mercoledì 26 marzo 2014

IL CONTRIBUTO DELL'AERONAUTICA ITALIANA ALLA "DIVISIONE ITALIANA GARIBALDI" IN MONTENEGRO

Dopo la proclamazione dell’armistizio con gli alleati dell’8 settembre 1943 il re Vittorio Emanuele con al seguito il governo presieduto da Badoglio, si era trasferito a Brindisi, non ancora occupata dagli anglo-americani, per continuare a rappresentare il legittimo stato italiano.
A  seguito della dichiarazione ufficiale  di guerra dichiarata il 13 ottobre 1943 dal governo italiano del sud alla Germania gli alleati riconobbero all’Italia la veste di co-belligerante ed a seguito di ciò fu assegnata alla Regia Aeronautica come settore operativo quello balcanico comprendente la Jugoslavia, l’Albania e la Grecia settentrionale.      
Già il 16 ottobre 1943 un CR 42 dell’aeronautica italiana del regno del sud (che continuava ad essere denominata “Regia Aeronautica” )atterrato a Berane  era riuscito a stabilire un primo contatto con i militari italiani delle divisioni Venezia e Taurinense ( che diedero origine alla “Divisione Partigiana Garibaldi”) rimaste incastrate  senza ordini nei Balcani.
Fu questo il primo segnale che l’Italia  non si era dimenticata dei suoi uomini   che erano stati inviati, da ordini sconsiderati,   ad aggredire ed occupare il  territorio della libera Jugoslavia.
Fu quello l’inizio di una serie di aiuti che furono purtroppo condizionati dal ridotto numero degli aerei disponibili, dalla vastità del territorio loro affidato, dalle difficoltà della  manutenzione ed anche dalle avverse condizioni meteorologiche del duro inverno balcanico.
Furono infatti 200 gli aerei  che grazie all’abilità ed al coraggio  dei loro piloti riuscirono, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 a raggiungere felicemente, sfuggendo alla cattura o alla distruzione da parte dei tedeschi, gli aeroporti del sud italia sotto controllo alleato, unendosi ai 100 già ivi esistenti, cosicchè l’aeronautica Italiana  potè disporre, subito dopo l’armistizio di circa 300 aerei (da caccia, bombardamento,trasporto, siluranti ed idrovolanti).     
Ma si trattava di aerei logori e  superati.  In  più, la cronica mancanza di pezzi di  ricambio che, prodotti nelle officine del nord-Italia, non era più possibile, ovviamente, procurarsi, portò alla formazione delle  cosiddette S.R.A.M. (Squadre Riparazione Aeromobili  e Motori) addette al recupero di materiale areonautico usato ovunque fosse possibile, perfino in  Africa settentrionale e negli altri fronti ove l’aeronautica italiana aveva operato: e ben settanta velivoli furono da esse ricostruiti.
Nonostante le difficoltà, grazie al valore ed all’abnegazione dei piloti italiani che dovettero affrontare l’agguerrita   caccia e la contraerea tedeschi fu possibile tenere i collegamenti con i fratelli italiani della “Garibaldi” a conferma del legame che continuava ad unirli alla madrepatria.
Nel periodo ottobre 1943 - estate 1944  furono eseguiti  mitragliamenti con aerei da caccia italiani sull’areoporto di Podgoritza mentre aerei da trasporto  atterrarono  a Pljevlja per rifornire gli uomini della Garibaldi di armi e vestiario e riportare Italia, con il volo di ritorno, numerosi feriti.
A partire dall’estate 1944 gli alleati, in riconoscimento della lealtà e dell’entusiasmo  con cui l’areonautica italiana aveva operato al loro fianco, effettuarono la cessione di loro aerei più moderni ed in perfetta efficienza che rinsanguarono i reparti operativi italiani  i cui velivoli, ormai esausti e logori oltre ogni limite, mettevano in pericolo l’incolumità dei nostri coraggiosi e volonterosi piloti.
Ciò consentì all’aeronautica italiana di aumentare la propria efficienza con   bombardamenti e mitragliamenti su  stazioni, impianti e linee ferroviarie, ponti, strade, aereoporti, batterie costiere, autocolonne ed unità navali tedesche allo scopo di alleggerire  quanto più possibile la pressione nemica  contro la “Garibaldi” ed i partigiani dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo (EPLJ) agli ordini del maresciallo Tito con i quali si era alleata per combattere, insieme, il comune nemico tedesco.
Missioni speciali furono eseguite da nostri  S.82 a Niksic per  scaricare rifornimenti e  prelevare feriti mentre continuavano, con i nostri S.82 e  Cant.Z-1007 bis. i lanci destinati non solo alla ”Garibaldi” ma anche ai partigiani dell’EPLIA, nei settori di Radojevici e di Velimlje.
Inoltre, i nostri caccia furono impiegati come scorta ai velivoli rifornitori della “Garibaldi”, ed anche a quelli  alleati in azioni di bombardamento sui territori balcanici.
L’importanza psicologica, oltre che effettiva, dell’attività svolta dai piloti dell’aeronautica italiana in favore dei fratelli  combattenti in Jugoslavia contro i tedeschi emerge ben  evidente nei ricordi di quanti a quella durissima lotta parteciparono.
Così, nella raccolta di  “Memorie garibaldine” edita dalla A.N.V.R.G., alcuni reduci della “Garibaldi”  rievocano quei momenti indimenticabili. Ad esempio, Luigi Marra ricorda la costruzione, da parte degli abilissimi  soldati-lavoratori garibaldini,  del campo di volo che vedrà atterrare e ripartire per l’Italia 36 aerei da trasporto con ben 1078 feriti e malati raccolti  sul massiccio del Durmitor ove i tedeschi avevano invano tentato di distruggere il contingente  italiano. E Carlo Vittorio Musso racconta l’emozione  suscitata dal rombo dei motori annuncianti l’arrivo di 12 nostri bombardieri:” E’ un momento di gioia collettiva e di commozione! Ci abbracciamo gridando mentre gli apparecchi continuano a sfilare  e  giunti nella conca di Pljevlja…iniziano un lancio nutrito di paracadute e di colli. Poi uno dei bombardieri scende nel piccolo campo ripartendo quasi subito…”. Facile immaginare la difficoltà dell’atterraggio di un grosso velivolo in una conca, su di una pista di fortuna.     
L’attività prestata dalla nostra aeronautica  in favore dei militari italiani rimasti imbottigliati nei Balcani dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 ed il loro contributo di sangue a quella dura lotta emerge dai dati ricavati dal libro “Storia della Aeronautica italiana” di Rosario Abate edito nel 1974 dalla Casa Editrice Bietti di Milano.
I morti furono 40, i feriti 26 e 72 i dispersi in azione. 61 velivoli non rientrarono alla base, 11 furono distrutti al suolo  e 156 dannegggiati in combattimento. Le perdite inflitte ai tedeschi furono di  11 velivoli abbattuti in combattimento,  e 76 distrutti al suolo assieme  ad altri obbiettivi come automezzi, locomotive, carri ferroviari, stazioni ferroviarie e 40 mezzi navali, mentre  nei 20 mesi di guerra nei Balcani 1800 furono  le tonnellate di materiale bellico e di sussistenza aviotrasportato o aviolanciato dall’aereonautica italiana alle truppe ivi operanti.
Un bilancio che, tenuto conto delle enormi difficoltà superate in un momento di gravissima crisi per le forze armate italiane in faticosa ripresa dopo lo shock  dell’armistizio dell’8 settembre 1943, onora i valorosi combattenti dell’aria italiani di allora  e che è giusto venga messo in evidenza più di quanto non sia avvenuto finora.

