mercoledì 23 gennaio 2013

LE VERE CAUSE DELLE FOIBE


LE FOIBE, QUANDO L’ODIO GENERA ODIO

Riporto qui di seguito la corrispondenza intercorsa fra la D.ssa Italia Giacca, Presidente del Comitato provinciale di Padova dell’ Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (A.N.V.G.D.), ed il sottoscritto a seguito del mio intervento dopo la proiezione - promossa l’11 febbraio 2012 dall’associazione stessa presso il Centro Culturale Altinate/S.Gaetano - del film “Cuori senza frontiere”.   

-         - - - - - - - - - - - - -    -

“””
Padova 15/4/2012
                               All’Egregio Signor
                               PRESIDENTE della A.N.V.G.D.
                               Viale Cavallotti n.2
                                35124 - PADOVA 

In occasione della proiezione del bel film “Cuori senza Frontiere” proiettato l’11 febbraio scorso, ad iniziativa della Sua Associazione, presso il Centro Culturale Altinate/S.Gaetano,   presi la parola per esporre il mio pensiero sulle vere cause delle foibe,  e ancora mi brucia che l’ intervento abbia meritato, da parte di una signora, l’accusa di negazionismo e, peggio ancora, di giustificare le infamie compiute dall’Esercito di Liberazione Iugoslavo nei 40 giorni in cui, malauguratamente, spadroneggiò a Trieste e nella Venezia Giulia.     
In realtà ho affermato, e qui lo riconfermo,  che la responsabilità dell’immane tragedia abbattutasi su tante vittime innocenti colpevoli solo di essere italiani, non andava certamente addebitata ai governanti italiani dell’epoca  cui toccò l’improbo compito  di salvare il salvabile nella drammatica situazione d’inferiorità provocata dalla sconfitta.
Nella realtà, essa va invece fatta risalire a Mussolini ed a Hitler per aver ordinato l’invasione della Jugoslavia provocando la reazione dei patrioti jugoslavi insorti – così come  quelli italiani nella guerra di liberazione in Italia – per difendere la libertà della loro patria.
E  furono proprio gli odi ed i rancori  accumulati  dai partigiani di Tito   contro gli invasori  a scatenare la truce vendetta delle foibe contro vittime innocenti,  vero crimine contro l’Umanità che purtroppo nessun Tribunale  Internazionale ha mai condannato.
Contemporaneamente, contestando che in passato la stampa abbia taciuto sulle foibe, rivendicai, almeno per quanto riguarda “La Difesa del Popolo”, il settimanale della Diocesi di Padova con il quale collaboro, il merito  di averne  ripetutamente scritto  anche prima del  mio servizio 13 aprile 1997 qui allegato, solo recentemente reperito.
La prego gradire, Signor Presidente, i miei migliori saluti e l’assicurazione della mia piena solidarietà con la Sua Associazione.
Suo
                                                             Giovanni  Zannini – Pubblicista
                                                                                                                              “””     
Ed ecco la risposta della D.ssa Giacca:
“””
Padova  10 settembre 2012
Egr. dr. Zannini
Mentre per la maggior  parte di persone i mesi estivi sono  tempo di riposo e stacco  dall’attività, io mi ritrovo tra quelli  che rivedono gli eventi trascorsi  in vista dei futuri…Mi sono così accorta di non aver ancora dato risposta  al Suo scritto del 15-4 u.s. e mi scuso per il ritardo.
Veniamo all’intervento in occasione  della proiezione del film “Cuori senza frontiere”, dove Lei ha espresso il SUO pensiero sulle cause delle foibe, intervento che ha provocato un’ immediata replica da parte  di una signora  membro del nostro Comitato. Anche nello scritto ribadisce il Suo pensiero, che cioè le cause delle foibe e dell’esodo sono da attribuirsi “a Mussolini ed a Hitler  per aver ordinato l’invasione della Jugoslavia …e furono proprio gli odi ed i rancori accumulati  dai partigiani di Tito contro gli invasori a scatenare la truce vendetta delle foibe contro vittime innocenti…” (sic).  Egregio dr. Zannini, ora espongo il MIO pensiero: il nazifascismo si è macchiato  di crimini spaventosi, è stato colpevole di un genocidio  senza uguali, ma ritengo un’autentica forzatura  far risalire a questi anche la tragedia  che ha colpito noi italiani di Istria, Fiume e

