in Napoli, Mazzini riprende la sua libertà d’azione, ammaina la “Bandiera Neutra” , innalza di
nuovo quella repubblicana e vi si precipita
per convincerlo, ma invano, a non
unificare il sud Italia al Regno dei Savoia. Accolto in città (ove trova anche
il tempo di fondare un ennesimo giornale, “Il Popolo d’Italia”) con vivaci
proteste dai fautori dell’unificazione,
e fatto anche oggetto di minacce, affranto da sofferenze fisiche oltre che
morali, rinuncia a sostenere le sue idee e parte per Lugano e poi per l’Inghilterra,
mentre, dopo i plebisciti del 21 e 22 ottobre
1860 che decretarono l’annessione del Mezzogiorno al regno sabaudo,
Garibaldi e Vittorio Emanuele, nell’incontro di Teano, sancivano la raggiunta
unità d’Italia.
Padova
31.5.2013
Giovanni Zannini