A Garibaldi, si sa, piaceva l’avventura e, quand’era l’ora, le decisioni le sapeva prendere rapido e veloce.
Ma quella volta……...
Nell’America del Nord, all’interno della “Unione degli Stati Uniti d’America” la discussione sul problema dell’abolizione della schiavitù era iniziata fin dai primi anni del 1800 e vedeva contrapposti gli stati del Nord favorevoli alla sua abolizione, e quelli del Sud che volevano mantenerla.
Alla fine, dopo la vittoria di Abramo Lincoln nelle elezioni presidenziali la rottura avvenne, e fu devastante: l’8 febbraio 1861 gli Stati del sud lasciarono l’”Unione” e costituirono la nuova “Confederazione degli Stati Americani”.
La spaccatura vide quindi contrapposti gli “Unionisti” ( gli stati rimasti fedeli all’”Unione”) ed i “Confederati ( quelli che avevano aderito alla nuova “Confederazione”): ed i cannoni di questi ultimi che il 12 aprile 1861 spararono nel porto di Charleston contro il forte Summer sede dell’autorità legittima , diedero inizio a quella sanguinosa guerra civile che in 4 anni coinvolse oltre 2 milioni di combattenti provocando migliaia di vittime e danni incalcolabili.
A capo dell’esercito nordista il gen.Ulysses S. Grant, di quello sudista i generali Robert E Lee e Thomas J. Jackson (il leggendario “Muro di pietra” morto nella sanguinosa battaglia di Chancellorsville nella quale era riuscito a battere l’esercito avversario).
In Italia, Garibaldi, in quello stesso periodo (inizi 1861), è tranquillo : il 26 ottobre dell’anno precedente, a Teano, ha consegnato a Vittorio Emanuele II il sud Italia da lui liberato; il 7 novembre, a Napoli, ha rimesso il suo potere dittatoriale nelle mani del Re ed il 9 successivo si è imbarcato per Caprera per riprendersi dalle fatiche della recente impresa anche perché l’artrite che lo tormenta da tempo (e che, fortunatamente, durante la spedizione dei Mille non si era fatta viva forse per il clima caldo della Sicilia e del Mezzogiorno), è tornata a farsi sentire.
Ma non sta in ozio, e si dedica in modo particolare al problema di dare una sistemazione a quei volontari (ancora inquadrati nel cosiddetto “Esercito Meridionale”) che con lui hanno liberato l’Italia del sud e che vorrebbe immessi nell’esercito regolare incontrando però la resistenza di quanti temevano che, ove ciò avvenisse, l’immissione di militari improvvisati avrebbe finito (secondo Alfonso Scirocco nel suo “Garibaldi – Battaglie, Amori, Ideali di un cittadino del mondo”) per “inquinarne la disciplina e la professionalità”.
E allorchè si parla di scioglimento dell’”Esercito Meridionale”, Garibaldi si precipita a Roma ed in Parlamento pronuncia una violenta filippica contro i promotori di questa proposta, provocando la dura reazione del gen. Cialdini che rischia di degenerare in un duello fortunatamente evitato dall’intervento di amichevoli pacieri.
L’offerta
In questo clima arriva a Garibaldi, nel giugno 1861, una lettera del Console statunitense ad Anversa che, come scrive Scirocco, “autorizzato dal suo governo” - e quindi da Lincoln - gli offre “un comando nelle armate nordiste” affermando che “migliaia di cittadini americani si glorierebbero di mettersi agli ordini del Washington d’Italia”.
La lettera è l’ennesima conferma dell’enorme popolarità di Garibaldi nel mondo, ed in particolare nel continente americano, ove è vivissimo il ricordo delle battaglie da lui sostenute per anni in Sudamerica per l’indipendenza del Rio Grande do Sul contro il Brasile e dell’Uruguay contro l’Argentina.
Con ciò, evidentemente, i Nordisti sfruttando l’aureola che circondava la fama leggendaria dell’Eroe dei due Mondi, speravano che, in caso di accettazione della loro proposta un gran numero di combattenti sarebbero giunti ad ingrossare le loro fila.
Garibaldi, però, questa volta, non decide, prende tempo e fa sapere che avrebbe considerato l’offerta americana solo se il Re non avesse richiesto i suoi servigi: ed è strano, diciamolo, che egli vada a farsi consigliare proprio da Vittorio Emanuele II che in più occasioni aveva manifestato ben scarsa simpatia (per non dir altro) nei suoi confronti.
