domenica 24 agosto 2014

PER SCONFIGGERE LO STATO ISLAMICO

La decisione dell’Europa e dell’Italia di armare le milizie che si oppongono all’avanzata dei rivoluzionari dell’ISIS che intendono istituire in Irak e nei confinanti stati mediorientali  lo “Stato islamico dell’Irak e del Levante” è certamente da approvare. Anche il Papa ha affermato che è legittimo fermare con le armi la violenza di chi vuole imporre con la forza un regime assoluto violatore della libertà altrui che non esita ad uccidere senza pietà chiunque non condivida la religione islamica o, meglio, quello che essi, erroneamente, affermano essere la religione dell’Islam.
Ciò premesso, si ritiene che la decisione presa (l’invio delle armi ai controrivoluzionari) non sarà in grado di risolvere da sola gli scottanti  problemi che assillano attualmente tutto il medio oriente se non sarà nello stesso tempo accompagnata da interventi mirati ad eliminare le cause che a quella inumana, feroce violenza, hanno dato origine.        
Infatti, scopo dichiarato dell’autoproclamatosi Califfato è quello di instaurare in Irak e Siria e, successivamente, in tutto il medio-oriente, lo stato islamico, una società perfetta modellata secondo i dettami del Corano e quindi priva di quelle ingiustizie sociali, politiche ed economiche attribuite al mondo occidentale.
Se dunque fosse proprio quest’ultimo ad eliminare con la cooperazione internazionale le ingiustizie sopra denunciate dagli estremisti dell’ISIS ecco che sarebbero  ad essi  sottratte quelle motivazioni che spingono molti musulmani a seguirli ed a compiere orrendi delitti.         
Andare, quindi, all’origine, per comprendere quali sono le cause scatenanti della barbara violenza degli estremisti, per combatterle ed eliminarle. Una politica del doppio binario, dunque, fermare con le armi la violenza ma poi agire sul piano politico sociale in aiuto a popolazioni  miserabili perchè la sola resistenza armata all’estremismo avanzante, e la sua sconfitta,  non servirebbe a risolvere le problematiche della società medio-orientale, ma solo a coprirle lasciandole, irrisolte,  ardere sotto la cenere.
Un discorso, questo, che la società internazionale dovrà decidersi, finalmente,  a recepire, e che saremmo lieti di sentir fare dal nostro Presidente del Consiglio aduso ad affrontare problematiche incancrenite e per troppo tempo tollerate: che le battaglie sin qui intraprese in campo internazionale per motivi umanitari si vincono non solo sul piano militare ma anche, e soprattutto, su quello della giustizia.


                                                                                                               Giovanni Zannini   

GIORNALISTI CONDOTTIERI NEL RISORGIMENTO

Al giorno d’oggi i giornalisti possono seguire come inviati le operazioni militari dalle retrovie delle truppe combattenti,  con molte limitazioni, quindi,  rispetto a quei corrispondenti di guerra  che nel passato riuscivano spesso ad andare in prima linea con tutti i rischi relativi.
Nel nostro Risorgimento, soprattutto nell’ambiente garibaldino, particolarmente vivace, vi furono almeno due casi nei quali giornalisti dotati di grande coraggio e di spirito d’avventura seppero impugnare, oltre alla penna, anche la spada con risultati assai brillanti anche dal punto di vista militare.
Uno di questi fu Nandor Eber  (1825-1885) di origine ungherese naturalizzato inglese, patriota che si era battuto per la libertà dell’Ungheria dall’Austria e che, falliti i tentativi insurrezionali, si era rifugiato con altri compatrioti in Italia combattendo per la sua libertà e dando vita, assieme al col. Istvan Turr, alla valorosa “Legione ungherese” che si battè agli ordini di Garibaldi in molte sue imprese.
Nel 1860 lo troviamo accreditato come corrispondente inglese del “Times” a Palermo e grazie ad informazioni acquisite in tale veste, è in grado di fornire a Garibaldi giunto in vista di Palermo l’esatta dislocazione delle truppe borboniche poste a difesa della città. Ciò facilita la sua conquista ed in premio della preziosa collaborazione Garibaldi lo nomina sui due piedi colonnello brigadiere e gli affida, in sostituzione del col. Turr ammalato, il comando della 15° divisione - della quale fa parte la “Legione ungherese” – che attraversato il centro dell’isola  passando per Caltanisetta e Castrogiovanni, raggiungerà  il 25 luglio 1860 Catania già abbandonata, dopo averla saccheggiata, dai Borboni.
La “Legione” parteciperà poi in maniera così determinante alla battaglia campale del Volturno da far dire a Garibaldi:” La “Legione Ungherese” che ho l’onore di comandare ha dato prova di dedizione e di eroismo sulla scia della gloria del suo popolo”.
Altro protagonista di tale singolare filone giornalistico-militare risorgimentale fu Antonio Gallenga (1810-1895) nato a Parma,   figlio di un ufficiale piemontese dell’esercito napoleonico.
Personaggio esuberante condusse in giro per il mondo una vita colta e peripatetica, movimentata e piena d’avventure.
Negli Stati Uniti  insegnò italiano a New York ed a Boston, in Inghilterra ebbe la cattedra d’italiano al Quenn’s College di Londra e della Nuova Scozia, insegnò a Eton, tenne corsi su Dante a Manchester, in Italia insegnò a Firenze, tenne conferenze e scrisse un libro.
Come giornalista lavorò per il “Times” che alla fine lo utilizzò come inviato all’estero.
Intraprendente in campo sentimentale seppe mettere a profitto il cuore con gli interessi e un paio di buoni matrimoni gli assicurarono ottime rendite inducendolo a prendere la cittadinanza britannica vivendo fra gli agi.
Politicamente inquieto, in gioventù antimonarchico, aveva progettato di assassinare il re Carlo Alberto al grido di “Lunga vita all’Italia, e muori!”: ma il regicidio era fallito…perché l’attentatore non era riuscito a procurarsi l’arma  per metterlo in atto.      
 Però il comportamento di Vittorio Emanuele II a favore dell’Unità d’Italia gli fece cambiare opinione, ne divenne entusiasta sostenitore tanto da partecipare alla spedizione garibaldina in Sicilia.
Era giunto a Messina a bordo del piroscafo “Washington” mandato dal “Times” per sostituire Eber che, forse troppo impegnato dal comando della sua 15° Divisione, aveva un po’ trascurato la penna.
E siccome anche Antonio Gallenga di guerra, di armi e di soldati se ne intendeva per aver menato le mani nel 1848 a Milano ed a Mantova, e per aver raccontato (sempre per jl “Times”) la campagna d’Italia del 1859, Garibaldi nominò anche lui colonnello e gli affidò, assieme ad un altro colonnello inglese, John Whitehead Peard , il comando di una colonna di volontari inglesi (la “Legione inglese”) con l’incarico di precederlo, dopo il passaggio dello stretto di Messina, nella marcia di risalita della penisola.
Occorre premettere che, stando a quanto riferisce lo stesso Gallenga, “per Garibaldi era la norma impartire ordini di marcia e poi partire lui stesso in testa con quelli del suo seguito , dando per scontato che il suo esercito sarebbe arrivato subito dopo, ma ponendosi di rado il problema di accertare se lo facesse o no”. Pare strano, ma così scrive l’autorevole firma del “Times”. L’avanzata di Garibaldi da Reggio a Napoli avvenne dunque con la seguente modalità: avanti a tutti la ”Legione inglese”  che precedeva anche di 150 chilometri il Generale accompagnato da un modesto seguito, staccato, a sua volta, dal grosso dei suoi uomini  che lo seguiva a distanza.
Il col. Peard, un pezzo d’uomo grande e grosso, con una gran barba, spesso con il “poncho” e con in capo un cappello piumato (indossato anche dai suoi uomini che taluni chiamarono perciò i “bersaglieri inglesi”), assomigliava molto a Garibaldi ed è  ricordato come “l’inglese di Garibaldi”.
Accadeva così che, scambiandolo per Garibaldi, i borbonici, terrorizzati dalla sua fama, se la davano a gambe: ed in tal modo il col.Peard ottenne ad Auletta la resa di ben 10.000 di loro comandati dal gen.Calderelli.     
Ed a Gallenga va il merito di aver convinto, grazie alle sue conoscenze in campo avversario, il governo napoletano a lasciare Salerno senza combattere  e ad arroccarsi a Capua al riparo del Garigliano  e del Volturno.
Se dunque Garibaldi potè giungere a Napoli con sorprendente rapidità, lo si deve anche alla “Legione inglese” che, condotta dal gigantesco col.Peard e dal suo collega Gallenga contribuì poi anche alla vittoria garibaldina nella battaglia del Volturno che segnò la fine del Regno delle due Sicilie.
Resta da dire sulle virtù giornalistiche dei due. Pare che Nandor Eber come corrispondente di guerra alla quale partecipava in prima persona non fosse ovviamente molto imparziale anche perché si sospetta che se si fosse dimostrato  neutrale molti lettori  del “Times”, grandi ammiratori di Garibaldi, se ne sarebbero dispiaciuti: quindi…
Per quanto riguarda Antonio Gallenga la sua specializzazione, prima di divenire inviato all’estero, doveva essere stata quella di commentatore politico  a giudicare dai violenti editoriali sul “Times” contro Mazzini al quale rimproverava l’avversione alla monarchia sabauda.
Parliamo, infine, di compensi.
Non risulta quanto fosse pagato Eber, ma per quanto riguarda Gallenga si sa che per raccontare la seconda guerra d’indipendenza italiana del 1859 il “Times” gli versò ben 80 sterline al mese che per l’epoca era una cifra enorme, per cui si ritiene che gli onorari incassati  per i suoi  servizi sull’impresa dei Mille  (oltre al soldo spettantegli per il suo servizio militare) abbiano costituito un importo assai ragguardevole.
Ci si rende quindi conto come i guadagni della sua attività giornalistica sommati alla rendita di 1000 sterline annue derivantegli dalla morte della moglie Juliet Schunck ( ricca ereditiera di famiglia ebraica) gli abbiano consentito di acquistare il castello di Llandogo  nel Galles ove si riposò fino all’età di 85 anni dalle fatiche accumulate  durante la sua lunga, movimentata vita.
                                                                                                     Giovanni Zannini   



