Colpisce, in particolare, il colloquio fra il
comandante Pedro (un nobiluomo di sentimenti monarchici che per le sue notevoli
capacità militari è stato eletto comandante di una brigata partigiana
comunista), e la “prigioniera” Clarice Petacci detta Claretta. Esso avviene in
una piccola stanza a piano terra del comune di Dongo ove alla data sopra
indicata la donna viene richiusa assieme a Marcello Petacci, all’ amante ed a
due suoi figlioletti. Inizialmente essa sostiene che, dovendo recarsi in
Svizzera, era stata accolta a bordo della
vettura del Petacci (suo fratello, che si fingeva un Console Spagnolo) a titolo di cortesia
dato che egli era colà diretto.
Ma, di fronte alle contestazioni di Pedro cui
Mussolini ha rivelato, in un precedente colloquio, che la signora è la sua
amante, confessa la sua vera identità ed
inizia un colloquio patetico con il comandante partigiano - che la tratta con
rispetto - durante il quale racconta la storia del suo amore per Mussolini.
A vent’anni, dice, lo aveva
conosciuto ad una festa restando colpita dalla sua ”personalità
fortissima, per quell’impressione di
audacia e di sicurezza che dimostrava. Era allora un vittorioso della vita…” e
non vi è dunque da stupirsi che anch’essa,
come molte altre donne, ne sia rimasta
soggiogata.
Osservandolo, Claretta si avvede però che,
nonostante i suoi continui successi sentimentali, l’uomo non è soddisfatto
perché non aveva mai incontrato l’amore vero dalle donne che se lo contendevano
e si concedevano a lui solo per ottenere
vantaggi materiali o per ambizione.
E quando si
accorge che è lei la donna disposta ad
amarlo non per interesse o favori, ma con la vera “missione” di essere per lui “una dolce e cara amica dalla quale si corre
quando si ha bisogno di sfuggire …alle tempeste della vita, per rifugiarsi in un posto tranquillo, in un’atmosfera di
serenità e di pace”, il duce stabilisce con lei
quella “comunione intima dello spirito” che è sempre stata l’aspirazione
segreta dell’anima di Claretta.
Un amore, dunque, vivo, sincero ed intenso,
disinteressato, che la porta a superare la gelosia “per tutte le amanti che ha
avute : lo comprendevo e lo perdonavo…e sopportavo con rassegnazione tutti i suoi tradimenti…Mi contentavo di
essere la padrona della sua anima e dei suoi sentimenti…e di essere la sua
consolatrice e la confidente dei suoi
segreti dolori, mi accontentavo…che con me sola si sfogasse di tutte le
amarezze che gli cagionava il potere, intrighi, lotte fra coloro che egli aveva
favorito, influenze misteriose…e altre questioni che io neanche capivo ”, dice la donna tra le lacrime. E tale da
indurla a seguirlo anche nel momento della disgrazia, anziché mettersi in salvo
con i suoi all’estero, come avrebbe potuto facilmente fare.
Pedro che,
lo confessa, è un po’ commosso di fronte a quelle lacrime, le rifaccia di
essere stata, invece, per tanto tempo la
consigliera del duce e di essersi occupata di politica: ma la donna nega
recisamente.
“Non ho mai avuto” dice “ l’idea di occuparmi di
politica o di cose di governo, oppure di consigliarlo in tal campo…ho usato
l’influenza che avevo su di lui per raccomandare qualcuno - ufficiali, gerarchi, pezzi grossi caduti in
disgrazia - che venivano a pregarmi di perorare
presso di lui la sua causa. E tutti ho cercato di aiutare perché ho
sempre voluto fare del bene ad altri...Perfino (pensi che umiliazione) le sue
amanti delle quali si era stancato dopo breve relazione venivano a me per
raccomandarsi. Ed anche per loro, creda, mettevo spesso una buona parola…”.
Emerge, dunque, da questo colloquio – e ciascuno è
libero di credervi o no - la figura di una donna disinteressata che desidera
evidenziare, al dilà dell’aspetto sessuale ed erotico, soprattutto
il lato sentimentale ed affettivo che la legava al duce, ed il suo intento di utilizzare i vantaggi che le derivavano dal rapporto con lui solo
per fare del bene agli altri, perfino (e questo è, francamente, assai difficile
da credere) alle amanti
che in gran numero venivano scaricate da Mussolini.
Nel corso
del colloquio la donna chiede quali siano le intenzioni dei partigiani nei
confronti suoi e di Mussolini, e Pedro le risponde di non poterle dir nulla
perché in attesa di ordini dai suoi superiori .
Per quanto la riguarda, la Petacci ritiene “di non
aver niente a che fare con le autorità: chi vuole che si occupi di una povera
donna come me? Io non ho delitti o colpe di cui rispondere , non possono
accusarmi di niente, e quindi mi lasceranno certamente libera ”, mentre più la
preoccupa il destino del suo amante che, a suo avviso, andrebbe consegnato agli
Alleati.
Decisa è la reazione di Pedro: Mussolini, secondo
lui, non andrà consegnato agli Alleati
perché “la questione riguarda esclusivamente gli italiani e solo noi siamo in
diritto di giudicarlo” al che la donna replica, sdegnata:”Un processo? E’
terribile…meglio sarebbe stato, allora, che morisse subito…”. E l’altro: ”Avrebbe
potuto morire subito, signora. Quando è
stato scoperto e arrestato, era armato e in mezzo ai suoi uomini. Perché non ha cercato di difendersi ingaggiando
combattimento? Avrebbe potuto, quasi certamente, uscire vincitore, oppure
sarebbe stato ucciso combattendo, e
sarebbe certamente stata una fine più dignitosa per lui”. “Era troppo
abbattuto, troppo spossato…non avrà avuto la forza…” è la risposta.
Il colloquio (durato, scrive Bellini delle Stelle,
“un’ora buona e forse anche più”) è finito, ed il partigiano, dopo aver
salutato ed averle confermato che finchè dipenderà da lui, nulla di male le
potrà accadere, si avvia alla porta, ma la donna lo ferma invocando: ”Mi metta con lui!”.
Pedro risponde che prima di decidere sulla sua
richiesta, si deve consultare con i compagni, ed esce.
“Neri” (Luigi Canali – Capo di Stato Maggiore della
Brigata) e “Pietro” (Michele Moretti - Commissario
politico) interpellati, dicono di non
aver nulla in contrario alla
riunificazione dei due amanti: e quando il comandante le riferisce che la sua richiesta è stata accolta, la Petacci, fra le lacrime, mormora “Grazie!
Grazie” ed afferra la mano dell’uomo, che la ritrae, per baciargliela.
L’episodio è certamente toccante, e Pedro
scrive:”…A tanto giunge dunque l’amore di quella donna! Non posso ora
evitare di guardarla con ammirazione e
pietà”.
Esso manifesta altresì il comportamento corretto dal
punto di vista militare - ed in alcuni casi umanitario – tenuto dai partigiani che catturarono
Mussolini, l’amante ed il suo seguito, nei
loro confronti.
Ben diverso da quello del colonnello Valerio che irrompe a Dongo carico
di odio e di quei sentimenti di vendetta che avranno il loro culmine
nell’indegno tumulto popolare di
Piazzale Loreto infliggendo una così
grave ferita alla nobiltà della lotta di liberazione italiana.
Giovanni Zannini
Padova 14.1.2013
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