mercoledì 26 marzo 2014

IL CONTRIBUTO DELL'AERONAUTICA ITALIANA ALLA "DIVISIONE ITALIANA GARIBALDI" IN MONTENEGRO

Dopo la proclamazione dell’armistizio con gli alleati dell’8 settembre 1943 il re Vittorio Emanuele con al seguito il governo presieduto da Badoglio, si era trasferito a Brindisi, non ancora occupata dagli anglo-americani, per continuare a rappresentare il legittimo stato italiano.
A  seguito della dichiarazione ufficiale  di guerra dichiarata il 13 ottobre 1943 dal governo italiano del sud alla Germania gli alleati riconobbero all’Italia la veste di co-belligerante ed a seguito di ciò fu assegnata alla Regia Aeronautica come settore operativo quello balcanico comprendente la Jugoslavia, l’Albania e la Grecia settentrionale.      
Già il 16 ottobre 1943 un CR 42 dell’aeronautica italiana del regno del sud (che continuava ad essere denominata “Regia Aeronautica” )atterrato a Berane  era riuscito a stabilire un primo contatto con i militari italiani delle divisioni Venezia e Taurinense ( che diedero origine alla “Divisione Partigiana Garibaldi”) rimaste incastrate  senza ordini nei Balcani.
Fu questo il primo segnale che l’Italia  non si era dimenticata dei suoi uomini   che erano stati inviati, da ordini sconsiderati,   ad aggredire ed occupare il  territorio della libera Jugoslavia.
Fu quello l’inizio di una serie di aiuti che furono purtroppo condizionati dal ridotto numero degli aerei disponibili, dalla vastità del territorio loro affidato, dalle difficoltà della  manutenzione ed anche dalle avverse condizioni meteorologiche del duro inverno balcanico.
Furono infatti 200 gli aerei  che grazie all’abilità ed al coraggio  dei loro piloti riuscirono, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 a raggiungere felicemente, sfuggendo alla cattura o alla distruzione da parte dei tedeschi, gli aeroporti del sud italia sotto controllo alleato, unendosi ai 100 già ivi esistenti, cosicchè l’aeronautica Italiana  potè disporre, subito dopo l’armistizio di circa 300 aerei (da caccia, bombardamento,trasporto, siluranti ed idrovolanti).     
Ma si trattava di aerei logori e  superati.  In  più, la cronica mancanza di pezzi di  ricambio che, prodotti nelle officine del nord-Italia, non era più possibile, ovviamente, procurarsi, portò alla formazione delle  cosiddette S.R.A.M. (Squadre Riparazione Aeromobili  e Motori) addette al recupero di materiale areonautico usato ovunque fosse possibile, perfino in  Africa settentrionale e negli altri fronti ove l’aeronautica italiana aveva operato: e ben settanta velivoli furono da esse ricostruiti.
Nonostante le difficoltà, grazie al valore ed all’abnegazione dei piloti italiani che dovettero affrontare l’agguerrita   caccia e la contraerea tedeschi fu possibile tenere i collegamenti con i fratelli italiani della “Garibaldi” a conferma del legame che continuava ad unirli alla madrepatria.
Nel periodo ottobre 1943 - estate 1944  furono eseguiti  mitragliamenti con aerei da caccia italiani sull’areoporto di Podgoritza mentre aerei da trasporto  atterrarono  a Pljevlja per rifornire gli uomini della Garibaldi di armi e vestiario e riportare Italia, con il volo di ritorno, numerosi feriti.
A partire dall’estate 1944 gli alleati, in riconoscimento della lealtà e dell’entusiasmo  con cui l’areonautica italiana aveva operato al loro fianco, effettuarono la cessione di loro aerei più moderni ed in perfetta efficienza che rinsanguarono i reparti operativi italiani  i cui velivoli, ormai esausti e logori oltre ogni limite, mettevano in pericolo l’incolumità dei nostri coraggiosi e volonterosi piloti.