LE "FUGHE" DEI RE NELLA II GUERRA MONDIALE

Ritengo  improprio il termine “fuga” attribuito da molti (troppi) alla decisione di quei  sovrani europei che, durante la II guerra mondiale, lasciarono il loro paese invaso dai tedeschi per trasferirsi in Inghilterra.
Non si trattò, infatti, di un allontanamento determinato dalla personale preoccupazione di sottrarsi alla cattura ed alla conseguente prigionia in mano tedesca, che potrebbe giustificare il termine “fuga”, sibbene del desiderio, vero obbligo costituzionale,  di salvaguardare la sopravvivenza della personalità giuridica degli stati dei quali erano legittimi rappresentanti   sottratti dalla violenza nazista alla loro sovranità in attesa di rientrarvi  dopo  l’auspicabile  cessazione dell’impedimento  provocato dall’invasore. 
E furono essi a nominare quei “governi in esilio” che cercarono di tutelare per quanto possibile gli interessi delle rispettive popolazioni temporaneamente sotto il potere  illegittimo della Germania occupante.     
Per questo, anziché parlare di re “fuggiti” a Londra,  ritengo si debba più propriamente parlare di re “rifugiati” in Inghilterra che generosamente diede loro ospitalità in  attesa di tempi migliori.     
Esaminiamo singolarmente il comportamento di questi sovrani.
In GRECIA il re Giorgio II dopo la capitolazione dell’esercito greco avvenuta il 21-4-1941 si rifugia a Londra ove forma il governo greco in esilio.
In JUGOSLAVIA il re Pietro II dopo la capitolazione dell’esercito jugoslavo avvenuta il 17-4-1941, in concomitanza con quella greca, conseguente alla comune massiccia offensiva tedesca nel sud-Europa, si rifugia a Londra ove costituisce il governo della Jugoslavia in esilio.    
In NORVEGIA il re Haakon VII  combatte assieme ad un corpo di spedizione anglo-francese contro l’invasore tedesco, ma dopo la battaglia perduta di Lillehammer, il 7-6-1940 si imbarca a Narvik assieme agli alleati diretto a Londra ove forma il governo in esilio. 
L’OLANDA è un caso particolare.  La regina Guglielmina, infatti,  sfuggita alla cattura dei tedeschi invasori, il  13 maggio 1940 fu tratta in salvo da un cacciatorpediniere inglese che la trasportò a Londra ove non costituì un governo in esilio, ma donde continuò con discorsi e messaggi giornalieri trasmessi da radio “Oranje” da Londra e dal Canada, ove si era trasferita,  ad animare  la resistenza  del suo popolo contro i tedeschi.
E l’ITALIA?
La pretesa “fuga” da Roma per sfuggire alla cattura tedesca  consentì al re Vittorio Emanuele III di mantenere la legittima rappresentanza dello Stato italiano nei confronti degli alleati vincitori riducendo, per quanto possibile, con la cobelligeranza, i danni di una guerra perduta.
Oltretutto, la presunta “fuga” non fu tale anche perché non avvenne, come nei casi che precedono,  verso l’estero:  nella realtà si trattò del “trasferimento” della sede del potere reale dalla capitale Roma a Brindisi, città italiana ancora libera perché solo successivamente raggiunta dagli alleati.
Ciò detto per la necessaria obbiettività,  va invece criticato il modo con il quale  il  sovrano, il suo governo e le autorità militari al  seguito attuarono  malamente, in maniera confusa e disorganizzata, il suddetto “trasferimento”. 
Gravissima  fu infatti la responsabilità  del re e del suo governo per  non aver opportunamente programmato, in tempo utile,  lo sganciamento   dell’Italia dalla Germania e di non aver predisposto i relativi piani operativi, allontanandosi invece da Roma senza aver diramato le opportune disposizioni, e lasciando  i militari italiani, in Italia ed all’estero,  allo sbando,  in condizioni altamente drammatiche, privi di ordini e nella confusione assoluta.
Ma la bontà della scelta di quei sovrani che per mantenere viva la personalità dello stato da essi rappresentato si “rifugiarono” a Londra, rispetto a quelli che, pur spinti dal nobile desiderio di condividere con  il proprio popolo la sofferenza dell’occupazione tedesca, restarono in patria,  emerge dalle conseguenze negative del comportamento da essi tenuto.
In BELGIO il re Leopoldo III, dopo aver, con iniziativa personale non prevista dalla costituzione firmato il 28 maggio 1940 la resa con i tedeschi decise di rimanere in Belgio e di non seguire il suo governo in esilio per, come egli disse, “seguire il destino delle mie truppe”. Ma il suo tentativo di convivere  con l’occupante  fallì ed egli fu relegato, prigioniero, nel castello di Laeken ove, fra l’altro, intrecciò un rapporto amoroso con  la signora Mary Lilian Baels (poi principessa Liliane de Réthy) conclusosi con un matrimonio che suscitò grandi polemiche e che nocque grandemente alla sua popolarità.
In DANIMARCA il re Cristiano X di fronte all’irrompere, il 9 aprile 1940, del tedesco nel proprio stato, nell’impossibilità di opporvisi perché praticamente privo di forze armate, firmò il 9 aprile la capitolazione che prevedeva l’impegno  danese di non compiere atti ostili verso l’occupante, e da parte di quest’ultimo  di non violare i diritti costituzionali della Danimarca. In realtà il comportamento del sovrano che rifiutò di andare all’estero (come fecero i suoi “colleghi” norvegesi ed olandesi) ove dunque non vi fu un governo danese in esilio, fu piuttosto  equivoco e,  pur manifestando la propria apparente indipendenza dall’occupante con quotidiane passeggiate a cavallo per le vie di Copenaghen, i suoi discorsi politici si discostarono di poco dalla volontà del governo di cooperare con le forze d’occupazione.

Ecco dunque perché, in conclusione, si ritiene errato affermare che siano “fuggiti” quei sovrani che durante la II guerra mondiale si trasferirono all’estero per testimoniare la sopravvivenza giuridica dello stato da essi rappresentato  dopo l’occupazione nazista, tenendo così accesa la fiamma della libertà del proprio popolo.
E’ invece  esatto dire che essi furono dei “rifugiati” all’estero, anticipatori delle migliaia di “rifugiati” che, come le teste coronate di un tempo,  difendono oggi la loro libertà conculcata nei paesi che  generosamente li ospitano.  
     

                                                                                                                         Giovanni Zannini

domenica 17 agosto 2014

DA KOS ALLA PUGLIA. A REMI

 E’ vero, il trattato di Losanna del 24 luglio 1923 aveva definitivamente conferito all’Italia la piena sovranità sulle isole greche dell’Egeo  conquistate durante la guerra italo turca del 1912, la guerra di Libia. Ma il ricordo della passata secolare , detestata dominazione turca, e, ancor più,  della recente sfortunata guerra combattuta  dal 1919 al 1922 dalla Grecia contro la Turchia, era ancora troppo viva in molti abitanti dell’isola di Kos. 
La presenza dell’Italia avrebbe dovuto tranquillizzarli, ma restava il timore che essa intendesse stabilire buone  relazioni con la confinante Turchia favorendo scambi commerciali ed accordi che avrebbero  consentito all’odiato turco di metter nuovamente piede sul suolo di Kos. Allora, meglio cambiar aria, e alcuni di loro decisero di andarsene proprio in quell’Italia che nei loro confronti si era comportata da “brava gente” e dove avrebbero potuto stare tranquilli senza l’incubo di trovarsi il turco ancora fra i piedi. Ma come arrivarci e, soprattutto, spendendo poco, dato che i “vapori”, all’epoca, costavano cari?
Ed è a questo punto che si fa avanti Stefanos Laumzis - un giovanotto forte, intelligente, amante dell’avventura e che del mare conosce tutti i segreti – ad offrire ad alcuni  che se ne volevano andare in Italia, di portarceli lui, per pochi soldi. Ma come? Con la sua  barca,  a remi.
Fu così che vogando per 38 giorni  alternandosi con qualcuno dei volonterosi passeggeri, riuscì nell’impresa,  che ancor oggi lascia sbalorditi, di raggiungere l’Italia e di scaricare i suoi passeggeri in Puglia.
E siccome qualche pugliese in cerca di una vita meno grama, e libero dall’ atavica paura del turco che invece opprimeva molti degli abitanti del “Dodecanneso”, se ne voleva andare a cercare fortuna nella “colonia” che il governo italiano di allora, si era voluta conquistare, Stefanos Laumzis, per non fare il viaggio di ritorno a vuoto,  offrì loro di trasportarli a buon prezzo, con la sua navicella, e sempre a remi, a Kos.      
Non si sa quanti avanti e indietro, tra Kos e la Puglia,  abbia fatto l’intraprendente – e muscoloso -  Stefanos: sta di fatto che dopo aver messo da parte un gruzzoletto,  si accorse che i quattrini li poteva guadagnare con assai minor fatica con i primi turisti che, attratti dal bel mare dell’Egeo,  cominciavano ad arrivare nell’isola, e che, data l’assenza, allora, di un porto, dovevano essere trasbordati dalle navi in arrivo, alla fonda sotto costa, fino a terra.
In breve, organizzò un servizio coi fiocchi che gli consentì di arricchire il gruzzolo fino a che si accorse che i soldi si potevano fare, oltre a sbarcarli, anche portando a spasso gli ospiti nel mare di quel paradiso chiamato “Dodekanissa“ (Dodecanneso).
Ed ecco, con gran festa, il varo del primo battello turistico subito imitato da altri intraprendenti isolani che hanno creato quella imponente, gioiosa flotta che ogni giorno d’estate solca il mare greco dell’Egeo.
Era nata  la “Laumzis – Flyng Dolphins “, la società che guidata dalla nipote di Stefanos Laumzis e dal marito - che tutti chiamano Pedro - da anni fornisce, con la sua agenzia ed i suoi 4 battelli, un valido contributo all’imponente sviluppo turistico dell’isola di Kos.
Ma non hanno dimenticato, i suoi titolari, l’impresa del nonno che sa di avventura e di coraggio: ed a ricordo dalla sua memorabile impresa, hanno voluto chiamare “Puglia Queen” il potente aliscafo -  tuttora in servizio nei lontani  Emirati arabi -  che per anni ha portato il nome della lontana Puglia, meta faticosa  della forza  e della fatica di Stefanos Laumzis, nel mare incantato della “Dodekanissa”.