                                                                                                                                           Giovanni Zannini



   

giovedì 20 marzo 2014

ANTONIA MASANELLO LA "GUERRIERA" DI GARIBALDI

L’indagine approfondita e puntigliosa di Alberto Espen, giornalista residente a Cervarese S.Croce in provincia di Padova e responsabile della locale biblioteca civica, ha consentito di portare alla luce una storia assai  interessante che si inserisce nel filone eroico del Risorgimento italiano e delle imprese garibaldine.
La passione dell’autore per la storia locale gli ha infatti consentito di scavare nei documenti degli archivi ed a seguito di ciò  far emergere la figura di quella Antonia Masanello originaria di Cervarese S.Croce che partecipò all’avventura garibaldina per la liberazione del sud della penisola dai Borboni.
Una donna che, abbandonata la tranquilla, seppur povera casa, non esita a seguire il marito carico di ottocentesco ardore patriottico, nell’avventura che la portò dal natio paesello veneto fino al Volturno ove l’impresa garibaldina ebbe la sua definitiva consacrazione.
Il libro mette in tutta evidenza la commovente, esemplare commistione fra amore familiare ed amore patriottico che lega fra loro i due sposi dall’inizio  fino alla morte prematura della protagonista avvenuta dopo la conclusione della loro avventura.     
Esso  descrive altresì le strategie messe in atto dalla donna per dissimulare la sua femminilità che le avrebbe certamente impedito l’arruolamento, il falso cognome, il modo mascolino del  vestire, lo stesso ardore e la vigoria fisica con i quali partecipò alla stregua degli altri combattenti alle fatiche ed ai sacrifici imposti dalla spedizione.
Ma nonostante ciò, la sua vera identità fu scoperta? Da chi? Garibaldi se ne accorse? Vi furono altre donne che sotto mentite spoglie parteciparono all’epopea dei Mille? A questi ed altri interrogativi risponde l’autore aggiungendo nelle ricche note a piè di pagina che, da sole, giustificherebbero un’altra pubblicazione, altre notizie ed informazioni relative alla spedizione garibaldina che non cessa di rivelare, ad ogni piè sospinto, aspetti inediti o poco conosciuti.
Una rievocazione che l’autore è disposto a fornire  ponendosi  a disposizione di quanti (associazioni, circoli culturali, biblioteche, scuole e così via) avessero piacere di sentir raccontare dalla sua viva voce la vicenda di Antonia Masanello detta “la Masenella” da lui così brillantemente messa in luce.
Il libro, edito nel 2012 a cura del Consiglio Regionale del Veneto, e che ospita un significativo  contributo di Matteo Renzi, già sindaco di Firenze che ospita nel suo cimitero le spoglie della Masanello, contiene anche un pregevole saggio di Paolo de Marchi intitolato ““La meglio gioventù – Borghesi, studenti, artigiani, operai: la “nazione armata”del Risorgimento italiano””.                        Giovanni Zannini    

         

mercoledì 19 marzo 2014

RISPARMIARE SULLE MISSIONI DI PACE?

