DAL
CAIRO AD AMMAN VIA MONTE SINAI
Un
deserto di montagne.
Il
fascino di questo viaggio che dall’Egitto conduce in Giordania è costituito dal
costante colore del territorio
attraversato, inusuale per noi europei: un biondo sabbia di fondo che si colora
secondo le ore del giorno, divenendo dorato con il sole, azzurrino al suo
declinare, lunare nella notte.
Una
situazione emergente, per contrasto, dalle parole di un ragazzo egiziano
allievo di una scuola di lingue - fra cui l’italiano che parlava sorprendentemente
bene - per il quale era straordinario ed incredibile il fatto che, invece,
dalle nostre parti le montagne fossero verdi.
Il
deserto nel Sinai egiziano ed in Giordania, almeno quello attraversato nel
viaggio, non è, come ci si aspetta, quello classico formato da dune ondulate e
morbide che il vento sposta e rimodella continuamente come in Africa.
Si
tratta, invece, di una distesa infinita di terra mista di sabbia, sassi e radi cespugli,
sul quale insistono montagne di arenaria – depositatasi nei secoli sul fondo
dei mari e venute in superfice a seguito di chi sa quali ciclopici
sconvolgimenti – che salgono da terra assai spesso di colpo, senza declivio,
con gole e spaccature nella roccia che mettono in evidenza un accostamento di
colori – sintomo dei minerali più vari – straordinari.
Un
mix tale (azzurro, bianco, ocra, nocciola,
giallo, marron, nero,
mattone)da far dire orgogliosamente ai giordani – se non è vera, è ben
trovata – che Missoni abbia tratto ispirazione per i suoi famosi, policromi
maglioni, proprio dai colori delle loro montagne.
Nuove
ricchezze
E
si comprende, grazie a questo viaggio, perché egiziani ed israeliani si siano
scannati così a lungo per il possesso di una terra dall’apparenza povera ed
inospitale come il Sinai.
Solo
in apparenza, però, perché molti pozzi segnalano un sottosuolo ricchissimo di
petrolio che già assicura l’autosufficienza all’Egitto, a prezzi
incredibilmente bassi che impressionano – specie di questi tempi… - lo
straniero.
Perché i minerali più vari - dei quali sono spie i colori fantastici di cui
più sopra si parlava – vengono estratti in maniera ormai industriale; e perché,
ancora, i progressi nella tecnica dell’irrigazione (grazie all’abbondanza di
energia elettrica derivante dalla diga di Assuan che giunge fino al fondo della
penisola sinaitica e viene, oltretutto, venduta alla confinante Giordania) consentono
insediamenti balneari sul mitico mar Rosso, di cui Sharm el Sheikh è l’esempio
più noto e vistoso, e il fiorire di un’agricoltura che va sempre più
sviluppandosi.
Il
Sinai punteggiato anche dalle grandi tende nere dei beduini, popolo nomade che
vive non si sa con quali risorse nel deserto, mal visti dagli altri egiziani
che li rimproverano di essere stati durante la guerra dalla parte degli israeliani.
E
talmente inaffidabili da essere dispensati dal servizio militare, cosa che si
ritiene non spiaccia loro affatto.
Sospettati,
infine, di coltivare in località inaccessibili del deserto note solo a loro,
marijuana e simili, e di farne commercio.
Dove
la fede si tocca con mano.
Il
viaggio in Egitto e Giordania consente al pellegrino di confermarsi, ove
occorresse, in quanto aveva sin allora creduto per fede.
Alcuni
nomi delle località rimasti invariati nei secoli, i resti di chiese, pozzi d’acqua,
fonti battesimali citati nella Bibbia
che emergono da scavi portati avanti anche se con difficoltà – le solite,
finanziarie - consentono di “vedere”,
fisicamente, il cammino di Mosè verso la terra promessa.
Il
culmine, l’acme, la cima del monte Sinai: chi ha avuto la forza di salirlo, ne è rimasto impressionato,
e mai potrà dimenticare l’emozione che lo ha colpito.
Ma
anche chi si è arrestato al monastero di Santa Caterina che custodisce il Roveto Ardente da cui Iddio si è manifestato a Mosè, ha
avuto la sua parte di grande spiritualità e la preghiera è sgorgata spontanea
dalle sue labbra.