Padova 17-8-2014                                                                                Giovanni Zannini

mercoledì 6 agosto 2014

Racconto - LA CANTATRICE ALLEGRA

Dopo la morte, assai compianta,  della Lina, la soprano del coro della parrocchia di S.Bernardo, tutti, Parroco in testa, si erano dati da fare per trovarle una degna sostituta.
Dopo molte ricerche andate a vuoto arriva un giorno da don Franco Enrico Bonfigliolo, presidente del consiglio parrocchiale, che tutto trionfante gli annuncia di aver finalmente trovato la  soprano. “E chi è?” chiede. “La Giovanna Benfatti” è la risposta. A quel punto il buon don Franco fa uno zompo come se gli avessero messo uno spillo sotto il sedere, e prorompe:” Che? Quella poco di buono, quella svergognata, quella femminista incallita, quel pericolo pubblico che fa girar la testa a  tutti i giovanotti del paese! Ma sei impazzito, come hai il coraggio di  farmi una proposta del genere? Ti immagini la Giovanna nel  coro con le gonne che gli arrivano all’ombelico e certe scollature che non nascondono niente?  C’è il rischio che tenori e baritoni, distratti dalla sue grazie,  facciano delle stecche di troppo”,  concludendo con un  deciso “ No, Enrico, della Giovanna non se ne parla neppure!”.
L’altro, conciliante:” E’ vero, la Giovanna non è uno stinco di santo, è allegra e piena di vita, e  di morosi ne ha avuti tanti. Ma la sua voce, don Franco, l’ha sentita? Un capolavoro: intonata, potente,  ma nello stesso tempo dolce e delicata, e le note escono dal suo torace – ben sviluppato, come  Lei sa -  con grande naturalezza, come se stesse bevendo un bicchier d’acqua.  Sono certo che, se l’assumiamo, il coro farà un salto di qualità anche da un punto di vista estetico - perché, diciamolo, pur con tutto l’affetto per la defunta, la Lina aveva una gran voce, ma era proprio racchia - e   diverrà famoso”.
Ma niente da fare, quando quel benedett’uomo si metteva in testa una cosa, non c’era verso di fargli cambiar idea.
Intanto il coro, orbato della voce della Lina, languiva, alcuni coristi che disdegnavano di far parte di un coro così scassato  se ne erano andati, e molti fedeli, delusi, avevano preso a frequentare altre parrocchie dotate di un buon coro.
Ripetute audizioni per scovare una degna sostituta della defunta erano andate a vuoto e  quel  giorno che  don Franco,  incontrando il fido capo del consiglio parrocchiale,  gli chiese, affettando indifferenza:”Ne’, Franco, quella Giovanna…”, l’altro si rese conto che finalmente il prete si era arreso, e organizzò l’audizione.     
La Giovanna arrivò tranquilla e, nonostante le raccomandazioni dell’Enrico, con il solito vestitino un po’ tirato.             
Ma quando la ragazza prese a cantare in atteggiamento ispirato, con il  viso cui la soavità delle note dava un’espressione dolce, nuova e diversa da quella consueta troppo sicura di sé ed anche un pochino strafottente, lo sguardo del prete che la guardava in modo arcigno gradualmente mutò espressione: la prevenzione lasciò il posto all’ammirazione sincera per quella voce stupenda ed alla fine dell’Ave Maria di Gounod il buon Parroco si trovò, quasi inconsciamente, ad unirsi al battimani che tutti i componenti della commissione esaminatrice tributarono alla Giovanna, che perciò  fu, per acclamazione, immessa nel coro.
Ma non mancarono le difficoltà. Infatti, quando don Franco, per annullare le curve in eccesso della ragazza,  propose di dotare tutte le coriste di una tunica che le copriva da capo a piedi, si trovò di fronte ad una reazione che minacciò di mandare a monte l’intera operazione.”Cosa?” sbottò la Giovanna “io mettermi addosso quello scafandro? Mica sono una monaca, io!” concludendo con un “se il parroco non cambia idea, si cerchi un altro soprano” che mise in grande difficoltà il buon prete.
Si aprì allora una trattativa lunga e delicata, con fasi alterne ed alla fine fu raggiunto il seguente accordo: 1°- la gonna arrivi al ginocchio, non un centimetro sopra!, e 2° - la scollatura giunga fino al punto in cui il seno comincia a fiorire, ma, assolutamente, mai al disotto!
Superata anche questa difficoltà, la Giovanna finalmente debuttò, e fu un trionfo: i fedeli tornarono a Messa nella parrocchia di S.Bernardo, baritoni, bassi e tenori  che se   ne erano andati si accalcarono attorno alla Giovanna la quale, a furia di cantare in chiesa mise la testa a posto e si sposò con il basso, un giovanottone pieno di salute con il quale ebbe molti figli tutti belli e di sana e robusta costituzione.      


                                                                           Giovanni Zannini

INCHIESTA SU MEDJUGORIE

                                                  PREMESSA

Questo scritto ha lo scopo di tentare di mettere ordine su di un argomento molto dibattuto e per indagare se il fenomeno Medjugorje abbia un effettivo valore sul piano religioso oppure se si tratti di qualcosa di artefatto creato per motivi economici e commerciali che sfrutta la credulità popolare.

“APPARIZIONI” O “VISIONI”?

E’ anzitutto improprio il linguaggio  con il quale si qualificano questo ed altri avvenimenti allorchè si afferma che la Madonna sia  “apparsa”, per fare i casi più noti, a Lourdes, a Fatima o a Medjugorje.
Si deve invece più correttemente dire che, in tali casi, si tratta di persone che sostengono di aver avuto la “visione” della Madonna, “visione” riservata esclusivamente a loro e non percepita da altri.
Tali fenomeni si basano dunque sulla fiducia riposta in persone (i “veggenti”) affermanti di aver avuto una “visione” -  fatto esclusivamente soggettivo e privo di ogni obbiettività – che divengono esse stesse oggetto di grande interesse,  e spesso,  di venerazione.
Pertanto il linguaggio giornalistico che usa correntemente il termine “apparizioni” dovrebbe assumere un atteggiamento  più cauto ed usare il condizionale,  come ad esempio  un organo di stampa non sospetto come “Avvenire” che il 27 giugno 2011 trattando l’argomento usa espressioni come “la prima presunta apparizione mariana” e “una delle presunte veggenti”, riferendo altresì che i sei giovani “si sarebbero imbattuti in una luminosa figura di donna vestita di bianco” e che “dal 25 giugno 1981 la Vergine avrebbe cominciato ad interloquire costantemente con i ragazzi”.
Mentre non può non sorprendere, in contrasto con quanto sopra,  un articolo di Alessandra Gavazzi su “Gente” ove si legge che il giornalista Paolo Brosio definito nell’articolo un “convertito”, e che si proclama “ultrà” della  Madonna di Medjugorje,  affermi con sicurezza (non si comprende in base a quali ragionamenti), che la Madre di Gesù , in quel posto,  “appare fisicamente”.
Da parte nostra, per evitare continue ripetizioni, pur essendo convinti, come sopra detto, della necessità di usarli, ometteremo in prosieguo i termini “presunte”  o “affermate” dinanzi alle parole “visioni” e “apparizioni”. 

BASTA “PASTORELLI”

Quello che differenzia  Medjugorje da altri fenomeni famosi  quali Lourdes e Fatima, sta nel fatto che nessuno dei presunti veggenti appartiene alla categoria, evidentemente privilegiata nella vulgata delle apparizioni  mariane, di giovanissimi “pastorelli”. Si tratta invece  di un gruppetto costituito , all’epoca dei fatti affermati, da 4 giovanette (Ivanka 15 anni , Marija e Miriana  anni 16, Vicka  anni 17) e due maschi (un bambino di 10 anni, Jacov, e Ivan di 16).
Tutte età, peraltro,  che dovrebbero  imporre una particolare cautela a chi indaga fenomeni del genere data la nota suggestionabilità dei minori sottolineata da esperti psicologi e magistrati  in occasione di testimonianze rese in sede giudiziaria.
Esistono infatti regole relative agli interrogatori cui sono sottoposti i minori fra cui l’esame della loro capacità di ricordare, di distinguere il vero dal verosimile e quella  di comprendere le domande;  queste, inoltre, debbono sempre essere aperte (cioè non contenere la risposta) e non suggestive.
Nel caso in esame, poi, un’altra differenza consiste nel fatto che, mentre altrove le “apparizioni” si esauriscono in tempi brevi, a Medjugorje il fenomeno perdura da molti anni: i vedenti, divenuti adulti, affermano di continuare, dopo 33 anni,  a vedere la Madonna ed a colloquiare con essa mediante   appuntamenti ben scadenzati e con  orari precisi.   

ECCO I VEGGENTI.