Nel momento in cui è diffusa e condivisa la giusta ansia di individuare riduzioni di spesa per favorire la ripresa dell’Italia ed uscire dalla crisi economica che da troppo tempo ci attanaglia, viene sostenuta specie da partiti e movimenti populisti alla ricerca  di facili consensi elettorali, la necessità di por fine alla partecipazione di militari italiani alle operazioni di polizia internazionale svolte sotto l’egida dell’ONU.
Questa richiesta è solo parzialmente condivisibile.
Non lo è allorchè si sostiene che l’Italia dovrebbe disinteressarsi di quanto avviene nel mondo e rinchiudersi nei confini del proprio stato senza tener conto che la globalizzazione impone invece un sistema di sicurezza e di solidarietà internazionali simili  a quelle vigenti all’interno di ogni stato.
E’ dunque doveroso l’intervento dell’autorità internazionale (leggi ONU) per evitare conflitti fra stati, punire gli eventuali aggressori, interporsi fra i contendenti per evitare violenze inumane, ed anche attivarsi  all’interno degli stati  per ristabilire la legalità violata da  avventurieri alla ricerca della propria personale ricchezza ed anche  per metter fine a lotte tribali, etniche o di religione che provocano massacri inenarrabili:  ed è doveroso che a tali operazioni partecipino militari italiani.
Ma è anche giusto che l’onere relativo a tali interventi gravi sull’organismo deputato al mantenimento della pace e della legalità nel mondo (l’ONU), e non sulle finanze degli stati che partecipano a tali operazioni di polizia internazionale fornendo gli uomini a ciò necessari.      
E allora si ai “Caschi blu” sul capo di soldati di ogni parte del  mondo, italiani compresi, a questo pacifico esercito di pace: ma le spese relative le paghi l’ONU.
E si anche, all’interno di alcuni stati, a quelle “basi” dell’ONU da considerarsi come “posti di polizia internazionale” pronti ad intervenire all’occorrenza in caso di crisi in  ogni parte del mondo, in sostituzione di quelle basi militari USA disseminate in vari stati, fa cui il nostro (vedi Sigonella e Vicenza), che costituiscono, diciamolo, un vero e proprio abuso, con il riconoscimento ad una grande potenza (gli U.S.A. aventi interessi e finalità proprie), di quel ruolo di garante dell’ordine mondiale che spetta invece, solo ed esclusivamente, all’ONU.        
         

                                        Giovanni Zannini

Il "Patto di non aggressione tedesco-sovietico" - LA DURA REPRIMENDA DI MUSSOLINI A HITLER

 Il 23 agosto 1939 von Ribbentrop, ministro degli esteri tedesco, e Molotov, ministro degli esteri dell’URSS, avevano firmato a Mosca il “Patto di non aggressione tedesco-sovietico”,  ed Hitler due giorni dopo,  il 25, ne informa Mussolini.
Sembra imbarazzato per non averglielo detto prima - dato che il “Patto d’acciaio” con lui stipulato il 22 maggio dello stesso anno prevedeva anche l’impegno di consultazione reciproca fra alleati - ma se la cava dicendogli che aveva voluto informarlo solo a cose fatte dato che la trattativa era stata segnata da qualche incertezza.
Mussolini non ci fa caso, non rileva la scortesia,  e con suo messaggio di risposta dello stesso giorno 25 agosto con il quale tratta diversi argomenti, si limita a scrivergli che “…per quanto riguarda l’accordo con la Russia, io lo approvo completamente” perché “era necessario un riavvicinamento  tra la Germania e la Russia”.
Evidentemente entrambi si erano dimenticati che nel novembre 1936 la Germania ed il Giappone avevano firmato il “Patto anti-Comintern” diretto contro l’Unione Sovietica e l’Internazionale Comunista, e che ad esso aveva poi aderito, l’anno successivo, il 6 novembre 1937, l’Italia.
Ma ancor più sorprendente e clamoroso è il voltafaccia che successivamente Mussolini farà nel giudicare con parole durissime il patto fra Germania e Russia che, come abbiamo visto sopra, egli aveva, senza indugio alcuno, approvato “completamente”.
Voltafaccia che risulta da una lunga lettera 3 gennaio 1940 di Mussolini a Hitler pubblicata nel volumetto “Hitler e Mussolini – lettere e documenti” edito da Rizzoli Editore  nel 1946, con introduzione e note di  Vittorio Zincone,  noto giornalista ed uomo politico liberale morto nel 1968. 
Un libro, si aggiunge, prezioso, una fonte ricchissima di notizie molte delle quali forse sfuggite all’attenzione di storici  qualificati,  e che vale la pena  qui evidenziare.        
In questa lettera che lo stesso duce ritiene “contrariamente alle mie abitudini, deplorevolmente lunga”, egli, premesso che ha voluto lasciar passare 4 mesi dall’ultima sua del 29 agosto 1939 “durante i quali  l’azione vi assorbiva completamente ed io consideravo intempestivo turbarvi”, effettua un’ampia panoramica della situazione internazionale e fra i vari argomenti si diffonde sugli “Accordi con  la Russia”.   
Immemore del pieno accordo subito manifestato in proposito a Hitler con la sua lettera 25 agosto 1939 più sopra ricordata, si scatena ora in una inattesa filippica di accuse e di rimproveri inusuali in un documento diplomatico.
In un preliminare “Giro d’orizzonte” egli  comincia col mettere in piena evidenza che “l’intesa germano-russa  ha avuto ripercussioni penose in Spagna. La guerra civile è troppo recente. La terra che ricopre i morti  - i nostri e i vostri e gli spagnoli – è ancora fresca. Il bolscevismo è un ricordo ossessionante per la Spagna e gli spagnoli non comprendono le necessità tattiche della politica”. Quindi, l’affondo.
“…Io che sono nato rivoluzionario e non ho modificato la mia mentalità di rivoluzionario vi dico che voi non potete permanente sacrificare i principi  della vostra rivoluzione alle esigenze tattiche di un determinato momento politico. Io sento che voi non potete abbandonare la bandiera antisemita e antibolscevica  che avete fatto sventolare per 20  anni e per la quale tanti vostri camerati sono morti;  voi non potete rinnegare il vostro vangelo nel quale il popolo tedesco ha ciecamente creduto. Ho il preciso dovere di aggiungere (queste parole sono sottolineate nel documento originale – n.d.a.) che un ulteriore passo  dei vostri rapporti con Mosca avrebbe ripercussioni catastrofiche in Italia dove l’unanimità antibolscevica è assoluta, granitica, inscindibile…Sino a 4 mesi fa la Russia era il nemico mondiale numero uno: non può essere diventato e non è l’amico numero uno. Questo ha turbato profondamente i fascisti in Italia e forse anche molti nazional-socialisti in Germania…”.
Val la pena ricordare, a questo punto, l’incredibile, allucinante, complicata vicenda del “Patto anticomintern” che, sottoscritto nel 1936 da Germania e Giappone (e poi nel 1937, anche dall’Italia),  rimase in vigore per circa tre anni per poi decadere, praticamente, a seguito del “Patto di non aggressione tedesco-sovietico” del 1939;  salvo, poi riprendere vigore, inopinatamente, nel 1941 a seguito dell’”Operazione Barbarossa”, l’attacco della Germania – senza dichiarazione di guerra - alla Russia. 

