Racconto
UN OSSERVATORIO STRATEGICO
UN OSSERVATORIO STRATEGICO
L’”Ufficio S.S.T.A. – Studi Strategici Tattici Ambientali” del Quartier Generale di R. (non posso dire di
più per non rischiare di finire davanti a qualche Tribunale Militare) aveva
sede al 2° piano di un vecchio palazzo sito in una via stretta e poco
illuminata.
Di giorno, sentinella di guardia, portone d’ingresso e finestre aperte,
andirivieni di militari e di civili : di
sera, ad una certa ora, portone sbarrato
e finestre chiuse, non c’era un’anima.
Invece, non si vedeva, ma ce n’erano sempre due, quelle delle sentinelle
di guardia al “tesoro” chiuso in una stanza del piano occupato dall’”Ufficio
S.S.T.A”.
In cosa consistesse
questo “tesoro”, era un mistero, lo sapeva solo il Colonnello che ne era il
responsabile e nessun altro: piani di
difesa – e magari anche d’attacco -,
armi segrete, documenti compromettenti, “dossier” scottanti, segreti di
Stato, notizie sugli attentati, informazioni riservate riguardanti importanti
personaggi? Non si è mai saputo: di certo c’era solo che le due sentinelle avevano l’ordine di percorrere avanti e indietro il lungo
corridoio sul quale affacciava la stanza del “tesoro” e di fermare chiunque vi
si avvicinasse o, peggio, tentasse di entrarvi. Gli ordini erano severissimi:
se necessario, aprire il fuoco.
Era un servizio piuttosto pesante e noioso, soprattutto
d’estate, con il gran caldo, un servizio
che i soldati, a turno, facevano malvolentieri maledicendo il “tesoro” e tutto
quello che ci poteva esser dentro, ma un’estate
(non posso rivelare l’anno per i motivi indicati più sopra) avvenne una cosa
stranissima: i soldati facevano a botte per fare il servizio di guardia al
“tesoro”. La cosa non sfuggì ad un giovane ufficiale di picchetto insospettito
dal comportamento anomalo della truppa:
e, timoroso che ci fosse sotto qualcosa di losco e di pericoloso, decise di
vederci chiaro.
Una sera d’estate – erano circa le 11 di sera – salito al 2°
piano del Quartier Generale, aprì con
ogni cautela la porta che immetteva nel lungo corridoio malamente
illuminato ove avrebbero dovuto esserci le
due sentinelle di guardia al “tesoro”.
Nulla, silenzio, di tomba. Proseguì a passi felpati,
impugnando la pistola d’ordinanza, sicuro di trovarsi di fronte a qualcosa di
grosso, e di essere protagonista di un fatto straordinario e di un avvenimento
di cui si sarebbe forse interessata la storia.
Arrivato dinanzi all’ufficio del Colonnello Comandante, i
suoi sospetti ingigantirono: la porta era aperta, spalancata!
Col cuore in gola, ma pronto a tutto, senza far il minimo
rumore, entrò.
Le sentinelle erano
comodamente adagiate sulle due poltrone
- sulle quali il Colonnello
faceva solitamente accomodare le persone di riguardo – che
avevano collocato di fronte alla
finestra aperta che dava sulla stretta strada, ed i due giovani vi si erano comodamente assisi, guardando al di
là della finestra, con l’aria soddisfatta di chi osserva, in prima fila, uno
spettacolo molto interessante.
Così interessante che non
si accorsero dell’arrivo
dell’ufficiale che, giunto alle loro spalle, volle, a sua volta, dare
un’occhiata.
Nel palazzo di fronte, attraverso la finestra pure aperta di
una camera da letto ben illuminata, posta alla stessa altezza dell’ufficio del
Colonnello, due giovani, una bella biondina lei, un bel maschietto lui – due
freschi, insaziabili sposini, il
candido mazzolino di fiori della sposa pendeva nel vano della finestra -, si esibivano in schermaglie amorose degne del
più rinomato locale a luci rosse della città.
Allora l’ufficiale di picchetto capì: i due sposini, convinti
dalla mancanza di qualsiasi segno di vita nel palazzo di fronte, certi che, di notte,
i Quartier Generali sono
deserti, complice l’afa estiva
lasciavano la finestra spalancata, il
che consentiva di mettere in bella vista
le loro appassionate, ripetute e puntuali notturne “performances” amorose.
A quel punto l’ufficiale di picchetto, per nulla distolto da
quella visione, emise un tonante “e allora….!!!” che fece zompare dalle loro comode
poltrone le due sentinelle che tentarono di abbrancare i fucili che avevano abbandonato sullo scrittorio del Colonnello, con
l’intento di uccidere l’intruso il quale, fattosi riconoscere, li sbattè sull’attenti pallidi e rintronati in
attesa della bufera.
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Il giorno dopo il fattaccio,
senza perder tempo, le due sentinelle,
a seguito del dettagliato rapporto dell’ufficiale di picchetto che
raccontò per filo e per segno al Colonnello tutto quanto era accaduto, furono
condannate a 60 giorni di cpr (camera di
punizione di rigore) per “violata consegna”.
Il Colonnello, da parte sua, volle rendersi personalmente
conto della situazione e, recatosi una notte nel suo ufficio, potè constatare che, in effetti, esso costituiva un ottimo osservatorio
dal punto di vista ludico, ambientale e
strategico.
Giovanni Zannini
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