La vicenda ha inizio il  25 giugno 1981 allorchè a Medjugorje (frazione del comune di Citluk), nella ex Jugoslavia oggi repubblica di Bosnia-Erzegovina, nel cantone del’Erzegovina-Nerenta,  un gruppo di giovani di diversa età affermarono di aver visto la “Gospa” (Madonna in lingua locale).
Eccone l’elenco  con informazioni provenienti dalla parrocchia e da altre fonti, nonché il “calendario” degli “appuntamenti” di ciascuno  :
1)       IVANKA IVANKOVIC nata a Bijacovici (altra frazione di Citluk) il 21-6-1966 (anni 15 all’epoca; attualmente 47), sposata con Raico Elez, tre figli – Kristina, Josip, Ivan -,  vive a Medjugorje. Ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 7 maggio 1985 quando, affidandole il 10° e ultimo segreto la Madonna le disse che avrebbe avuto le apparizioni per tutta la sua vita una sola volta all’anno: il giorno dell’Anniversario della prima apparizione (24-6-1981)   
2)      MIRJANA DRAGICEVIC nata a Sarajevo il 18.3.1965 (anni 16 all’epoca, attualmente  48); sposata con Marco Soldo, due figlie – Veronika e Marija -, vive a Medjugorje. Ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 25 dicembre  1982. Affidandole il 10° ed ultimo segreto, la Madonna le disse che avrebbe avuto le apparizioni per tutta la sua vita una volta all’anno: il 18 marzo, giorno del suo compleanno. Dal 2 agosto 1987, ogni secondo giorno del mese  sente la voce della Madonna e a volte la vede e prega con lei per i non credenti.
3)      VICKA IVANKOVIC nata a Bijacovici il 3-9-1964 (anni 17 all’epoca; attualmente 49); sposata con Marijo Mijatovic, due figli – Marija-Sofija e Ante –, vive nel villaggio di Krechin Gradac, a pochi chilometri da Medjugorje. Ha le apparizioni quotidiane.  
4)      MARIJA PABLOVICH  nata a Bijacovici il 1-4-1965 (anni 16 all’epoca; attualmente 48), sposata con l’imprenditore italiano , Paolo Lunetti, quattro figli – Michele, Francesco, Marco, Giovanni -, vive a Monza. Ha le apparizioni quotidiane
5)      IVAN DRAGICEVIC nato a Bijacovici il 25-5-1965 (anni 16 all’epoca; oggi 48); sposato nel 1994 con la statunitense Laura Murphi, miss Massachusset 1990, quattro figli – Kristina, Mihaela Mikayl, Daniela, Mattew –, vive diversi mesi l’anno  a Bijacovici ove gestisce una pensione per pellegrini, e per il resto a Boston. Ha le apparizioni quotidiane.
6)      JAKOV COLO nato a Bijacovici il 6-3-1971 (anni 10 all’epoca; attualmente  42), sposato con Annalisa Barozzi, tre figli, vive a Bijacovici. Ha avuto le apparizioni quotidiane fino al 12 settembre 1998. Quel giorno la Madonna  gli ha confidato il 10° segreto e ha detto che gli apparirà una volta l’anno,  il 25 dicembre, Natale . 
Tutti i “veggenti” affermano di aver avuto quotidianamente le apparizioni che persistono tuttora (Vicka, Marija e Ivan), mentre per gli altri 3, Ivanka, Jakov e Mirjana ad un certo punto esse si sono interrotte e ridotte a data fissa una volta l’anno. Forse la Madonna si affaticava ad apparire ogni giorno e qualcuno Le avrà suggerito di alleggerire il suo impegno
Mirjana però, più fortunata, oltre alla visione annuale, ne ha una ogni secondo giorno del mese, sente la voce della Madonna  e prega con lei per i non credenti.


LE PROVE

I sostenitori del caso Medjugorje si affannano ad offrire  “prove” dell’ autenticità delle visioni dei “veggenti” ai quali appare la Madonna.                                                                                                                                                         
La più importante e, secondo loro, risolutiva, è il fatto che i veggenti, al momento della “visione”, indirizzino all’unisono, contemporaneamente, lo sguardo verso un sol punto in alto di fronte a loro, là dove la Madonna apparirebbe.
Una prova, ahimè, troppo, troppo debole, che non regge di fronte all’ipotesi di possibili intese non difficili da ottenersi, ed all’attenta analisi di un documento che dovrebbe, secondo i ”fans” di Medjugorje,  avere un’efficacia risolutiva.
Si guardi una delle foto più pubblicizzate nelle quali appare il gruppo dei veggenti a mani giunte, in apparente stato di estasi, durante l’apparizione.
Ebbene,  cinque di essi guardano con aria ispirata verso l’alto, ma uno, il piccolo Jakob, guarda  dinanzi a sé.
Ma è possibile, che se veramente, come si sostiene, in quel momento fosse in atto un avvenimento straordinario, impensabile, miracoloso,  quale l’apparizione della Madre di Dio in terra, un fanciullo, invece di manifestare il suo immenso stupore appuntando estasiato lo sguardo verso di essa, guardi, invece,  distrattamente, in un’altra direzione?
Oppure è “la bocca della verità” del bambino, anche se in questo caso, meglio sarebbe dire “l’occhio della verità”?     
La più impegnata  a fornire prove sulla realtà del “fenomeno Medjugorje” è la scrittrice Manuela Pizziolo (autrice del libro “Medjugorje – Un messaggio di pace e di speranza” – Editrice “Quadratum SPA” 2010 – allegato a “Intimità – Settimanale di Narrativa, cultura e politica” edito dalla stessa “Quadratum”) che della vicenda dà una versione accattivante in grado di convincere una certa categoria di lettori che quanto raccontato è effettivamente accaduto, e di indurli  a dare al racconto un valore storico e documentale inesistente. Una fiaba, insomma, che può piacere ai bambini ma che urta l’intelligenza del lettore consapevole.
A pag.28  Mirjana chiede alla Madonna che le è apparsa di darle una prova del prodigio “altrimenti tutti penseranno che siamo pazzi  a dire che ti vediamo  e che parliamo con te…”. Poco dopo, la ragazza “guardò il proprio orologio da polso e trasalì: le lancette si erano capovolte! Sentendosi travolgere da un’ondata di gratitudine capì  che quello era il modo scelto  dalla Signora del Cielo  per aiutare lei e gli altri ad essere creduti, il segno che aveva chiesto…”.
Il racconto prosegue. Siamo nella sede della polizia di Citluk ove si discute su quanto sta accadendo  perché si ha il sospetto che si tratti di una manovra dei cattolici  contro il regime di Tito.  Il poliziotto che ha interrogato Mirjana mostra al suo superiore l’orologio tolto alla ragazza:”…E’ l’orologio da polso” - dice -  “di Mirjana Dragicevic. Se esaminate il quadrante vedrete che le lancette dell’orologio sono capovolte”. Poi aggiunge:” L’ho fatto esaminare da un orologiaio” il quale “assicura  che un orologio fuori centro e con le lancette capovolte non può funzionare. O meglio, non dovrebbe funzionare”. Il superiore guarda l’orologio e constata che “le lancette continuavano il loro viaggio a ritroso nel tempo  ticchettando vivacemente”. E’ sorpreso, e per precauzione ritiene opportuno (pag. 108) “conservare  questo oggetto al sicuro da occhi indiscreti…”.
Chi sa che fine ha fatto: infatti sarebbe assai interessante,  se esiste ancora, capire se e quali bizze, nella ricordata circostanza, quel famoso orologio abbia fatto.
Comunque, a coloro che, scettici, volevano sapere com’era (la Madonna), e qual’era il suono della sua voce, i veggenti, “mostravano” come prova inconfutabile,   “l’orologio di Mirjana con le sue lancette a gambe per aria”.
A riprova della verità dei fatti riferiti, la Manuela Pizziolo cita poi, a pag.128 la d.ssa Darinka Glamuzina che  afferma di aver bisogno di segni per credere alle apparizioni, e chiede di poter toccare la Madonna per sapere se lei è veramente presente. Allora la Vicka “si voltò a fare un cenno a Darinka  che avanzò fino a trovarsi  proprio di fianco all’apparizione. Vicka posò delicatamente  la mano della dottoressa  sulla spalla della Madonna. Darinka la ritrasse di scatto, avvampando: non appena la sua mano aveva toccato la spalla, Darinka aveva sentito l’arto intorpidirsi  e perdere sensibilità”. Allora “si convertì”.[i]      
Altri segni sono quelli consueti in casi del genere, quali  lampi che precedono l’ apparizione (pag.41), il sole che compie strane evoluzioni (p.170), strepitose guarigioni (la postina Felicita, con tumore al seno guarita per merito della Ivanka che aveva intercesso per lei presso la Madonna– pag. 165; Jozo Vasilj, 85 anni, cieco, grazie alla sua fede sull’autenticità delle apparizioni,  riacquista la vista- pag.167).
Inoltre, a pag.171, due fatti straordinari: l’apparire nel cielo,  in lettere d’oro, della parola “Mir” (pace) “che dal monte Krizevac si spostava lentamente   verso la chiesa  dai due campanili (quella di Medjugorje – nda -)
e qui rimaneva immobile per qualche minuto”; poi “un altro fenomeno verificatosi solo pochi giorni più tardi  quando la grande croce che troneggiava sul monte Sipovac, visibilissima da tutta Medjugorje, all’improvviso scomparve mentre al suo posto appariva una gigantesca figura femminile…”.
Infine, va evidenziato un particolare: a pag. 27  i veggenti pregano  assieme a lei (alla  Madonna – nda) che però tace quando gli altri recitano l’Ave Maria perché, ritengo,  Essa pensava  che non era logico il doversi auto-invocare.