In conclusione, le parole di Mussolini a Hitler furono innegabilmente molto franche e coraggiose: resta solo da chiedersi perché egli  non le abbia pronunciate prima anziché approvare subito, e “completamente”, con la più volte ricordata lettera 25 agosto 1939, quel “Patto di non aggressione tedesco-sovietico” che aveva lasciato attonito ed incredulo il mondo intero.

                                                                                                              Giovanni Zannini 

mercoledì 12 marzo 2014

UN OMAGGIO ALLE DONNE IN MUSICA

E’ certamente merito del M°  Claudio Scimone che al genio musicale affianca fantasia nel proporre concerti  inconsueti ed originali (basti, per tutti, l’invenzione dei Concerti della Domenica), l’aver organizzato lo scorso 8 marzo, nella Sala dei Giganti al Liviano, in occasione della “Giornata Internazionale della Donna” una rassegna che ha consentito di ascoltare un sia pur ridotto, ma  significativo panorama internazionale di musica contemporanea. Quella che,  sviluppatasi a partire dalla fine della II guerra mondiale, alla ricerca di nuove vie al difuori del sistema tonale  fino ad allora in uso in occidente, è giunta fino ai giorni nostri.
Merito dell’intelligente intesa fra  “Solisti Veneti” e  “Fondazione Adkins Chiti – Donne in musica” - creata nel 1996 e presieduta dalla mezzosoprano Patricia Adkins Chiti – che ha indetto un concorso al quale hanno partecipato oltre cento compositrici di 30 diverse nazionalità fra le cui opere sono state selezionate le 5 migliori affidate per l’esecuzione al prestigioso complesso padovano.
Evidente l’emozione delle cinque artiste presenti in sala  -  simbolicamente emule, nei secoli, di quelle nate alla scuola di Vivaldi a Venezia e di Tartini a Padova -  nell’udire, tutte in prima esecuzione assoluta, le note frutto della propria creatività e della propria ispirazione, ed anche  la loro gratitudine nei confronti del M° Scimone per averle magistralmente interpretate.
A loro  hanno reso omaggio, all’inizio, il dolcissimo “Fur Elise” di Beethoven e la romantica ballata “Ondine” di Chopin entrambe interpretate al pianoforte dal padovano Alessandro Cesaro avviato al gran successo dal primo premio assoluto conseguito al prestigioso  Concorso Pianistico Internazionale di Ginevra. Quindi, alla fine, la raffinata esecuzione dell’ “Estate” dalle “Quattro stagioni” di Vivaldi ed il virtuosismo del clarinetto di Lorenzo Guzzoni (simpatica la “performance” fra  Maestro e Solista) sulle note del sempre moderno Rossini.       
Ha aperto la serie delle esecuzioni “The Overture to a fairy tale” ( “Storie di fate”) della israeliana di origine russa Emma Shifrin  in cui il violoncello di Giuseppe Barutti ha condotto un animato dialogo con  viole e violini.
Il “Concerto per viola d’amore e archi” della lettone Anna Veismane ha consentito alla viola d’amore di Chiara Parrini - grande virtuosa - di realizzare delicati suoni ricchi di colori che paiono evocare le brevi estati nordiche.
La francese Sylvia Filus, polacca di nascita, nella sua innovativa “Toile d’araignée” (“Tela di ragno”) per flauto, archi ed anche per un inconsueto  vibrafono,  offre al flauto di  Clementina Hoogendoorn Scimone l’occasione di esibirsi in una serie di contrasti e di dissonanze che mettono in luce la sua indiscussa, consolidata valentia.
Annie Fontana, da anni apprezzatissima docente  presso il cittadino Conservatorio Pollini, offre con l’ elegia musicale “Nebbie” per clarinetto (Lorenzo Guzzoni) ed archi,  la visione di un ambiente veneziano in cui sembra apparire la gondola navigante, lenta, nella bruma.
Ha chiuso l’interessante rassegna, seguita con molto interesse da un folto pubblico,  “Tranlunar”, della tedesca  Dorothee Eberhardt. Interpretata dal pianoforte particolarmente ritmico  di Cesaro, la composizione ha visto l’anima tedesca, trascinatrice,  emergere dal dialogo scintillante, tutto latino, dei violini.
                                                                           Giovanni Zannini


