mercoledì 27 giugno 2012


Racconto
UN OSSERVATORIO STRATEGICO

L’”Ufficio S.S.T.A. – Studi Strategici Tattici Ambientali”  del Quartier Generale di R. (non posso dire di più per non rischiare di finire davanti a qualche Tribunale Militare) aveva sede al 2° piano di un vecchio palazzo sito in una via stretta e poco illuminata.
Di giorno, sentinella di guardia,   portone d’ingresso e finestre aperte, andirivieni di militari e di  civili : di sera,  ad una certa ora, portone sbarrato e finestre chiuse, non c’era un’anima.
Invece, non si vedeva,  ma ce n’erano sempre due, quelle delle sentinelle di guardia al “tesoro” chiuso in una stanza del piano occupato dall’”Ufficio S.S.T.A”.
In  cosa consistesse questo “tesoro”, era un mistero, lo sapeva solo il Colonnello che ne era il responsabile e nessun altro:   piani di difesa – e magari anche d’attacco -,  armi segrete, documenti compromettenti, “dossier” scottanti, segreti di Stato, notizie sugli attentati, informazioni riservate riguardanti importanti personaggi? Non si è mai saputo: di certo c’era solo che  le due sentinelle  avevano l’ordine  di percorrere avanti e indietro il lungo corridoio sul quale affacciava la stanza del “tesoro” e di fermare chiunque vi si avvicinasse o, peggio, tentasse di entrarvi. Gli ordini erano severissimi: se necessario, aprire il fuoco.
Era un servizio piuttosto pesante e noioso, soprattutto d’estate, con il  gran caldo, un servizio che i soldati, a turno, facevano malvolentieri maledicendo il “tesoro” e tutto quello che ci poteva esser dentro,  ma un’estate (non posso rivelare l’anno per i motivi indicati più sopra) avvenne una cosa stranissima: i soldati facevano a botte per fare il servizio di guardia al “tesoro”. La cosa non sfuggì ad un giovane ufficiale di picchetto insospettito dal  comportamento anomalo della truppa: e, timoroso che ci fosse sotto qualcosa di losco e di pericoloso, decise di vederci chiaro.
Una sera d’estate – erano circa le 11 di sera – salito al 2° piano del Quartier Generale,  aprì con ogni cautela la porta  che  immetteva nel lungo corridoio malamente illuminato ove  avrebbero dovuto esserci le due sentinelle di guardia al “tesoro”.
Nulla, silenzio, di tomba. Proseguì a passi felpati, impugnando la pistola d’ordinanza, sicuro di trovarsi di fronte a qualcosa di grosso, e di essere protagonista di un fatto straordinario e di un avvenimento di cui si sarebbe forse interessata la storia.
Arrivato dinanzi all’ufficio del Colonnello Comandante, i suoi sospetti ingigantirono: la porta era aperta, spalancata!
Col cuore in gola, ma pronto a tutto, senza far il minimo rumore, entrò.
Le  sentinelle erano comodamente adagiate sulle due poltrone  -  sulle quali il Colonnello faceva  solitamente  accomodare le persone di riguardo – che avevano collocato  di fronte alla finestra aperta che dava sulla stretta strada, ed i due giovani vi  si erano comodamente assisi, guardando al di là della finestra, con l’aria soddisfatta di chi osserva, in prima fila, uno spettacolo  molto interessante.
Così interessante che non  si accorsero  dell’arrivo dell’ufficiale che, giunto alle loro spalle, volle, a sua volta, dare un’occhiata.
Nel palazzo di fronte, attraverso la finestra pure aperta di una camera da letto ben illuminata, posta alla stessa altezza dell’ufficio del Colonnello, due giovani, una bella biondina lei, un bel maschietto lui – due freschi, insaziabili   sposini, il candido mazzolino di fiori della sposa pendeva nel vano  della finestra -,  si esibivano in schermaglie amorose degne del più rinomato locale a luci rosse della città.
Allora l’ufficiale di picchetto capì: i due sposini, convinti dalla mancanza di qualsiasi segno di vita nel palazzo di fronte, certi che,  di notte,  i Quartier Generali  sono deserti,  complice l’afa estiva lasciavano  la finestra spalancata, il che consentiva di mettere  in bella vista le loro appassionate, ripetute e puntuali notturne  “performances” amorose.  
A quel punto l’ufficiale di picchetto, per nulla distolto da quella visione, emise un tonante “e allora….!!!” che fece zompare dalle loro comode poltrone le due sentinelle che tentarono di abbrancare i  fucili che avevano  abbandonato sullo scrittorio del Colonnello, con l’intento di uccidere l’intruso il quale, fattosi riconoscere,  li sbattè sull’attenti pallidi e rintronati in attesa della bufera.

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Il giorno dopo il fattaccio,  senza perder tempo, le due sentinelle,   a seguito del dettagliato rapporto dell’ufficiale di picchetto che raccontò per filo e per segno al Colonnello tutto quanto era accaduto, furono condannate a  60 giorni di cpr (camera di punizione di rigore) per “violata consegna”.
Il Colonnello, da parte sua, volle rendersi personalmente conto della situazione e, recatosi una notte nel suo ufficio, potè constatare  che, in effetti, esso costituiva un ottimo osservatorio dal punto di vista  ludico, ambientale e strategico.

                                                                            Giovanni Zannini 


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