APPARIZIONI E  COLLOQUI CON  LA MADONNA

Molti sono  i colloqui fra la Madonna ed i veggenti a cominciare dalla prima apparizione raccontata a pag.27.
Ivanka chiede alla Madonna notizie della mamma che era morta due mesi prima. Risposta:” Sta bene la tua mamma, sta bene…E’ con me. Non devi preoccuparti, è felice”.
A pag.41 altro dialogo, preceduto da un singolare episodio. Trovatasi di fronte alla Madonna, Vicka vuol essere sicura della sua effettiva identità e, aperta una bottiglietta piena di acqua santa ne spruzza il contenuto sulla figura che aveva davanti esclamando:” Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: se sei la Madonna, resta con noi, se non lo sei, vattene!” “La bellissima giovane donna accolse quella delicata pioggia benedetta  con un sorriso dolcissimo ”quindi il colloquio ha inizio e Mirjana vuol sapere se il suo adorato nonno, che era morto l’anno precedente, era in pace”. Risposta:” Devi stare serena, il tuo nonno sta bene”.
Ivanka chiede ancora  se la sua defunta mamma quando è morta ha sofferto e se ha avuto paura, dato che, stando a quanto le avevano riferito, essa era morta tutta sola in una stanza d’ospedale. Risposta:”Sta tranquilla, mia piccola Ivanka: nessuno muore solo…”. La ragazza insiste e chiede alla Madonna se è latrice di un messaggio della mamma per sé e per i suoi fratelli. Risposta:”Si, si raccomanda che siate buoni con la  nonna perché lei ormai è anziana”.
I veggenti chiedono alla Madonna perché essa appaia proprio a loro che non hanno nulla di speciale. Risposta: “Io non scelgo i migliori”. Ma perché è venuta a Medjugorje? Risposta: “Qui ci sono buoni credenti”.
Un tal Marinko, presente all’apparizione, prega i veggenti di chiedere alla Madonna “di dare un segno anche per noi, perché possiamo credere!”, e loro  gli riferiscono le parole della Madonna:”Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”. Marinko insiste affinchè chiedano alla Madonna che cosa essa vuole da loro. Risposta: “Sono venuta per convertire  e per riconciliare  il mondo intero. Figli miei, dite a tutti di convertirsi  finchè sono ancora in tempo!”.
Il piccolo Jakov Le chiede se tornerà l’indomani. Risposta:”Volete che io ritorni?” Tutti entusiasticamente rispondono “sì” ed allora ““la dolcissima creatura sorride e  dice:”Mi troverete ad aspettarvi allo stesso posto di ieri. Ora andate, nella pace di Dio” e se ne va””.
Sin qui i colloqui sono semplici, sereni  e familiari, ma poco dopo l’autrice fa assumere alla Madonna toni drammatici e di tregenda.
Pag.49: ““…un lampo, ed ecco che davanti a Marija c’era di nuovo l’apparizione, ma non era la donna radiosa e sorridente  che aveva visto prima: sul suo volto bellissimo c’era un’espressione tormentata ed alle sue spalle  si levava, nera e incombente, una grande croce. Essa lancia tre volte lo stesso grido:”Mir, Mir,Mir (pace, pace, pace)!  Soltanto pace! Riconciliatevi  con Dio e fra voi!  L’umanità si trova in grave pericolo! C’è il rischio che vi distruggiate con le vostre mani! Riconciliatevi!”.    
Ma dove avvenivano le apparizioni? I luoghi preferiti erano la cima dei 2 colli, il Podbro ed il Krizevak, alla cui base si trova Medjugorje - che significa proprio “fra i monti” –, ma anche nella sacrestia della chiesa ove i veggenti si erano rifugiati allorchè la polizia aveva loro impedito di recarsi agli appuntamenti con la Madonna sul Podbro.
Un altro episodio è riportato a pag.139 del libro della Pizziolo. Le tre vedenti e Jakov si trovano in una località che “dominava dall’alto  tutta Medjugorje  e da là sopra era possibile addirittura  vedere il Podbro e il mare di persone che si erano radunate lì a dispetto dei divieti (della polizia – nda)”. I 4 ragazzi (essendo l’ora dell’apparizione) si inginocchiano “e dopo pochi istanti videro una grande nube luminosa sovrastare la folla e dirigersi rapidamente verso di loro: in quella nube simile ad una colonna di fumo fluorescente, riconobbero la Vergine”.  
Essa apparve perfino in una camionetta della polizia come si legge  a pag.147 del libro della Pizziolo allorchè le tre veggenti Ivanka, Vicka e Marija erano state prelevate dalla polizia per impedir loro di recarsi all’appuntamento  delle 18 con la Madonna sul Podbro. Le ragazze, ovviamente, erano impaurite, ed allora “comparve loro la meravigliosa creatura proprio là, dentro la camionetta, solo per dir loro di non aver paura”. Certo, il pensiero della Madonna rannicchiata all’interno del veicolo sul cui sedile posteriore già occupato dalle tre ragazze lo spazio non doveva ovviamente essere molto, dovrebbe dimostrare  quanto grande fosse l’affetto della Madonna per le tre veggenti.

 IL  “LOOK” DELLA MADONNA

Stando a quanto scrive nel suo libro Manuela Pizziolo la Madonna tiene ad una certa eleganza tutta femminile e varia in molti casi abbigliamento.
Nella prima apparizione (pag.11) “quella meravigliosa ragazza con un neonato fra le braccia” ha un aspetto regale: tiene una corona sulla testa e indossa  una “tunica grigia”.
Va però notato che nel successivo  incontro (pag.25) “quella meravigliosa figura di donna era di nuovo lì, bellissima e squisitamente reale, con i lunghi capelli neri che si intravvedevano  sotto il velo leggero  che le ricopriva la testa…”, ma la  corona ed il bambino fra le braccia non ci sono e non compariranno più nelle successive apparizioni.   
Particolare interessante: a pag. 37 tal Josip Stopar afferma che la Madonna “è bellissima, di una bellezza che non esiste sulla terra ed anche giovane, sui diciotto, vent’anni appena”, ma, occorre dirlo, Josip non è un veggente, ma solo uno che riferisce quanto si dice in giro.
A pag. 42 si racconta che la folla accorsa attorno ai veggenti in estasi giunse a calpestare “il mantello della bellissima creatura che” (forse offesa, pensiamo) “scomparve”.
Del “manto” o “mantello” si parla anche a pag. a pag.81 allorchè tal Gregorio Kozina “nel tentativo di documentare il prodigio , armato di registratore, si era avvicinato troppo al cespuglio sopra il quale i ragazzi vedevano l’apparizione, arrivando a calpestare il manto della giovane donna”. Si trattava, evidentemente, di un manto piuttosto lungo, da cerimonia, dato che toccava terra mentre la Madonna si trovava sospesa, a mezz’aria, sopra ad un cespuglio. Anche qui, dopo la pestata, “la creatura era scomparsa” il che conferma l’ipotesi, sopra accennata, che la Madonna non abbia molto gradito l’acciaccamento  del suo strascico.
A pag.91 Mirjana, interrogata dal parroco,  racconta che l’apparizione “aveva un velo sulla testa e un abito d’altri tempi…una specie di tunica color grigio perla”. Dunque, in quella occasione, agli abiti regali la Madonna ne aveva preferiti altri più semplici e non più alla moda. Un particolare interessante: alla domanda del parroco che le chiede se la Madonna è bella, la ragazza risponde:”Meravigliosa. Mai visto qualcuno bello come lei…(testuale: ma meglio, si ritiene, sarebbe stato dire “qualcuna bella come lei”). “E’ alta?” chiede il parroco. Risposta:”No, sarà alta più o meno come me, solo molto più snella…Eterea, ecco, è la parola che mi viene in mente per descriverla”.
Peccato non si dica quanto alta fosse a suo  tempo la Mirjana perché in tal caso saremmo in grado di comunicare al mondo un’informazione sensazionale: l’altezza della Madonna.
Da parte sua Ivan Dragicevic, su “Oggi” n.5 del Giugno 2011, fascicolo interamente dedicato ai fatti di Medjugorje, confermando il manto grigio indossato,  aggiunge altri due preziosi particolari sul fisico della Madonna:”Ha le gote rosa e gli occhi azzurri”. Inoltre, informa che la Madonna “nelle feste, come a Natale e Pasqua, indossa vesti d’oro”: insomma, si veste da cerimonia ed in maniera particolarmente sfarzosa.
Comunque, che la Madonna sia bellissima lo  affermano in coro tutti i 6 veggenti. In particolare ne è colpito il piccolo Jakov che le chiede il segreto della sua bellezza, e l’apparizione risponde:”Sono così bella perché amo, ed anche se voi amate diventerete più belli”.  
Amare molto, dunque: ecco un consiglio che potrebbe valere anche per donne non particolarmente avvenenti.
Ma, allo scopo di meglio indagare l’abbigliamento della  Madonna, facciamo un’escursione in altre sedi.
E’ sempre la Manuela Pizziolo, specializzata in  apparizioni, ad aggiungere informazioni in proposito.
Nel suo “Fatima, un segreto lungo un secolo” (anch’esso edito dalla Editrice SPA Quadratum nel 2010,  allegato al settimanale “Intimità”), a pag.28 apprendiamo dai tre piccoli pastorelli veggenti di Lourdes, Giacinta, Francesco e Lucia, che nel loro primo incontro con una bellissima signora (la Madonna), essa indossava un completo bianco. Più avanti, a pag.154, la Nostra Signora appare sempre vestita di bianco, ma questa volta con un manto azzurro. Da notare che, nell’occasione, ai tre pastorelli apparve anche S.Giuseppe che teneva teneramente fra le braccia il Bambino, e, poco dopo, Gesù coperto da un manto rosso”. Comunque balza evidente da tutte le apparizioni mariane, che il colore preferito dalla Madonna è il bianco e l’azzurro.
Circostanza questa confermata anche da un cartoncino illustrativo della Santa Vergine di Fatima diffuso dall’associazione “Luci sull’Est” (Via Savoia 80 – 00198 – Roma) nel quale si aggiunge un ulteriore particolare: il mantello bianco indossato dalla Madonna è orlato d’oro.
Un ulteriore particolare sugli indumenti della Madonna lo troviamo in un altro libro della sempre ben informata ed infaticabile  Manuela Pizziolo intitolato “Lourdes – Bernadette e la grotta dei Miracoli” pur esso edito dalla SPA Quadratum ed allegato a “Intimità”.
Infatti, a pag.95 la Madonna che appare a Bernadette  “ indossa una veste bianca  chiusa in vita da un nastro azzurro, ha un velo bianco sulla testa, nelle mani un rosario,  è scalza ed ha una rosa su ciascun piede”. Ma a pag.106 emerge un dettaglio forse sfuggito ai più: la rosa che orna ogni piede della Madonna è gialla. Evidentemente essa ha voluto evadere dal bianco e dall’azzurro, belli,  ma alla lunga un po’ monotoni, per aggiungere al suo abbigliamento un tocco di colore più vivo e solare, il giallo, appunto.  
Mentre da una “Novena della Medaglia Miracolosa” pur essa pubblicizzata da “Luci sull’Est”  apprendiamo ulteriori informazioni sul modo di abbigliarsi della Madonna.
“Il 4° giorno (27 novembre 1830), verso le ore 18, Santa Caterina Labouré pregava nella cappella quando le apparve la Beatissima Vergine…Dal capo le scendeva un velo bianco fino ai piedi. Il viso  era abbastanza scoperto…”.
Il 5° giorno “La Santissima Vergine  apparve tenendo nelle mani un globo…Le sue dita si ricoprirono di anelli ornati di pietre preziose le une più belle delle altre le quali gettavano verso il basso raggi luminosi di varia intensità…”. Non si dice se nella circostanza la Madonna avesse la corona: ma, osservo,  data l’abbondanza di pietre preziose alle dita, anche un prezioso copricapo regale ricco di gemme - altre volte indossato -  si sarebbe perfettamente intonato. 
Circa il tipo di tessuto del guardaroba della Madonna, non ho trovato notizie precise salvo un cenno reperito sulla sopradetta  “Novena della Medaglia Miracolosa”. Vi si legge infatti che la notte fra il 18 ed il 19 luglio 1830 la santa Caterina Labourè, “guidata dall’Angelo custode  fino alla cappella del suo convento, sentì come un fruscio di vesti di seta  proveniente dalla parte della tribuna  e vide la Santissima Vergine  che si posava sui gradini dell’altare dal lato del Vangelo”. Se ne deduce quindi che, nell’occasione, la Madonna indossasse un abito  di seta. 