   

Dalla corrispondenza segreta Mussolini-Hitler dell'agosto/settembre 1939 - AL GALOPPO VERSO LA GUERRA

“Hitler e Mussolini” è un volumetto edito da Rizzoli Editore nel 1946 contenente la corrispondenza intercorsa fra Mussolini ed Hitler  nel periodo che va dal 25 agosto 1939 al 22 maggio 1943, con introduzione e note di Vittorio Zincone noto giornalista ed uomo politico liberale morto nel 1968.
In particolare il primo capitolo “Lo scoppio della seconda guerra mondiale”  raccoglie la corrispondenza intercorsa fra i due dittatori nel periodo della crisi dell’agosto/settembre 1939 rinvenuti  in una cartellina recante le seguenti  indicazioni :”N.72 – Segreteria particolare del Duce – SEGRETO -   Agosto/settembre 1939-XVII – Scambio di lettere fra il DUCE e il FUEHRER (argomenti vari – inizio operazioni in Polonia)  – 13 lettere – Atti - Agosto 1939-XVII.”
Ciò che da questa corrispondenza  emerge, e impressiona,    è il precipitare impetuoso non solo dei giorni cruciali della crisi  - fine agosto 1 settembre 1939 – che segnarono l’inizio della seconda guerra mondiale,  ma addirittura la puntuale, burocratica registrazione degli orari   in cui i messaggi furono scambiati, dai quali emergono dettagli poco (o pochissimo) noti che stanno dietro la facciata della storia ufficiale più conosciuta e consolidata .  
A questo scopo premetteremo al contenuto dei messaggi, in chiara evidenza visiva,  il giorno e l’ora in cui essi furono spediti al destinatario.  

MESSAGGIO  25-8-1939 HITLER A MUSSOLINI  AD ORE 15
 Hitler si sentiva, evidentemente, in imbarazzo per non aver tempestivamente informato  Mussolini - con il quale aveva tre mesi prima stipulato  iI  “Patto d’acciaio” che prevedeva la consultazione preventiva tra alleati  – del “Patto di non aggressione russo/tedesco” che tanta sorpresa e incredulità aveva suscitato in tutto il mondo, sottoscritto da Molotoff e da Ribbentrop due giorni prima, il 23 agosto, a Mosca. 
“Non vi ho ancora, Duce” si giustifica “informato in dettaglio su questo argomento perché mi mancava non soltanto la visione dell’ampiezza che queste conversazioni avrebbero potuto raggiungere, ma anche soprattutto la certezza della possibilità del successo”. Ciò premesso prosegue assicurando all’alleato che il patto stipulato con la Russia ha creato una situazione politica mondiale “che deve essere considerata  come un fortissimo guadagno per l’Asse”;  e conclude – mettendo, come si suol dire, le mani avanti sul progetto che già da tempo covava  - “che la tensione con la Polonia è insopportabile e che  in tali condizioni, nessuno può prevedere  ciò che si verificherà nell’immediato avvenire…”. 