Ciò consentì all’aeronautica italiana di aumentare la propria efficienza con   bombardamenti e mitragliamenti su  stazioni, impianti e linee ferroviarie, ponti, strade, aereoporti, batterie costiere, autocolonne ed unità navali tedesche allo scopo di alleggerire  quanto più possibile la pressione nemica  contro la “Garibaldi” ed i partigiani dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo (EPLJ) agli ordini del maresciallo Tito con i quali si era alleata per combattere, insieme, il comune nemico tedesco.
Missioni speciali furono eseguite da nostri  S.82 a Niksic per  scaricare rifornimenti e  prelevare feriti mentre continuavano, con i nostri S.82 e  Cant.Z-1007 bis. i lanci destinati non solo alla ”Garibaldi” ma anche ai partigiani dell’EPLIA, nei settori di Radojevici e di Velimlje.
Inoltre, i nostri caccia furono impiegati come scorta ai velivoli rifornitori della “Garibaldi”, ed anche a quelli  alleati in azioni di bombardamento sui territori balcanici.
L’importanza psicologica, oltre che effettiva, dell’attività svolta dai piloti dell’aeronautica italiana in favore dei fratelli  combattenti in Jugoslavia contro i tedeschi emerge ben  evidente nei ricordi di quanti a quella durissima lotta parteciparono.
Così, nella raccolta di  “Memorie garibaldine” edita dalla A.N.V.R.G., alcuni reduci della “Garibaldi”  rievocano quei momenti indimenticabili. Ad esempio, Luigi Marra ricorda la costruzione, da parte degli abilissimi  soldati-lavoratori garibaldini,  del campo di volo che vedrà atterrare e ripartire per l’Italia 36 aerei da trasporto con ben 1078 feriti e malati raccolti  sul massiccio del Durmitor ove i tedeschi avevano invano tentato di distruggere il contingente  italiano. E Carlo Vittorio Musso racconta l’emozione  suscitata dal rombo dei motori annuncianti l’arrivo di 12 nostri bombardieri:” E’ un momento di gioia collettiva e di commozione! Ci abbracciamo gridando mentre gli apparecchi continuano a sfilare  e  giunti nella conca di Pljevlja…iniziano un lancio nutrito di paracadute e di colli. Poi uno dei bombardieri scende nel piccolo campo ripartendo quasi subito…”. Facile immaginare la difficoltà dell’atterraggio di un grosso velivolo in una conca, su di una pista di fortuna.     
L’attività prestata dalla nostra aeronautica  in favore dei militari italiani rimasti imbottigliati nei Balcani dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 ed il loro contributo di sangue a quella dura lotta emerge dai dati ricavati dal libro “Storia della Aeronautica italiana” di Rosario Abate edito nel 1974 dalla Casa Editrice Bietti di Milano.
I morti furono 40, i feriti 26 e 72 i dispersi in azione. 61 velivoli non rientrarono alla base, 11 furono distrutti al suolo  e 156 dannegggiati in combattimento. Le perdite inflitte ai tedeschi furono di  11 velivoli abbattuti in combattimento,  e 76 distrutti al suolo assieme  ad altri obbiettivi come automezzi, locomotive, carri ferroviari, stazioni ferroviarie e 40 mezzi navali, mentre  nei 20 mesi di guerra nei Balcani 1800 furono  le tonnellate di materiale bellico e di sussistenza aviotrasportato o aviolanciato dall’aereonautica italiana alle truppe ivi operanti.
Un bilancio che, tenuto conto delle enormi difficoltà superate in un momento di gravissima crisi per le forze armate italiane in faticosa ripresa dopo lo shock  dell’armistizio dell’8 settembre 1943, onora i valorosi combattenti dell’aria italiani di allora  e che è giusto venga messo in evidenza più di quanto non sia avvenuto finora.

                                                                                                                                           Giovanni Zannini



   

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