VEGGENTI “SECONDARI”

Si intende qui mettere in evidenza che, oltre ai 6 veggenti che possiamo definire “principali”, ve ne sono almeno altri tre che potremmo definire “secondari” e che non è giusto gli “ultras” di Medjugorje abbiano a trascurare senza attribuire anche a loro i dovuti onori.

1 – Milka Pavlovic.
E’ la sorella minore della veggente “principale” Marija. La sua visione è confermata a pag.50 del libro della Pizziolo ove si legge:”…Milka, la pastorella dodicenne (mi pareva strano che un pastorello o una pastorella non dovessero prima o poi spuntare – nda.) che aveva visto l’apparizione la prima sera, il 25 giugno (1981) e che quel giorno aveva voluto tornare con gli altri ragazzi per poterla rivedere,  aveva avuto un’immensa delusione perché come tutti gli altri aveva visto i lampi che avevano preceduto l’apparizione ma niente altro. La bellissima creatura non le sarebbe apparsa mai più”. 

2 – Ivan Dragicevic.
E’ un ventenne operaio di Medjugorie - del quale si parla a pag.12 del più volte citato libro -  che il 24 giugno stava percorrendo con l’amico Ivan Ivankovic la strada che porta alla cima del  Podbro . Ad un certo punto i due sono quasi investiti dalla piccola Milka che, emozionatissima, scende a rompicollo, in senso inverso, gridando che lassù, sul Podbro, c’è  la Madonna. I due, increduli,  proseguono la salita e arrivano al punto in cui “videro una bellissima ragazza con un bambino in braccio…”. Orbene, mentre il sedicenne Ivan Ivankovic avrà visioni successive per cui è annoverato fra i 6 veggenti “ufficiali”, per Ivan Ivankovic  quella fu, come per Milka, la prima ed ultima visione.

3 - Padre Jozo Zovko.
E’ il parroco di Medjugorie, un frate francescano nato il  19.3.1941, dunque di anni 40 al momento dei fatti , oggi settantacinquenne. Sulle prime assai dubbioso sul racconto dei ragazzi, alla fine si convince ed a pag.158 ha l’incontro con la Madonna. ““Nell’emozione generale  il frate si inginocchiò accanto ai veggenti  e recitò il rosario con tutta la sua comunità. Ad un tratto l’espressione di padre Jozo cambiò  mentre le sue labbra smettevano  di inseguire le parole della preghiera. Con le lacrime agli occhi, fissava qualcosa davanti a lui. Era il ritratto della felicità e infatti era felice, più felice di quanto sia mai stato: una dolcissima creatura lo guardava con un sorriso colmo di bonarietà. “Sta tranquillo, Jozo” sembrava dirgli con quel sorriso “puoi smettere di interrogarti: è tutto vero” “”. 

EFFETTI COLLATERALI

Si vedano sul  numero speciale di  ”Oggi” del giugno 2011  dedicato esclusivamente ai fatti di Medjugorie, altri fatti straordinari accaduti a tre veggenti.
A proposito di JAKOV COLO, che all’epoca dei fatti aveva 10 anni ed oggi ne dovrebbe quindi avere una cinquantina,  si riferisce tra l’altro, a pag.30 :””CON VICKA NEL 1982 E’ STATO “TRASPORTATO” DALLA MADONNA CON IL CORPO PRIMA IN PARADISO, POI IN PURGATORIO E ALL’INFERNO. LA GOSPA HA VOLUTO DARCI PROVA TANGIBILE DELL’ALDILA’ “”.
IVAN DRAGICEVIC,  poi, intervistato a pag.93, afferma che a Natale “LA VERGINE FA VISITA ALLA MIA FAMIGLIA  FACENDOSI VEDERE CON LA SUA MOSTRANDOSI CON S.GIUSEPPE  E IL PICCOLO GESU’ IN BRACCIO.  E POI NON DIMENTICHERO’  MAI  QUELLO CHE E’ ACCADUTO  IL 2 APRILE 2005. GIOVANNI PAOLO II  ERA DA POCO SPIRATO QUANDO E’ SOPRAGGIUNTO RAGGIANTE, DURANTE L’APPARIZIONE, IN VESTI CANDIDE E D’ORO”.
Certamente, ove la circostanza fosse vera, Papa Francesco non esiterebbe a condannare tanto  sfarzo.      
IVANKA IVANKOVIC, infine, afferma, a pag.31, che “allorchè le è apparsa la Madonna, Le ha chiesto di sua mamma morta da poco. La “Gospa” prima l’ha tranquillizzata, dicendole che era in Cielo, POI GLIEL’HA MOSTRATA”.



 I SEGRETI
Ne parla diffusamente Padre Livio Fanzaga - sacerdote dell’ordine degli Scolopi e direttore della nota emittente radiofonica  Radio Maria,  considerato uno dei più grandi studiosi (e acceso promotore) dei fatti di Medjugorje – nel suo libro “La donna e il drago”, uno stralcio del quale è pubblicato alla fine del  più volte citato libro della Manuela Pizziolo.  Si tratta di un oscuro, confuso, misterioso   testo  che fa riferimento a 10 segreti che sarebbero stati  affidati  dalla Madonna ai veggenti  in quantità diverse - non si dice perché, con quale  criterio e con quale motivazione - e con l’impegno a non renderli noti  a nessuno. La Madonna, infatti, avrebbe rivelato a Marija Pavlovic 9 segreti; a Jakov Colo 10;  a Mirjana Dragicevic, 10; a Vicka Ivankovic  9;  a Ivan Dragicevic 9 e infine, a Ivanka Ivankovic, 10.
I segreti , secondo Padre Fanzaga, “riguardano un futuro non molto lontano, in quanto sarà Mirjana e un sacerdote da lei  scelto a rivelarli. Si può ragionevolmente arguire  che essi non cominceranno a realizzarsi  se non dopo che saranno stati rivelati  a tutti  e sei  i veggenti”.
 Mirjana conferma:” Io ho dovuto scegliere un sacerdote a cui dire i 10 segreti  ed ho scelto il padre francescano Petar Ljubicic. Io devo dire a lui 10 giorni prima che cosa succede e dove. Dobbiamo trascorrere  sette giorni nel digiuno  e nella preghiera  e tre giorni prima lui dovrà dirlo a tutti. Lui non ha il diritto di scegliere: di dire o di non dire. Lui ha accettato che dirà tutto a tutti tre giorni prima, così si vedrà che è una cosa del Signore”.
Padre Fanzaga  afferma che dei  10 segreti  due solo sono  conosciuti, ma non si riesce proprio a capire in cosa consistano.
Egli scrive che ”Il  3° non è un castigo…sarà  un “segno” di straordinaria bellezza sulla collina delle apparizioni, come un dono per tutti  noi, perché si veda che la Madonna è presente  qui come nostra mamma. Sarà un segno bellissimo che non si può fare con mani umane. E una realtà che rimane e che viene dal Signore”.
Per quanto riguarda il 7°  “”che in termini apocalittici  si potrebbe chiamare “flagello” (Apocalisse 15,1)””, Mirjana (pag.189)  afferma:”” Io ho pregato la Madonna  se fosse possibile che almeno  una parte di quel  segreto si cambiasse. Lei ha risposto che dovevamo pregare. Abbiamo pregato moltissimo  e Lei ha detto che è stata modificata una parte ma che ora non si può più cambiare perché è la volontà del Signore che si debba realizzare”. Mirjana sostiene con molta convinzione  che ormai nessuno dei  10 segreti può essere mutato... Essi  verranno annunciati  al mondo tre giorni prima quando il sacerdote dirà che cosa accadrà  e dove si verificherà l’avvenimento… ””.
Quindi, riassumendo, pare di capire che  la Mirjana, 10 giorni prima, dirà a padre Liubicic quando  l’avvenimento avrà luogo e dove, e che, successivamente,  tre giorni prima,  padre Liubicic  comunicherà al mondo, ufficialmente, la data e il luogo dell’avvenimento stesso.
Ma vi è dell’altro, che non serve certamente a chiarire questa complicata situazione. “”Alla domanda se i segreti  riguardino la Chiesa  o il mondo, Mirjana risponde:”Io non posso essere così precisa  perchè i segreti sono segreti”  “”. Alla domanda, infine, “” se gli altri segreti  siano  “negativi”, Mirjana ha risposto :”Non posso dire nulla” “”.
Fortunatamente, in questa marea di annunci  vi è un punto fermo che emerge dallo scritto di Padre Fanzago: ”I segreti che la Madonna ha rivelato ai  veggenti  riguardano avvenimenti  prossimi di cui la nostra generazione sarà testimone”: quindi, pur facendo gli auguri più fervidi affinchè la nostra  generazione abbia lunga vita,  non dovrebbe mancare moltissimo a poterli finalmente conoscere.
Ma questi segreti sono stati  affidati dalla Madonna a Marija solo verbalmente, oppure sono scritti  su  qualche documento? Risponde la veggente a pag.42 di OGGI:  ”La Madonna mi ha consegnato un foglio speciale su cui sono scritti i 10 segreti. Il foglio è di un materiale che non si può descrivere: sembra carta ma non è carta; sembra  stoffa ma non è stoffa.  E’ visibile, si può toccare, ma la scrittura non si vede. Il sacerdote cui dovrò consegnare il foglio  avrà la grazia di leggere solo il primo segreto, non gli altri. Il foglio proviene dal Cielo”. E qui una prova che deve fugare ogni dubbio: ” Mio cognato, ingegnere in Svizzera,  ha esaminato il foglio: dice che la materia in cui è fatto non si trova sulla Terra”.  Ma, senza mettere in discussione la competenza  del cognato della Marija, riteniamo che sarebbe  opportuno mostrare il documento a qualcun’ altro, ed anche farlo esaminare in qualche laboratorio specialistico: tanto, non vi è pericolo di fuga di notizie sul suo contenuto perché, come afferma la veggente,  non è possibile  leggere quanto vi è scritto sopra.
Vincenzo  Sansonetti, sempre su OGGI, così titola il  suo articolo: “Sarà scomunicata Radio Maria?”.  Nel contesto si legge che il  tradizionalista sito www.pontifex.roma.it,  dopo aver criticato  Padre Fanzago,  definito  prete quanto meno avventato e  forse ribelle, accusato di “inesattezze dal sapore scismatico, ereticale, ridicolo, pronunciate durante le sue catechesi”, sostiene che “oggi Padre Livio è da scomunicare”.
Non si condivide  questo  duro parere, ma si spera  che, alla luce delle sue affermazioni ed in particolare di quelle  fantasiose  più sopra riportate,  la Commissione d’inchiesta abbia espresso  il suo parere  anche su quanto più volte affermato e scritto  dal direttore di Radio Maria sul “fenomeno Medjugorje”.     
  