MESSAGGIO 25-8-1939  MUSSOLINI A HITLER  AD ORE 17,30.
Anzitutto, “per quanto riguarda l’accordo con la Russia, io lo approvo completamente………era necessario un riavvicinamento  fra la Germania e la Russia”.
(A questo punto sia consentito aprire, all’interno di questa lettera, una parentesi per porre nella massima possibile evidenza la clamorosa contraddizione  in cui cade Mussolini con altra sua lettera a Hitler del 3 gennaio 1940 allorchè, a proposito degli accordi con la Russia, esprime con parole dure, che sanno di aperto  rimprovero, il suo netto dissenso. Egli scrive infatti:”…Io, che sono nato rivoluzionario e che non ho modificato la mia mentalità  di rivoluzionario, vi dico che voi non potete permanentemente sacrificare i principi della vostra rivoluzione  alle esigenze tattiche di un determinato momento  politico. Io sento che Voi non potete abbandonare la bandiera antisemita ed antibolscevica che avete fatto sventolare per 20 anni e per la quale tanti vostri camerati sono morti…Ho il preciso dovere di aggiungere  che un ulteriore passo  nei vostri rapporti con Mosca  avrebbe ripercussioni catastrofiche  in Italia dove l’unanimità antibolscevica  è assoluta, granitica, inscindibile…Sino a 4 mesi fa la Russia era il nemico mondiale numero uno: non può  essere diventato e non è l’amico numero uno. Questo ha turbato profondamente i fascisti in Italia e forse anche molti nazional-socialisti in Germania…”.   Chiusa parentesi, e riprendiamo il testo della lettera intestata).
Più avanti, “…per quanto riguarda l’atteggiamento pratico dell’Italia nel caso di un’azione militare”, il Duce così precisa: “Se la Germania attacca la Polonia  e il conflitto rimane localizzato, l’Italia darà alla Germania ogni forma di aiuto politico, economico, che le sarà richiesto. Se la Germania attacca la Polonia e gli alleati di questa contrattaccano la Germania, Vi prospetto l’opportunità  di non assumere io l’iniziativa di operazioni belliche date le attuali condizioni  della preparazione militare italiana ripetutamente e tempestivamente segnalate…”. Infatti, prosegue più avanti, “nei nostri incontri la guerra era prevista dopo il 1942 e a quell’epoca sarei stato pronto  per terra, per mare e per aria secondo i piani concordati”. Però… “…Il nostro intervento  può tuttavia essere immediato  se la Germania ci darà subito i mezzi  bellici e le materie prime  per sostenere l’urto che i franco-inglesi  dirigeranno prevalentemente contro di noi…”. Insomma, un appello al buon cuore ed alla generosità dell’alleato. Oltre a ciò, si noti la confessione mussoliniana dell’intesa raggiunta con la Germania in precedenza, di scatenare la guerra dopo il 1942.

MESSAGGIO HITLER A MUSSOLINI.(Zincone, in una nota a piè di pagina,  afferma che “il documento non reca data  ma è indubbiamente della SERA DEL 25 AGOSTO 1939)
Hitler preso atto che “…il Vostro intervento  in un grande conflitto europeo potrebbe avvenire soltanto qualora la Germania Vi desse immediatamente i mezzi bellici e le materie prime necessarie”,  chiede, premurosamente ”…di quali mezzi bellici e di quali materie prime voi abbisognate ed entro quanto tempo”, affinchè  si possa regolare.

MESSAGGIO 26 AGOSTO 1939 MUSSOLINI A HITLER AD ORE 12,10
Mussolini gli snocciola una lista del materiale occorrente alle forze armate italiane  “per sostenere una guerra di 12 mesi  oltre a quello che abbiamo”. Per motivi si spazio, invece che in colonna, indichiamo qui di seguito le tonnellate richieste: carbone per il gas e la siderurgia  6.000.000; acciaio 2.000.000; olii minerali 7.000.000; legno 1.000.000; rame 150.000; nitrato di sodio 220.000; sali potassici 70.000; colofonia  25.000; gomma 22.000; toluolo 18.000; essenza trementina 6.000; piombo 10.000; stagno 7.000; nikelio 5.000; molibdeno 600; tungsteno 600; zirconio 20; titanio 400. Inoltre, per proteggere gli impianti industriali italiani, “occorre l’immediato invio di 150 batterie (si ritiene, antiaeree – n.d.a.) da 90 e relativo munizionamento…”. E conclude che “senza la certezza di questi munizionamenti i sacrifici ai quali chiamerei il popolo italiano potrebbero essere vani e compromettere con la mia  anche la vostra causa”.

MESSAGGIO 26 AGOSTO 1939  HITLER A MUSSOLINI AD ORE 15,08.
No, risponde Hitler, non ce la faccio a fornire  all’Italia tutta quella montagna di roba  che chiede. Ce la farei a darle il carbone, l’acciaio,  il legname ed i sali di potassio nella quantità richiesta, per il carburante “ devo io stesso in primo luogo procurarmi dati precisi,” ma per gli olii minerali, il rame,  ed il  nikel, non se ne parla neppure.
“In quanto alle batterie antiaeree il Reich sarebbe in condizione di fornirne subito 30  di 4 cannoni; dopo la fine  delle operazioni polacche altre 30  e nel corso  di un anno altre 30  tutte con personale e strumenti di comando tedeschi”.
Ma siccome,  come affermato  dall’ambasciatore Attolico, tutto dovrebbe essere fornito dalla Germania addirittura immediatamente, prima dello scoppio delle ostilità, lasciamo perdere, sembra dire:  stia pur fuori dalla guerra, gli basta che l’Italia gli dia una mano procedendo  “ad impegnare, come voi prospettate, le forze anglo-francesi  mediante un’attiva propaganda  e dimostrazioni militari appropriate”. Ossia,  mostrare i muscoli, creare dubbi sulle intenzioni dell’Italia  immobilizzando in tal modo molti soldati francesi ed inglesi alle sue frontiere cosicchè, essendosi coperte le spalle con la Russia, gli sia possibile  attaccare la Polonia indebolendo la possibile reazione dei suoi  alleati ( Francia e Inghilterra).

MESSAGGIO 26 AGOSTO 1939 MUSSOLINI A HITLER AD ORE 18,42.
“Dal momento” risponde il duce, “che vi trovate nella materiale impossibilità di aiutarmi a riempire i grandi vuoti che le guerre di Etiopia e di Spagna hanno prodotto negli armamenti italiani…terrò il comportamento  che voi mi consigliate, almeno nella prima fase del conflitto, onde immobilizzare il massimo  delle forze franco-britanniche…”. Ma a questo punto spunta,  incredibilmente,  un Mussolini pacifista che, rivolto a Hitler,  si “permette di insistere…sulla opportunità di una soluzione politica che ritengo ancora possibile e tale da dare piena soddisfazione morale e materiale alla Germania”.

