Dopo la proclamazione dell’armistizio con gli alleati dell’8 settembre
1943 il re Vittorio Emanuele con al seguito il governo presieduto da Badoglio,
si era trasferito a Brindisi, non ancora occupata dagli anglo-americani, per
continuare a rappresentare il legittimo stato italiano.
A seguito della dichiarazione ufficiale di guerra dichiarata il 13 ottobre 1943 dal
governo italiano del sud alla Germania gli alleati riconobbero all’Italia la
veste di co-belligerante ed a seguito di ciò fu assegnata alla Regia
Aeronautica come settore operativo quello balcanico comprendente la Jugoslavia,
l’Albania e la Grecia settentrionale.
Già il 16 ottobre 1943 un CR 42 dell’aeronautica italiana del regno del
sud (che continuava ad essere denominata “Regia Aeronautica” )atterrato a
Berane era riuscito a stabilire un primo
contatto con i militari italiani delle divisioni Venezia e Taurinense ( che
diedero origine alla “Divisione Partigiana Garibaldi”)
rimaste incastrate senza ordini nei
Balcani.
Fu questo il primo segnale che l’Italia non si era dimenticata dei suoi uomini che
erano stati inviati, da ordini sconsiderati,
ad aggredire ed occupare il
territorio della libera Jugoslavia.
Fu quello l’inizio di una serie di aiuti che furono purtroppo
condizionati dal ridotto numero degli aerei disponibili, dalla vastità del
territorio loro affidato, dalle difficoltà della manutenzione ed anche dalle avverse
condizioni meteorologiche del duro inverno balcanico.
Furono infatti 200 gli aerei che
grazie all’abilità ed al coraggio dei
loro piloti riuscirono, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 a raggiungere
felicemente, sfuggendo alla cattura o alla distruzione da parte dei tedeschi,
gli aeroporti del sud italia sotto controllo alleato, unendosi ai 100 già ivi
esistenti, cosicchè l’aeronautica Italiana potè disporre, subito dopo l’armistizio di
circa 300 aerei (da caccia, bombardamento,trasporto, siluranti ed idrovolanti).
Ma si trattava di aerei logori e superati.
In più, la cronica mancanza di
pezzi di ricambio che, prodotti nelle
officine del nord-Italia, non era più possibile, ovviamente, procurarsi, portò
alla formazione delle cosiddette
S.R.A.M. (Squadre Riparazione Aeromobili
e Motori) addette al recupero di materiale areonautico usato ovunque
fosse possibile, perfino in Africa
settentrionale e negli altri fronti ove l’aeronautica italiana aveva operato: e
ben settanta velivoli furono da esse ricostruiti.
Nonostante le difficoltà, grazie al valore ed all’abnegazione dei
piloti italiani che dovettero affrontare l’agguerrita caccia e la contraerea tedeschi fu possibile
tenere i collegamenti con i fratelli italiani della “Garibaldi” a conferma del
legame che continuava ad unirli alla madrepatria.
Nel periodo ottobre 1943 - estate 1944 furono eseguiti mitragliamenti con aerei da caccia italiani sull’areoporto
di Podgoritza mentre aerei da trasporto atterrarono
a Pljevlja per rifornire gli uomini
della Garibaldi di armi e vestiario e riportare Italia, con il volo di ritorno,
numerosi feriti.
A partire dall’estate 1944 gli alleati, in riconoscimento della lealtà
e dell’entusiasmo con cui l’areonautica
italiana aveva operato al loro fianco, effettuarono la cessione di loro aerei
più moderni ed in perfetta efficienza che rinsanguarono i reparti operativi
italiani i cui velivoli, ormai esausti e
logori oltre ogni limite, mettevano in pericolo l’incolumità dei nostri
coraggiosi e volonterosi piloti.
Ciò consentì all’aeronautica italiana di aumentare la propria
efficienza con bombardamenti e mitragliamenti su stazioni, impianti e linee ferroviarie, ponti,
strade, aereoporti, batterie costiere, autocolonne ed unità navali tedesche allo
scopo di alleggerire quanto più possibile
la pressione nemica contro la “Garibaldi”
ed i partigiani dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo (EPLJ) agli
ordini del maresciallo Tito con i quali si era alleata per combattere, insieme,
il comune nemico tedesco.
Missioni speciali furono eseguite da nostri S.82 a Niksic per scaricare rifornimenti e prelevare feriti mentre continuavano, con i
nostri S.82 e Cant.Z-1007 bis. i lanci destinati
non solo alla ”Garibaldi” ma anche ai partigiani dell’EPLIA, nei settori di
Radojevici e di Velimlje.
Inoltre, i nostri caccia furono impiegati come scorta ai velivoli rifornitori
della “Garibaldi”, ed anche a quelli
alleati in azioni di bombardamento sui territori balcanici.
L’importanza psicologica, oltre che effettiva, dell’attività svolta dai
piloti dell’aeronautica italiana in favore dei fratelli combattenti in Jugoslavia contro i tedeschi
emerge ben evidente nei ricordi di
quanti a quella durissima lotta parteciparono.
Così, nella raccolta di “Memorie
garibaldine” edita dalla A.N.V.R.G., alcuni reduci della “Garibaldi” rievocano quei momenti indimenticabili. Ad
esempio, Luigi Marra ricorda la costruzione, da parte degli abilissimi soldati-lavoratori garibaldini, del campo di volo che vedrà atterrare e
ripartire per l’Italia 36 aerei da trasporto con ben 1078 feriti e malati raccolti
sul massiccio del Durmitor ove i
tedeschi avevano invano tentato di distruggere il contingente italiano. E Carlo Vittorio Musso racconta l’emozione suscitata dal rombo dei motori annuncianti
l’arrivo di 12 nostri bombardieri:” E’ un momento di gioia collettiva e di
commozione! Ci abbracciamo gridando mentre gli apparecchi continuano a
sfilare e giunti nella conca di Pljevlja…iniziano un
lancio nutrito di paracadute e di colli. Poi uno dei bombardieri scende nel
piccolo campo ripartendo quasi subito…”. Facile immaginare la difficoltà
dell’atterraggio di un grosso velivolo in una conca, su di una pista di
fortuna.
L’attività prestata dalla nostra aeronautica in favore dei militari italiani rimasti
imbottigliati nei Balcani dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 ed il loro
contributo di sangue a quella dura lotta emerge dai dati ricavati dal libro
“Storia della Aeronautica italiana” di Rosario Abate edito nel 1974 dalla Casa
Editrice Bietti di Milano.
I morti furono 40, i feriti 26 e 72 i dispersi in azione. 61 velivoli
non rientrarono alla base, 11 furono distrutti al suolo e 156 dannegggiati in combattimento. Le
perdite inflitte ai tedeschi furono di 11 velivoli abbattuti in combattimento, e 76 distrutti al suolo assieme ad altri obbiettivi come automezzi,
locomotive, carri ferroviari, stazioni ferroviarie e 40 mezzi navali, mentre nei 20 mesi di guerra nei Balcani 1800
furono le tonnellate di materiale
bellico e di sussistenza aviotrasportato o aviolanciato dall’aereonautica
italiana alle truppe ivi operanti.
Un bilancio che, tenuto conto delle enormi difficoltà superate in un
momento di gravissima crisi per le forze armate italiane in faticosa ripresa
dopo lo shock dell’armistizio dell’8
settembre 1943, onora i valorosi combattenti dell’aria italiani di allora e che è giusto venga messo in evidenza più di
quanto non sia avvenuto finora.
Giovanni Zannini
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