Ed ecco la lettera di Garibaldi al Re:” Il Presidente degli Stati Uniti mi offre il comando di quell’Esercito; io mi trovo in obbligo d’accettare tale missione per un paese , di cui sono cittadino. Tuttavia, prima di risolvermi, ho creduto mio dovere d’informare la Maestà Vostra e sapere se crede che io possa avere l’onore di servirla”.
La risposta del sovrano non stupisce:”Caro Generale, per quello che riguarda d’assumere il comando che gli ha offerto il governo degli Stati Uniti, mi pare che deve seguire gli impulsi della sua coscienza verso l’umanità sofferente. Caro Generale, qualunque sia la sua determinazione, io sono bene sicuro che non dimenticherà la patria italiana come io non dimenticherò mai la sua amicizia”.
E’ chiaro che il Re, lasciandogli mano libera, ed anzi facendogli comprendere che appoggiava l’ accettazione della proposta americana, coglie la palla al balzo per liberarsi di un personaggio che, è vero, gli è stato assai utile, ma anche gli aveva dato, con i suoi colpi di testa e la sua imprevedibilità, molti grattacapi, ed altri avrebbe potuto procurargliene in futuro.
Aprendo una piccola parentesi grammaticale, sia consentito osservare, sia pure con tutto il rispetto per l’augusto mittente, che al posto di quel “gli” ci sarebbe dovuto stare un “Le”.
Venendo poi alla lettera di Garibaldi a Vittorio Emanuele, si osserva che essa conteneva un’imprecisione perché, in realtà i Nordisti gli avevano offerto non “il” comando delle loro armate, sibbene “un comando”, ossia di una parte di esse, forse un esercito di volontari non si sa quanto grande, adatto alla guerra per bande nella quale Garibaldi era maestro indiscusso.
E’ quanto avverrà una diecina d’ anni dopo allorchè, giunto, in nome della libertà dei popoli, in Francia per difenderla dall’invasore prussiano, venne messo a capo di una variopinta ”Armata dei Vosgi” composta da uomini di ogni razza (italiani, spagnoli, polacchi, egiziani, tunisini, greci, inglesi) e male organizzati che però, galvanizzata dall’esempio e dal fascino indiscusso che emanava dalla persona di Garibaldi, seppe dare severe lezioni a truppe scelte come quelle prussiane.
In realtà la proposta americana non lo invoglia perché lo avrebbe distratto da altre imprese che andava meditando per completare l’unità d’Italia (Roma capitale, la liberazione del Veneto), e pur avendo avuto le mani libere dal Re, cerca e trova nuovi pretesti.
Un no cortese ma fermo.
Anzitutto, pretende “il” comando di tutte le forze nordiste e non solo di una parte (richiesta chiaramente assurda che avrebbe fatto passare il gen. Grant ai suoi ordini); poi, che Lincoln proclami immediatamente l’abolizione della schiavitù invece di limitarsi a proibirne l’estensione negli stati in cui non era praticata, affermando che la questione andava risolta col tempo.
Le due condizioni vengono respinte e la trattativa viene abbandonata.
Sul rifiuto di Garibaldi influirono certamente le pressioni dei democratici italiani preoccupati che con l’allontanamento del loro esponente più prestigioso si arenassero molte iniziative che si andavano covando.
Resta da chiedersi se, ove Garibaldi avesse accettato l’offerta di Lincoln, avrebbe potuto influire sull’esito della guerra civile americana.
La risposta è ardua ma non è azzardato affermare che il suo proclamato impegno per l’abolizione della schiavitù (ricordiamo che uno dei suoi fedelissimi, una specie di guardia del corpo, era il negro Agujar da lui liberato con molti altri durante le guerre sudamericane, che si era portato dietro allorchè nel 1848 aveva lasciato l’America per raggiungere l’Italia , e che morì a Roma nel 1849 combattendo per la libertà della Repubblica Romana); la sua aureola d’ invincibilità; il fascino che trascinava gli uomini all’attacco, la sua tecnica di combattimento anomala ed imprevedibile che scompaginava eserciti ligi ai manuali di strategia militare e che avrebbe potuto impiegare nelle vaste pianure dell’America del Nord così come aveva fatto vittoriosamente nelle sconfinate pampas sudamericane, ed un coraggio ai limiti della temerarietà, avrebbero forse potuto accelerare la vittoria della civile America del nord sui retrivi conservatori schiavisti del sud.
Giovanni Zannini
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