MESSAGGIO 27 AGOSTO 1939 HITLER A MUSSOLINI AD ORE 3,40
Il Fhurer si limita a confermare i concetti già espressi: dal momento che l’Italia non è pronta per il momento a far la guerra,  “almeno” gli dia una mano costringendo “con misure militari dimostrative  l’Inghilterra e la Francia ad immobilizzare alcune forze, o in ogni caso di lasciarle nell’incertezza” con la guerra psicologica. Oltre a ciò, per la prima volta, la richiesta di manodopera italiana: “Voi ed il vostro popolo potete aiutarmi in questa grave lotta soprattutto  appoggiandomi  con le forze italiane lavorative per scopi industriali ed agricoli”. Nessun accenno al buon consiglio di Mussolini di trovare una soluzione pacifica alla crisi internazionale.

MESSAGGIO MUSSOLINI A HITLER  SENZA DATA. Vittorio Zincone in una nota a piè di pagina afferma che esso è certamente del 28 AGOSTO 1938.
Mussolini rassicura Hitler:”…Il mondo non sa e non saprà qual è l’atteggiamento dell’Italia prima dello scoppio della lotta” e lo informa che per avvalorare la sua guerra psicologica condotta con stampa, radio, cinema e propaganda minuta, ha dislocato soldati alla frontiera della Francia per immobilizzare parte delle  sue forze, ed in Libia per fare altrettanto con gli inglesi in Africa. Oltre a ciò, si dice “disposto a mandarvi il maggior numero  possibile di lavoratori  per le vostre industrie e per la vostra agricoltura”.  

MESSAGGIO 29 AGOSTO 1939 MUSSOLINI A HITLER AD ORE 16,40
Rispunta il Mussolini pacifista che comunica a Hitler di aver appreso dall’ambasciatore Attolico che “Voi oggi esaminerete la nota britannica e che prenderete le Vostre decisioni”  (Vittorio Zincone informa che tale nota, portata a Berlino dall’ambasciatore inglese Henderson reduce da un viaggio a Londra, era abbastanza conciliante…L’Inghilterra si dichiarava  disposta a favorire la soluzione della questione tedesca/polacca  attraverso trattative dirette fra le due parti) e, continua, “…desidero dirvi, da vero amico,  che le proposte inglesi contengono a mio avviso le premesse e gli elementi per giungere  ad una soluzione favorevole  alla Germania in tutti i problemi che la interessano. Con questa soluzione  il ritmo delle Vostre superbe realizzazioni  non sarà turbato e aggiungerete un nuovo incontestabile successo  a quelli già da Voi ottenuti...Vogliate considerare questo mio appello  come un’altra prova della mia  costante solidarietà…”.

A questo punto nella corrispondenza Mussolini/Hitler si inserisce un

FONOGRAMMA 29 AGOSTO XVII (dell’era fascista, ossia 1939 - n.d.a.) N. 577 AMBASCIATORE ATTOLICO A MUSSOLINI AD ORE 16,40.
Attolico informa di aver consegnato il messaggio del Duce a Hitler il quale “ha ringraziato  incaricandomi di far sapere al Duce  che, sebbene molto scettico sulla possibilità del successo della iniziativa inglese, egli aveva accettato di trattare direttamente con la Polonia…pronto a ricevere domani un plenipotenziario polacco… e che comunque personalmente non aveva nessuna fiducia  nel risultato di tale iniziativa” confermando le sue pretese “su: Danzica - Il corridoio - Il trattamento delle minoranze…Il Fuhrer è stato molto gentile ed ha ringraziato nuovamente il Duce della sua offerta di mediazione aggiungendo che  nella situazione conveniva attendere. Ho preso atto chiarendo che…il Duce…è pronto a fare sul terreno politico-diplomatico  tutto quello che il Fuhrer potesse desiderare”.

MESSAGGIO SENZA  DATA (ma, evidentemente, successivo alla precedente) HITLER A MUSSOLINI.
“Duce,  anche l’ultimo tentativo di mediazione dell’Inghilterra è fallito. Io mi sono dichiarato ancora una volta  disposto a risolvere il problema fra Germania e Polonia per via di negoziati.. Per due giorni ho atteso inutilmente un negoziatore polacco. (Vittorio Zincone, a piè di pagina, scrive:”…In effetti l’ambasciatore polacco a Berlino, Lipski, fu munito di simili poteri (ossia pieni poteri – n.d.a.) ma si presentò a Ribbentrop  soltanto la mattina del 31 agosto  quando, secondo i tedeschi, non si poteva più trattare  perché l’ultimatum era già scaduto”. Da parte nostra ci chiediamo: ma allora lo scoppio della 2° guerra mondiale va attribuito  al ritardo di quel Lipski? Chiusa parentesi e riprendiamo il testo del messaggio).
…In queste condizioni… mi sono ormai deciso ad opporre violenza alla violenza. Sosterrò questa lotta quasiasi cosa possa accadere,  con tutto il fanatismo di cui io e il popolo tedesco siamo capaci”. Lo ringrazia per la sua offerta di mediazione, ma “Duce, io non ho voluto esporVi al pericolo  di assumere una parte di mediatore  che sarebbe stata, secondo ogni verosimiglianza, vana, considerato l’atteggiamento intransigente del Governo polacco…”.

