Nell'agosto 1903 Theodor Herzl (1860-1904), fondatore del sionismo, propose al 6° Congresso Sionista in corso a Basilea nell'agosto 1903 il suo “Progetto Uganda” che prevedeva l'insediamento in Africa del futuro stato ove finalmente riunificare gli ebrei sparsi nel mondo.
Il “Progetto” venne approvato con 295 voti a favore, 178 contrari e 98 astenuti: ma la morte, l'anno successivo, di Herzl consentì il prevalere di quanti si erano opposti al suo progetto che venne abbandonato dal 7° Congresso Sionista tenutosi ancora a Basilea nel luglio-agosto 1905. Esso - come scrive Eli Barnavi nella sua “Storia d'Israele” - rifiutò la “chimera africana” e riaffermò che “il sionismo non ha senso senza Sion”.
Herzl, che si era assunto la missione di dare una patria agli ebrei, e ricercava il luogo in cui poterla insediare, aveva anzitutto condotto trattative per l'acquisto della Palestina con il sultano Abdul Hamid che ne era all'epoca proprietario per realizzare il sogno di far sorgere il nuovo stato nella biblica “terra promessa”.
Fallite le trattative per le pretese eccessive del sultano, egli declinò, per la mancanza delle necessarie risorse idriche, l'offerta dei governi inglese ed egiziano di installarsi nel Sinai: e l'assenza, all'epoca, delle moderne tecniche per l'utilizzo delle acque marine - che hanno poi consentito di trasformare la Palestina in una terra fertile e verdeggiante - fa rimpiangere che non si sia potuta realizzare tale soluzione in un territorio prossimo a Gerusalemme e ricco esso stesso di memorie vetero-testamentarie (basti pensare al monte Sinai, il mitico Gebel Musa).
Altre ipotesi al difuori della Palestina , fra le quali l'insediamento in Argentina e pure negli Stati Uniti in un territorio circostante il Mississipi furono prese in considerazione fino a che, per risolvere il problema, la Gran Bretagna propose a Herzl l'Uganda, all'epoca sotto suo protettorato.
In un territorio poco densamente popolato si produce caffè, cotone e canna da zucchero, grandi foreste sono ricche di legname pregiato, mentre miniere forniscono oro, stagno, rame ed altri minerali. Oltre a ciò, è dotato di una ricca rete idrografica ideale per l'irrigazione che avrebbe consentito all'intelligenza, alla laboriosità ed all'intraprendenza dei coloni ebrei supportati da notevoli disponibilità economiche, di trasformare le savane, le steppe e le foreste ugandesi in un Eden così come hanno poi saputo fare nei deserti della Palestina.
Alla luce di quanto sopra, del sangue sin qui sparso in medio oriente e di quanto ancora potrebbe accadere ove i difficili negoziati in corso dovessero ancora una volta malauguratamente fallire, vi è forse da rammaricarsi che il “Progetto Uganda” non sia andato a buon fine.
Giovanni Zannini
Nessun commento:
Posta un commento