Dalmazia,   vittime di persecuzioni titine sfociate negli infoibamenti  e nell’esodo.
Leggo proprio, mi permetta, una sorta di giustificazione logica nelle parole “e furono proprio gli odi ed i rancori accumulati…”.
E’ forse lecito accettare che dei crimini commessi in tempo di guerra vengano poi vendicati  con efferatezze inimmaginabili a guerra conclusa?
E’ noto, come scrive lo storico  Guido Rumici “con la presa del potere, nei primi mesi del 1945 da parte delle nuove autorità jugoslave  comuniste iniziarono gli arresti e le deportazioni di migliaia di persone ad opera dell’OZNA, la Polizia Segreta Jugoslava, e in tutta la Venezia Giulia una pesantissima cappa di oppressione e paura avvolse la popolazione”. Aggiungo che le deportazioni e le uccisioni  riguardavano soprattutto coloro che agli occhi dell’OZNA  potevano rappresentare un possibile ostacolo  ai pian i annessionistici jugoslavi: Tito, nel suo piano, voleva arrivare all’Isonzo, non dimentichiamo!
E a tal proposito cito le parole di Milovan Gilas, braccio destro di Tito,  poi caduto in disgrazia “ Nel 1945 io e Kardelj, ministro degli esteri, fummo mandati da Tito in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani  ad andare via con pressione di ogni tipo. E così fu fatto”. A mio avviso si tratta  di una confessione che dovrebbe togliere ogni dubbio sulle cause  e sui perché di foibe ed esodo e che mi portano, senza animosità,  ma per amore di equilibri, a formulare l’equazione: shoah sta al nazifascismo di Hitler e Mussolini  come foibe ed esodo  stanno  al comunismo  jugoslavo  di Tito. Due estremismi, due dittature, un unico, sia pur diverso, folle progetto di sterminio. E a tal proposito aggiungo un pensiero tratto dal mio intervento fatto nel Giorno del Ricordo 2011: ”La follia omicida scatenata dai totalitarismi sfrenati  non ha confini, non ha colori  non è da una parte più che da un’altra; è orrore da qualsiasi parte provenga, orrore assoluto, e la nostra potrà dirsi vera civiltà  e vera democrazia quando questo concetto  sarà condiviso, per giungere al bene assoluto, la pace, attraverso la giustizia. Ancora un cenno su quanto la stampa in passato  abbia dedicato a noi. Nel dopoguerra c’era un’atmosfera greve, i governanti avevano da ricostruire un’Italia uscita sconfitta, con le ossa rotte, i mass-media avevano una gittata contenuta… E forse con tutte queste preoccupazioni  si è dimenticato che noi d’Istria, Fiume e Dalmazia, eravamo italiani, anzi,  come più tardi ebbe a definirci Indro Montanelli, eravamo “italiani due volte, per nascita e per scelta!”. E forse ci si è dimenticati  che noi avevamo pagato per tutti  lasciando nella nostra terra divenuta straniera,  i nostri morti nei cimiteri abbandonati e i nostri morti insepolti perchè infoibati;  pagato con lo sradicamento sociale  e umano, pagato con il silenzio  di sessant’anni (qualche sporadico articolo qua e là…). Con dignità abbiamo continuato , senza recriminazioni e senza rivendicazioni: chiediamo, ieri come oggi,  solo rispetto per il nostro dolore, e ci permettiamo di ricordare  che proprio noi, esuli istriani, fiumani e dalmati, con l’abbandono delle nostre terre, abbiamo spezzato la catena dell’orrore e della vendetta: a nostre spese e per tutti gli italiani.       
Con i migliori saluti - Dr. Italia Giacca – Presidente
                                                                                                                   “””
A questa lettera ho replicato con la seguente mia:

“”” Alla Gent.ma Sig.ra D.ssa ITALIA GIACCA–Presidente Sezione   padovana della A.N.V.G.D. – Via Cavallotti n.2 – 35124 – Padova – FAX040/664917
                                                                   Padova 3.10.2012
Ricevo, Gentile Signora, la Sua 10 corr. che ho letto con la massima attenzione, La ringrazio di avermi dedicato un po’ del Suo tempo prezioso sottratto ad un meritato riposo estivo e, in riscontro:

1)    Esprimo la mia più viva solidarietà per gli esuli istriani, fiumani e dalmati che vanno annoverati fra le troppe  vittime incolpevoli di odi scatenati da ogni guerra specie nelle aree di confine  e la mia ammirazione per aver essi saputo reagire all’ingiustizia subita con grande forza d’animo e – nonostante gli scarsi aiuti loro potuti dedicare a causa del caos post-bellico – a costo di duri sacrifici portare nelle terre che li hanno accolti il contributo della loro operosità e del loro ingegno.
    