I MESSAGGI
A pag.20 del più volte citato numero speciale di “Oggi” si legge che la Madonna il 4 aprile 1985 ha detto ai veggenti:” Desidero darvi dei messaggi  come mai è avvenuto in nessun luogo  nella storia dall’inizio del mondo”.
Dalla stessa fonte, a pag.21, si apprende che “”fino all’aprile 2011 i messaggi erano 441 così suddivisi: dal 1 marzo 1984 all’8 gennaio 1987 con cadenza settimanale  ogni giovedì, con qualche eccezione (in tutto 149 messaggi); in seguito - senza alcuna  interruzione, il 25 di ogni mese (292 messaggi, fino al 25 aprile 2011). Finora  sono  dunque  441  le “lezioni” della Maestra speciale, la Madonna  che conferma così il suo ruolo di Madre della Chiesa com’è stato definito dalla costituzione conciliare “Lumen Gentium” “”.
Da parte sua, l’ autorevole Corriere della Sera del 22-6-2011 (che non è però in grado di distinguere i due fenomeni), scrive che “apparizioni e messaggi  avrebbero   superato il numero di 30.000”.
 Da parte nostra, da un controllo effettuato sul sito della parrocchia di Medjugorje, siamo in grado di informare  che nel decorso anno 2013 i messaggi ai veggenti sono stati 30 così suddivisi: 13 alla Mirjana, 11 alla Marija, 5 a Ivan  e 1 a Jakov.   A Ivanka ed a Vicka nulla.  Eppure sta scritto (pag.31 di “Oggi”) che la prima ha una visione all’anno, il 25 giugno, e che la seconda vede la Madonna tutti i giorni. Dunque, a queste due, la Madonna si limita ad apparire  senza aprir bocca.    
Si aggiunga che, evidentemente,   i veggenti,  ricevuti  i messaggi,  li passano poi  alla redazione di “Radio Maria” che provvede a pubblicizzarli e poi a tenerli  nel proprio archivio. Noi siamo in possesso di alcuni di essi , ma  suscita sorpresa  che alcuni,  come ad esempio  quello del  25 febbraio,  del 25 luglio,  del  25 agosto e del 25 ottobre dell’anno 2013    siano invece privi di indirizzo, ossia del  nome del veggente cui  essi sono  destinati. Ci si chiede allora: ma da che parte sono arrivati questi messaggi  dato che, per mancanza d’indirizzo, nessuno dei  veggenti li può aver ricevuti?
Spicca nella nostra raccolta il messaggio del 25  dicembre 2012 a Marija: ““La Madonna è venuta con Gesù Bambino fra le braccia  e non ha dato messaggio, ma Gesù Bambino  ha iniziato a parlare e ha detto:”Io sono la vostra pace, vivete i miei comandamenti”. La Madonna e Gesù Bambino, insieme, ci (sic) hanno  benedetto con il segno della croce””. Si tratta, evidentemente, di un avvenimento fuori serie, straordinario, dato che, salvo errore, non risulta essere mai avvenuto che qualcuno abbia udito la voce di Gesù Bambino. Oltre al fatto che non si comprende perché nel  messaggio in oggetto stia scritto che ”la Madonna e Gesù Bambino ci hanno benedetto” dato che, essendo  il messaggio diretto alla sola Marija, vi dovrebbe star scritto, correttamente, che “la Madonna e Gesù Bambino  mi hanno benedetta”. Ma sarà un errore di trascrizione.
Un altro messaggio  9-9-1982  inviato a  Marija, riportato a pag.37  del fascicolo di OGGI  più volte citato,  ci lascia perplessi:  la Madonna, infatti, ammonisce:” Oltre al venerdì, digiunate a pane e acqua  un altro giorno della settimana in onore dello Spirito Santo”.  Si tratta, francamente, di un suggerimento  piuttosto  difficile da rispettare: a meno che l’invito a rimanere a stecchetto due volte la settimana non  debba essere interpretato come un ulteriore affettuoso consiglio della Madonna agli uomini per combattere l’obesità.
Su tutti spicca il  messaggio  del 2-8-1981.
In esso si legge che, su   richiesta dei veggenti,  la Madonna concede a tutti i presenti  all’apparizione di toccarle  il vestito il quale alla fine rimane imbrattato, ed essa alla fine dice:” Coloro che hanno sporcato il mio vestito sono quelli che non sono in grazia di Dio. Confessatevi  frequentemente. Non lasciate che nella vostra anima rimanga  a lungo anche soltanto un piccolo peccato. Confessatevi  e riparate i vostri peccati”.
Ma a questo punto s’impone un’ indagine approfondita sul sistema di trasmissione di questi messaggi dalla Madonna ai veggenti.
Anzitutto, si tratta di messaggi sonori, ossia si sente la voce della Madonna che li invia? In tal caso dovrebbe essere possibile registrarli. Un tentativo del genere, stando a quanto scritto sul libro della Pizziolo a pag.81, fu effettuato da tal Gregorio Kozina  che, nel tentativo di registrare il prodigio,  “armato di registratore”, si era avvicinato troppo al cespuglio sopra al quale i ragazzi vedevano l’apparizione. Non si riferisce però  l’esito del tentativo  di questo intraprendente signore:  si scrive solo che egli, nell’entusiasmo,  nonostante le raccomandazioni dei veggenti  (“Sta’ indietro, per carità”)  giunse a “calpestare il manto della giovane donna” che, forse  offesa (ma è una nostra ipotesi), scomparve. Ed è un peccato perché se il Gregorio  non le avesse acciaccato il vestito, la Madonna avrebbe forse fatto udire la sua voce, aggiungendo un ulteriore tassello al nostro difficile tentativo di ricostruire dal vivo la figura della Madonna   in base alle sue apparizioni a Medjugorje.
Oppure è una voce che sentono solo loro, una “locuzione”?
Che cosa sia una “locuzione” lo spiega a pag.44 e seguenti  di “Oggi”  (fascicolo citato) la signora Jelena Vasilij, nata a Medjugorje  il 14 maggio 1972 e residente a Roma,  sposata con  Massimiliano Valente con il quale ha avuto quattro figli, la quale  afferma che dall’età di 10 anni  sente la Madonna,  e di avere uno speciale carisma, la “locuzione interiore”. Ecco il suo racconto:”” Era il 15 dicembre 1982 e mi trovavo a scuola. Ero seduta al mio banco  tra i compagni quando, per la prima volta,  sentii  le “locuzioni interiori” “”, ossia, precisa,  la voce della Gospa  che però “non è esterna, ma  è un impulso, una fiamma o una sorgente”.
Sarebbe quindi  interessante sapere dai veggenti  se essi  i messaggi li ricevono dalla viva voce della Madonna, ed in tal caso sarebbero registrabili, oppure  se si tratta di “locuzioni interne” percepibili solo da loro,  ed in tal caso  il registratore non servirebbe proprio a nulla. In sostanza,  interesserebbe conoscere dai veggenti  se i messaggi della Madonna provengono da una voce “esterna” o, al contrario, da una “interna”.   
Come pure  sapere come avviene la stesura dei suoi messaggi.
Essi sono, infatti, di diversa lunghezza, e se è possibile che, terminata la comunicazione, i veggenti  ricordino a memoria  quelli   più brevi, è certamente più difficile pensare che essi possano ricordare per filo e per segno quelli più lunghi,  a meno  che la Madonna,  gentilmente, li detti pazientemente,  e che i veggenti si presentino agli appuntamenti   muniti di carta e penna, per trascriverli.
Ma non risulta che la gente che accorre per assistere alle loro visioni si sia mai accorta di ciò.

