martedì 22 gennaio 2013

IL NAZIONALISMO FASCISTA E LA "RESTITUZIONE" DEI COGNOMI

La “restituzione” dei cognomi è una delle forme in cui si è manifestato in passato da parte del  regime  fascista un nazionalismo esasperato, nell’ambito di quelle operazioni definite di “pulizia etnica”.
Si tratta dell’adattamento  dei cognomi di cittadini di una nazione di cui una parte sia stata trasferita sotto la sovranità di un’altra, alla lingua della nazione inglobante.
In Italia l’operazione “restituzione” riguardò i territori del Trentino e del Sud-Tirolo  che dopo la vittoria della prima guerra mondiale erano stati liberati e con il trattato di Rapallo del 20-3-1921  annessi all’Italia. Nel 1926 il fascismo si accorse che, scandalosamente, in quei territori molti cognomi originariamente italiani erano stati tradotti in tedesco  e decise di  porre rimedio a questa  grave situazione.
Così, il 24-5-1926  emanò la legge secondo la quale “le famiglie della provincia di Trento  che portano un cognome originario italiano  o latino tradotto in altre lingue  o deformato con grafia straniera  o con l’aggiunta di suffisso straniero riassumeranno il cognome originario nelle forme originarie… La restituzione in forma italiana sarà pronunciata con Decreto del Prefetto  della Provincia che sarà notificato agli interessati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del Regno e annotato nei registri dello stato civile”.
Ed erano anche previste delle penalità: infatti “chiunque dopo la restituzione avvenuta fa uso del cognome o del predicato nobiliare nella forma straniera è punito con la multa da L.500 a L.5.000”.
Successivamente, più di un anno dopo,  il fascismo  si accorse  che questa pericolosa anomalia permaneva anche nelle Province di Trieste, Gorizia, Pola e Zara  i cui territori  erano stati parimente annessi all’Italia dal trattato di Rapallo,  e dove  i cognomi originariamente italiani o latini erano stati tradotti o deformati in lingua croato-slovena.
Così,  il R.Decreto 7-4-1927 estese anche a questi territori le disposizioni della legge 24-5-1926 relative alla “restituzione”  dei  cognomi in forma italiana per cui, ad esempio, i Devetag si videro trasformati in Devetta, i Makutz in Macuzzi, i Percovich in Percuzzi, i Kastelik  in Castelli, i Katalan  in Catalani, i Braikovic in Bravini, i Domancich in Domini, i Lobenstein  in Pierleoni, i Voigt in Castaldi, i Gembrecich in Gembrini, i Beherend in Archer, i Berini in Archi, gli Husel  in Cuselli,  e così via.
Pertanto, anche a seguito di tali   provvedimenti, anziché favorire la pacifica integrazione delle popolazioni alloglotte annesse all’Italia  dopo la fine della prima guerra mondiale,  lo sciocco nazionalismo fascista favorì il sorgere del loro irredentismo. Di quello  tedesco in Alto Adige cui pose fine la saggezza dell’accordo De Gasperi/Gruber,  e di quello  slavo delle popolazioni croate e slovene  che alla fine, sommato ad altri provvedimenti ostili (quali, ad esempio, l’abolizione dell’insegnamento delle loro lingue nelle scuole) ed alla sciagurata invasione italiana della Jugoslavia nell’ultima guerra, portò ai sanguinosi giorni dell’infausta occupazione titina di Trieste,  alle foibe ed all’esodo di 350.000 italiani  che, vittime della politica nazionalista fascista, furono  scacciati dalle loro terre.
                                                                                                        Giovanni  Zannini 
                                                                                                                                      
  


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