MESSAGGIO SENZA DATA HITLER A MUSSOLINI (si ritiene del 3-9-1939 – infatti il Fuhrer scrive: “da due giorni le truppe tedesche operano in Polonia” e  l’invasione è avvenuta l’1-9).
“Duce, Vi ringrazio innanzi tutto per il Vostro ultimo tentativo di una mediazione”. (Mussolini, evidentemente, non aveva seguito il suo consiglio di lasciar perdere con le mediazioni, ed ecco cosa scrive in proposito Zincone in nota: ”Il tentativo di mediazione fu iniziato da Ciano  convocando gli ambasciatori di Francia e d’Inghilterra la mattina del 31 agosto  per proporre loro una nuova conferenza  a quattro sul tipo di quella di Monaco. Parigi e Londra  accettarono il giorno dopo, ma gli inglesi posero come condizione preventiva  il ritiro delle truppe tedesche dal territorio polacco. Hitler rifiutò di accettare  questa condizione presentata il 2 dicembre, e l’intero progetto cadde” -  n.d.a.). Prosegue: “…La lotta  cui vado incontro  è una lotta per la vita o per la morte…Bisogna scegliere con fredda riflessione il momento…in modo che sia assicurata la probabilità del successo ed a questo successo, Duce, io credo con fermezza granitica…Voi recentemente  mi avete amichevolmente assicurato  di potermi aiutare in qualche campo…Accolgo già in anticipo ciò  con sentita riconoscenza…Ma credo inoltre che,  - anche se adesso marciamo per vie diverse – il nostro destino ci legherà tuttavia l’uno all’altro.. ”.Lo aggiorna poi sull’ottimo esito della campagna contro la Polonia dichiarandosi sicuro del successo finale e conclude ringraziandolo “per gli appoggi che mi avete dato in passato  e che Vi prego di non volermi negare anche in avvenire”.    
   
Con questa  lettera si conclude nel libro la pubblicazione della corrispondenza intercorsa fra i due dittatori
 nella crisi  dell’agosto-settembre 1939.
Ad essa fanno seguito alcuni documenti fra cui: 1) il testo della mozione approvata il 10 settembre 1939 dal Consiglio dei Ministri italiano con la quale confermata…”l’opera svolta dal duce per assicurare all’Europa una pace basata sulla giustizia…annuncia al popolo che l’Italia non prenderà iniziativa alcuna  di operazioni militari (la cosiddetta “non belligeranza” – n.d.a.)”. 2) una intercettazione telefonica del 26 agosto 1939 nella quale  l’ambasciatore tedesco in Italia, von Mackensen, informa il suo  ministero degli esteri che “il Duce…ha insistito ancora molto perché sia trovata una soluzione sul terreno politico” e che esso  “ non intendeva fare alcuna proposta  ma semplicemente dire che l’ambasciatore inglese  aveva espresso il desiderio dell’Inghilterra  di trovare una forma  o l’altra  per la soluzione pacifica…Egli personalmente è convinto  che si possa ancora trovare una soluzione che soddisfi le richieste tedesche  ed eviti la guerra…Egli crede che un  appello personale del Fuhrer  diretto al popolo inglese e francese  potrebbe ottenere un favorevole effetto..”. 3) altra intercettazione telefonica  di un colloquio 27 agosto 1939 fra il ministro degli esteri tedesco von Ribbentrop e l’ambasciatore tedesco a Roma von Mackensen nella quale il primo afferma che occorre far ben presente al duce ed a Ciano che non è affatto vero che “il dissidio tedesco-polacco starebbe perdendo la sua asprezza. Invece è il contrario al 100%...La questione tedesco-polacca dovrà essere irrevocabilmente risolta in un modo o nell’altra, senza alcun compromesso…”.

In conclusione dall’esame della documentazione che precede emerge:

1)      La ferma determinazione di Hitler di risolvere ad ogni costo ed a qualsiasi prezzo la questione polacca snobbando qualsiasi tentativo di pacifica soluzione. Si noti, a proposito della richiesta mussoliniana  di artiglieria contraerea  che il Fuhrer è disposto a fornire "... SUBITO 30 batterie da 4 cannoni, DOPO LA FINE DELLE OPERAZIONI POLACCHE altre 30...". Dunque, tutto era già stato deciso e programmato: la lettera è del 26 agosto, l'attacco alla Polonia del 1 settembre 1939.    
2)       L’atteggiamento equivoco di Mussolini che da una parte si dice disposto, con una “guerra psicologica”, ad appoggiare quella reale ed effettiva  di Hitler mentre, dall’altra, si dà da fare con tentativi di mediazione che, è doveroso ammetterlo, vi furono, per evitarla.
  
Purtroppo, gli strepitosi successi militari iniziali dei tedeschi lo indussero a trasformare in effettiva una  guerra solo psicologica che gli avrebbe consentito di barcamenarsi in ogni caso con l’una o con l’altra parte facendo valere, ove a vincere fossero stati i tedeschi, il contributo loro fornito con la “guerra psicologica” o, in caso contrario, magnificando  la bandiera della pace da lui fatta sventolare per evitare il conflitto.