LO  SCANDALO

Val  la pena, in chiusura della presente indagine, ripercorrere il tormentato cammino delle presunte apparizioni di Medjugorje  e delle vicende  ad esse connesse tratte da  “Avvenire”  del  30-7-2009 e del 18-3-2010, dal più volte citato numero straordinario della rivista “Oggi” del 5.6.1011 nonché dal “Corriere della Sera” del 22.6.2011.
Il 25 giugno 1981 sarebbe dunque avvenuta  la prima  “apparizione”.
A gennaio 1982 viene costituita dalla Diocesi di Mostar (da cui Medjugorie dipende) una prima commissione d’inchiesta  che in conclusione definisce il “fenomeno Medjugorje” una “grande truffa”.
Nel  1987 l’allora Card.Ratzingher  incarica la Conferenza Episcopale composta da  tutti i vescovi  della allora Jugoslavia di  chiarire la situazione. Essa, con la cosiddetta “Dichiarazione di Zara” del  10 aprile 1991 conclude che dei  fatti di Medjugorie “ non constat de supernaturalitate” ossia che “non risulta  si tratti di un avvenimento di  origine soprannaturale”.
Principali  “negazionisti” sono   il vescovo di Mostar  al momento dei  fatti, Pavao Zanic,  ed il suo successore Ratko Peric.
Nel  luglio 2008 fece scalpore la lettera 30-5-2008 dell’Arcivescovo Angelo Amato, all’epoca  segretario della Congregazione per la dottrina della Fede, riguardante il frate francescano Tomislav Vlasic, il consigliere spirituale dei veggenti. In quella lettera si spiegava che nel contesto del “fenomeno Medjugorje” il dicastero  stava trattando il caso di Vlasic e che con decreto del precedente 25 gennaio  il dicastero stesso gli aveva imposto  “severe misure  cautelari e disciplinari”. E questo perché Vlasic era stato segnalato alla Congregazione per la dottrina della Fede per divulgazione di dubbie dottrine, manipolazioni delle coscienze, sospetto misticismo,  disobbedienza  ad ordini    legittimamente impartiti  ed addebiti “contra sextum” (contro il 6° comandamento  - nda -)””.   In base a tali accuse la Congregazione  aveva decretato 5 sanzioni con la minaccia di interdetto  in caso di mancata accettazione, interdetto che è poi scattato automaticamente a causa del rifiuto del frate di obbedirvi. 
A questo punto il frate  avrebbe dovuto essere sottoposto ad un processo penale canonico per verificare le pesanti accuse che gli erano rivolte:  ma per evitare ciò egli chiese ed ottenne la riduzione allo stato laicale. Infatti  la lettera  10-3-2009 inviata da padre Josè  Rodriguez Carballo, Ministro Generale dei Frati Minori, ai frati provinciali  di Bosnia-Erzegovina, Croazia e Italia, informava che il Santo  Padre  “accogliendo la richiesta di padre Tomislav Vlasic OFM, membro della minoritica provincia di S.Bernardino da Siena (L’Aquila), responsabile di condotte lesive  della comunione ecclesiale sia in ambito dottrinale che disciplinare ed incorso nella censura dell’interdetto,  gli ha concesso la grazia della riduzione  allo stato laicale (amissio status clericalis) e la dimissione dall’ordine. Inoltre il Santo Padre ha concesso all’oratore, motu  proprio, la remissione della censura incorsa, nonché la grazia della dispensa  dai voti religiosi  e da tutti gli oneri connessi  con la sacra ordinazione, incluso il celibato. Come salutare precetto penale  - sotto pena di scomunica  da dichiararsi dalla Santa Sede ed in  caso di necessità  anche senza previa ammonizione canonica – al sig. Tomislav Vladic vengono imposti  i precetti sotto elencati: a) interdizione assoluta  di esercitare qualsiasi forma  di apostolato…;  b) DIVIETO ASSOLUTO DI  RILASCIARE DICHIARAZIONI  IN MATERIA RELIGIOSA SPECIALMENTE  RIGUARDO AI  “FENOMENI DI MEDJUGORJE”;  c) proibizione assoluta di abitare  nelle case dell’Ordine dei Frati Minori”. Particolare sottolineatura è data a quest’ultimo precetto: infatti il Ministro Generale raccomanda  ai Superiori dell’Ordine   “di avvertire opportunamente  i  GUARDIANI ED I RESPONSABILI DELLE CASE FILIALI  sul pieno rispetto, da parte di Tomislav Vlasic, delle disposizioni pontificie che lo riguardano, in modo particolare di quella relativa  alla proibizione di abitare  nelle case comunque appartenenti  all’Ordine dei Frati Minori, SOTTO  PENA DI RIMOZIONE  DALL’UFFICIO ”.    
A seguito della drammatica  situazione verificatasi, il 17 marzo 2010 viene istituita la “Commissione internazionale  di inchiesta su Medjugorje”  presieduta  dal Card. Camillo Ruini.
Essa è composta dai Cardinali  Josef  Tomko, Vinco Pulijc, Josip Bozanic, Julian  Herranz, Angelo Amato, nonché  da teologi ed esperti  quali mons. Tony Anatrella,  don Pierangelo Sequeri,  padre David Maria Jaeger, padre Zdislaw Josef Kijas, padre  Salvatore  Perrella, il reverendo  Achim Schutz, segretario, e  mons.Krzyszof  Nykiel, segretario aggiunto.
E’ evidente l’enorme responsabilità affidata a tale Commissione il cui giudizio, se negativo,  creerebbe disillusione e grave turbamento  in quanti hanno creduto e tuttora credono in Medjugorje che si riterrebbero ingannati  e vittime di interessi che nulla hanno a che fare con la religione cattolica.
Scrive in proposito Vittorio Messori, noto giornalista esperto in materia religiosa sul Corriere della Sera  del 22-6-2011: ““Al punto in cui si è giunti una sconfessione ufficiale della verità dei  fatti  da parte di Roma sarebbe una catastrofe sul piano  pastorale. Ma catastrofico sarebbe anche il contrario : una smentita ufficiale, cioè, della posizione di due vescovi  (Pavao  Zanic e Ranko Peric succedutisi alla guida della diocesi di Mostar cui Medjugorje appartiene – nda) che negano senza esitazione la soprannaturalità ma  parlano  non di miracoli ma di “truffe e inganni” “”.
Finalmente, in questi giorni, la “Commissione  Internazionale  d’inchiesta” ha terminato i suoi lavori e la sua relazione è stata consegnata alla “Congregazione per la dottrina della Fede” che a sua volta la consegnerà al Papa per il suo giudizio definitivo.
Il ritardo con cui la Commissione (istituita, si ripete, il 17-3-2010) ha tardato a comunicare il frutto dei propri lavori   fa presumere quanto  grandi  siano state le difficoltà  incontrate  nello sforzo di chiarire la dibattuta  questione.
Si attende ora la decisione del Papa. Con la speranza che essa smentisca le previsioni del Card. Schonborn    secondo il quale “…Finchè i fenomeni  continuano,  sicuramente non si arriverà ad un giudizio definitivo della Chiesa”. Ossia,  se  le “apparizioni” continueranno,  chi sa fra quanti anni e, forse, mai.    

CONCLUSIONI

Al  termine di questa indagine, le conclusioni.
Ad avviso di chi scrive, i cosiddetoti “fenomeni  di  Medjugorje” sono frutto  delle  fantasie, impressioni, confidenze  dei cosiddetti “veggenti”  raccolte da adulti che su di esse hanno costruito un castello di credenze,  suggestioni  e curiosità  tendenti  ad  arrecare benefici   agli abitanti di una zona economicamente depressa, se non anche personali .
Questa convinzione  deriva dalla lettura di testi riportati fedelmente, virgolettati, e che tengo a disposizione di chiunque li volesse esaminare.
Per la chiarezza aggiungo che la doppia virgolettatura - “”  -  riguarda frasi tratte da vari testi  che ne contengono altre a loro volta virgolettate.
Ho limitato al massimo i commenti  anche se spesso, quando  la loro lettura  è una sfida al buon senso ed all’intelligenza  di qualsiasi persona dotata di  normale raziocinio, avrei tanto desiderato farne molti. Lascio ai lettori fare i  propri.
Non ho neppure troppo   ironizzato su dialoghi infantili,  parole ed  affermazioni  degne di comparire su  giornali umoristici piuttosto che su di una stampa che  pretende di avere contenuti  religiosi ed educativi.
Né ho   commentato alcuni   fatti  straordinari  ispirati da una accesa fantasia  che tenta di  suggestionare  il lettore con avvenimenti  strambi e privi di significato come, per dare la prova delle presunte apparizioni,  un “orologio con   le lancette capovolte  che continuano il loro viaggio a ritroso nel tempo  ticchettando vivacemente”.  E’ evidente che, se le prove sulla serietà e credibilità dei fatti di Medjugorje sono queste,  esse sono ben deboli, scadenti  ed al limite del ridicolo. 
Come pure gli annunci (e tanto più grave è il fatto che essi  siano riferiti dalla penna di un sacerdote) di avvenimenti  futuri  misteriosi, confusi  ed oscuri, assieme a segreti  che avendo lo scopo di impressionare il lettore ottengono viceversa   una reazione  contraria creando  dubbi e riflessioni negative.
Tutto,  evidentemente,   per creare una religiosità popolare basata sull’immaginario e sul fantastico  che è in realtà  superstizione, ben diversa da quella che dovrebbe essere, ed è,  la  vera religione cattolica.
Infine,  la  miserevole  fine  della vita religiosa di colui che è stato il consigliere spirituale dei veggenti.
Ma quali consigli, suggerimenti, esempi  ha egli potuto fornire a 5 giovani  nel pieno dello sviluppo fisico e della crisi adolescenziale, e ad un fanciullo privo di senso critico infantilmente esposto  a fantasie e suggestioni?  E’ un interrogativo  che rischia di far crollare tutto il castello creato attorno a Medjugorie.
E non si dica che quanto emerso è frutto – come taluni sostengono  -  di un  insanabile contrasto  fra clero diocesano e clero secolare, fra i vescovi di Mostar   ed i frati di Medjugorie. Infatti,  come più sopra sottolineato, il vertice dell’Ordine dei Frati Francescani  ha pienamente condiviso  le decisioni prese dalla Chiesa nei confronti  di un suo adepto, minacciando addirittura di gravi censure quei guardiani di conventi  francescani che osassero  aprire le  porte a Tomislav Vlasic, il loro ex confratello  espulso dall’Ordine e ridotto allo stato laicale. E se si considera quanta sia la misericordia che gli eredi  di S.Francesco sono soliti riservare  ai peccatori, vien da pensare  a quanto gravi siano gli addebiti, fra cui la  MANIPOLAZIONE DELLE COSCIENZE,  attribuite all’oggi signor Tomislav Vlasic.
 Un’ulteriore,  finale considerazione.
La “Congregazione per la dottrina della Fede” ha emesso in data 25.2.1978 le “Norme per procedere nel giudizio delle apparizioni   e rivelazioni presunte “ ove si afferma che occorre effettuare  una valutazione iniziale dei fatti dell’evento  presunto basata su criteri positivi e negativi. Fra questi ultimi si citano le azioni gravemente immorali commesse dalla persona o da quelli che erano insieme alla persona al momento dell’evento.
Ora, dal momento che il signor Vlasic (al quale sono  stati elevati dall’autorità ecclesiastica i gravi addebiti di cui sopra) è stato spesso accanto ai “veggenti” in occasione delle presunte “apparizioni”,  vien da chiedersi  se non sia anche questo un elemento a sfavore della bontà dei fatti di Medjugorie.
  
Padova  6-8-2014        
                                                                                                                     Giovanni  Zannini