La
santa onorata in questo sito, si noti, non è la Caterina da Siena italiana, sibbene
la vergine Caterina d’ Alessandria d’Egitto – martirizzata sotto l’imperatore Massimino – il cui corpo venne
prodigiosamente trasportato ai piedi del Monte Sinai.
Vicenda,
questa, ben nota ai padovani che onorano - nella chiesetta a lei dedicata in
via Cesare Battisti, famosa anche per conservare le spoglie di Giuseppe Tartini,
il mitico violinista settecentesco - la santa
protettrice dei “legisti” delle Università di Padova e di Parigi, nonché
delle ragazze da marito che da lei, in Francia,
presero appunto il nome di “Caterinette”.
E
poi, a Betania, in Giordania, il fiume Giordano nelle cui acque Giovanni
battezzò il Salvatore – e le pietre, ancora una volta, parlano - ed il monte Nebo, donde Mosè vide dall’alto la
terra promessa, simbolo di come il credente con la preghiera e la
partecipazione al sacrificio eucaristico possa intravvedere la vita eterna che
l’ attende.
Un
viaggio d’attualità
Accanto
alla soddisfazione spirituale, il viaggio consente di approfondire, grazie a
guide turistiche colte e ben informate,
le conoscenze del mondo musulmano, argomento, oggi, di grande attualità,
facendo cadere pregiudizi e luoghi comuni.
E
la scoperta di una meta, la Giordania, che per la ricchezza della sua offerta: ambiente,
storia, archeologia, religioni,
arti, etnie, perfino splendide spiagge sul mar Rosso a sud di Aquaba - il suo sbocco al mare - ha di fronte a sé un avvenire turistico che,
ancora agli inizi, ma già ben avviato, è destinato ad esplodere nei prossimi
anni.
Un
viaggio, dunque, che non solo consente di conoscere mentalità, principi religiosi,
il funzionamento delle scuole, del servizio sanitario e così via, di Egitto e
Giordania, ma anche notizie spicciole e
curiose.
Così,
la complessa e lunga procedura per combinare un matrimonio, che prevede spesso la cosiddetta “dote in
ritardo” ossia un accordo scritto per risarcire la donna in caso di ripudio;
gli aggettivi poetici che talora accompagnano i nomi di località (Amman-la
città bianca; Il Cairo-la città vincente; Sinai-terra del turchese; sul Nilo
una “Isola del Paradiso”); i dromedari (quelli con una gobba sola, non i
cammelli che ne hanno due) che si vedono numerosissimi in Giordania ma non nel
deserto del Sinai le cui rare erbe sono oltretutto velenose; le ben 22
università esistenti in Giordania che assicurano un buon livello culturale a
molti dei suoi 5 milioni di abitanti ed una scuola per l’insegnamento dell’arte
musiva, che si vuole far rivivere, nata con la collaborazione della scuola
italiana per mosaicisti di Spilimbergo.
E
una popolazione dignitosa anche se talora indigente, ma non ostile verso lo
straniero la cui sicurezza è garantita da un servizio d’ordine evidentissimo in
Egitto, discreto ed occhiuto in
Giordania dove c’è ma non si vede, per cui, data la globalizzazione, purtroppo,
del rischio, le ipotesi di attentati
in
Egitto o Giordania non sono maggiori di quelli che potrebbero verificarsi,
mettiamo, a Reykjavik in Islanda o a
Lima in Perù.
L’unico
pericolo che i pellegrini possono incontrare mentre, di notte (per evitare la
calura del giorno) ascendono il monte Sinai, è quello di essere investiti dai
dromedari che trasportano quanti non si sentono di fare la scarpinata a piedi.
Te li trovi di fronte, o dietro, nel buio, senza preavviso, silenziosi, dato che non sono muniti (come qualche europeo
sostiene dovrebbe essere…) di segnalazioni acustiche né di fanali e
catarifrangenti: e se non li scansi ti urtano senza tanti complimenti.
Ma
è un pericolo che, per fortuna, non fa danni a nessuno ed anzi dona qualche
momento di allegria.
Giovanni Zannini
Padova
4 settembre 2004
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