2)    Concordo  totalmente nel condannare senza alcuna riserva i crimini  commessi dall’esercito di Tito  nel periodo dell’occupazione di Trieste che furono fra i più gravi commessi  nella 2° Guerra Mondiale e che non furono purtroppo adeguatamente puniti dalla giustizia internazionale.

3)    Al Suo quesito “E’ forse lecito accettare che dei crimini commessi in tempo di guerra vengano poi vendicati con efferatezze inimmaginabili a guerra conclusa?”- e, aggiungo io, sulle inermi popolazioni – rispondo: NO, NON E’ ASSOLUTAMENTE LECITO. Ma sappiamo purtroppo che questo divieto di civiltà non viene troppo spesso osservato perché nella realtà, violando il sacrosanto concetto cristiano del perdono, l’odio scatenato dalla maledizione della guerra  produce, inevitabilmente, odio.

4)    A questo punto, per un obbiettivo giudizio storico non posso che confermare quanto già affermato: l’agente provocatore che scatenò questo odio fra italiani e jugoslavi fu, purtroppo, l’Italia fascista.
Non fu infatti la Jugoslavia ad attraversare i nostri confini, bensì l’Italia che , con l’alleato nazista,  violò la sua neutralità occupandola ed attuando una feroce repressione  contro i patrioti jugoslavi e contro le popolazioni che li appoggiavano,  rei di combattere contro gli invasori, così come i patrioti italiani  combatteranno poi contro l’invasore tedesco. Purtroppo, Gentile Signora, anche se è duro ammetterlo,  molti italiani in Jugoslavia , non furono “brava gente”:  basta leggere, fra molti, il libro di Angelo del Boca (giornalista, già presidente dell’Ordine dei Giornalisti) dal titolo “Italiani, brava gente?”  (Neri Pozza Editore- Vicenza 2005 – 5a edizione 2011) che dedica all’argomento un capitolo dal titolo “Slovenia, un tentativo di bonifica etnica”, ricco di bibliografia e di fonti. Da esso traggo una sola, agghiacciante affermazione del gen. Ribotti: ”In Jugoslavia si ammazza troppo poco!”. Crede Ella che tutto quanto accaduto si sarebbe verificato ove non vi fosse stata l’invasione  italiana della Jugoslavia che compromise lo “statu quo”  fra le due  nazioni  scatenando quell’odio di cui anche Lei è rimasta vittima?

5)    Ultima considerazione. Contesto anche ingiusta l’accusa  al governo dell’epoca di non  aver adeguatamente tutelato  gli interessi italiani in sede di trattato di pace.  Esso fece, invece, tutto il possibile, pur in condizione di netta inferiorità, per arginare le tristi conseguenze della sconfitta.  E cito in proposito quanto scritto  il 3 giugno scorso sul Corriere della Sera dal noto, autorevole storico  Sergio Romano secondo il quale alcune settimane prima delle elezioni in Italia del 18 aprile 1948 il governo De Gasperi era riuscito a indurre Inghilterra, Francia e Stati Uniti a  rilasciare una ““dichiarazione tripartita  sulla necessità di attribuire all’Italia  l’intero territorio , ossia la “Zona A” e la “Zona B” “”. Ma nello stesso periodo era avvenuta la rottura fra l’URSS e Tito cosicchè la triade, per non dispiacere al dittatore jugoslavo passato nel campo anti-URSS rinunciò a rilasciare la suddetta dichiarazione in base al vecchio detto per cui  “i nemici dei miei nemici sono miei amici”.
In conclusione,  sono lieto di questa corrispondenza intervenuta fra Lei e me in maniera franca e civile, ben diversa dal linguaggio offensivo  tenuto nei miei confronti , nella nota riunione, da parte di quella focosa signora membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione da Lei presieduta. E di constatare che il Suo patriottismo  ed il Suo amore per l’Italia (attestato dal Suo bel nome)  corrispondono perfettamente ai miei.
Le invio i miei saluti – mi permetta - cordiali.
                                                                      Suo  Giovanni  Zannini
                                                                   
 


















Nessun commento:

Posta un commento