martedì 5 maggio 2015

Cavalli nella 1a Guerra Mondiale - OTTIMI GLI AMERICANI

Si legge su “L'Intervento” (Casa Editrice A.Mondadori – 1930) scritto da Antonio Salandra - Presidente del Consiglio dei Ministri italiano dal 1914 al 1916 e artefice dell'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 a fianco delle potenze dell'Intesa (Francia, Inghilterra, Russia) - che fra i molteplici problemi che affliggevano lo Stato Maggiore dell'esercito italiano vi fu anche quello della scarsità di cavalli addetti al traino dei pezzi d'artiglieria: infatti, scrive, “all'interno (dell'Italia – n.d.a.) era assolutamente irrisorio il numero di cavalli adatti al traino dell'artiglieria campale”.
Che fare? Per risolvere il grave problema l'Italia si rivolse allora al mercato americano molto fiorente perché “il cavallo americano del nord si dimostrò resistente agli strapazzi, di ottima indole e vigorosissimo”.
Ma neppure questo fu facile perché anche la Francia, l'Inghilterra e la stessa Germania (evidentemente anch'esse prive di buoni cavalli da tiro pesante) già si contendevano quegli animali: comunque, una volta trovato il canale giusto, si pose il problema altrettanto importante di trasferirli dall'America in Italia. I primi viaggi su normali navi da carico furono disastrosi perché “i cavalli che morivano nella traversata erano la maggioranza” e perché mancava “personale pratico in tale materia” (ve l'immaginate il carico e lo scarico dalle navi di centinaia di animali atterriti e scalcianti?), fino a che, dimostrando gran fiuto commerciale, gli Stati Uniti crearono navi apposite, vere e proprie stalle galleggianti, che consentirono di trasportare i cavalli sani e salvi in Italia. Anche se Salandra affaccia il dubbio che molti ostacoli all'importazione in Italia dei cavalli americani fossero stati creati da chi voleva dissuadere l'Italia dall'entrare in guerra.
Comunque, al dilà del suo valore “militare”, l'importazione di cavalli dall'America si risolse per l'Italia in un buon affare perché quelli che scamparono alla fatica ed alle bombe (le foto di guerra sono piene anche dei loro cadaveri) “a guerra finita” scrive Salandra, “furono venduti in paese a prezzi superiori notevolmente a quelli di acquisto”.
E per restare in tema di equini che aiutarono i nostri soldati nella Grande Guerra, Salandra afferma che, invece, per i muli preziosi compagni dei nostri Alpini nella guerra di montagna, non vi furono problemi perché “se ne reclutarono di ottimi nelle province meridionali della penisola ed in Sicilia per mezzo di apposite commissioni di acquisto”.
Giovanni Zannini

da Padova 24-3-2015