mercoledì 27 giugno 2012


MAZZINI E I 1000: MERITO SUO?
Giuseppe Garibaldi compì la grande impresa della spedizione dei Mille per liberare il sud Italia dai Borboni e addivenire all’unità d’Italia: ma di chi fu l’idea? L’ebbe lui stesso, o furono altri ad ispirarlo?
E la risposta, per quanto strano possa apparire, è: Giuseppe Mazzini ed i suoi seguaci. Proprio lui, che di Garibaldi  aveva sempre avversato la strategia (l’unità d’Italia nel nome e sotto la guida dei Savoia), fedele al suo motto “Dio e popolo” che il comune sogno dell’Unità d’Italia affidava invece ad insurrezioni popolari da fomentarsi in ogni parte d’Italia e ad una guerra per bande alla quale  gli italiani, trascinati dall’esempio di tanti martiri caduti nei vari tentativi,  avrebbero  alla fine partecipato.
Già nel 1854 in un incontro a Londra, Mazzini aveva invitato Garibaldi a capeggiare una spedizione in Sicilia contro i Borboni,  trovandosi però di fronte ad un netto rifiuto del Generale che non riteneva maturi  i tempi per tale audace operazione.    
Ma a fargli mutare idea furono, alla fine, altri mazziniani siciliani, numerosi nell’isola, fra cui Francesco Crispi, Rosolino Pilo, Giovanni Corrao,  Giuseppe   La farina, Nicola Fabrizi  ed altri  che già avevano partecipato ma, ahimè, senza successo, all’insurrezione palermitana del 1848 contro i Borboni e  che  all’inizio del 1860 tornarono di nuovo alla carica.
Chiara, in tal senso, la lettera che Rosolino Pilo -  un nobile mazziniano palermitano che aveva partecipato alla rivoluzione del 1848 nella sua città e poi collaborato con Pisacane alla sua fallita avventura del  1858 convincendosi,  dopo di ciò,  della necessità di cambiare il sistema di lotta e di chiedere  aiuto a forze esterne al movimento mazziniano  - d’accordo con Francesco Crispi, invia da Genova,  il 24 febbraio 1860, a Garibaldi. Con essa lo informa di “mezzi preparati e messi  insieme in Sicilia da Mazzini che non fa questione di repubblica, per riuscire non ad un moto scomposto (come quelli soliti mazziniani….Ndr) ma ad un’azione seria”. Per questo, una volta che Garibaldi fosse riuscito a procurarsi i fondi  per  i volontari,  il necessario armamento  ed il “noleggio di bastimento”, egli  si sarebbe recato in Sicilia per iniziare “un fatto serio nel Mezzogiorno ove Voi, a nostro avviso telegrafico, dovreste farci la grazia di recarvi per capitanarci…”. E conclude: “Sì, Generale stimatissimo, è tempo che voi non veniate meno all’Italia…Dai Vostri ultimi scritti ho visto che Voi siete convinto che non resta se non l’armarsi e l’audacia e la fermezza di proposito  agli italiani per liberarsi  degli stranieri  che tuttavia baldanzosi stanno nella penisola”.
Dopo di ciò il 28 marzo 1860, assieme a Giovanni Corrao,  partì per la Sicilia ove accese  la scintilla  che portò alla fine del Regno delle Due Sicilie.      
 L’insurrezione ebbe successo nel contado, mentre a  Palermo incontrò difficoltà che mal riferite a Garibaldi, lo posero nel dubbio se partire o rinunciare.  Ma il 5 maggio, pur ignorando  se al suo arrivo nell’isola avrebbe trovato  un popolo che lo accoglieva festante o le agguerrite truppe borboniche pronte a rigettarlo in mare, si decise ed ancora una volta la fortuna gli arrise.
Rosolino Pilo, dopo lo sbarco di Garibaldi, si unì immediatamente alle sue camicie rosse in marcia verso Palermo  cadendo in combattimento sei giorni prima della presa della città.
“Missione compiuta”, dunque, di un eroe del quale poco si parla nella storia del Risorgimento Italiano ma al quale andrebbero invece attribuiti  maggiori riconoscimenti.
Alla sua memoria fu conferita, il 30 settembre 1862,  la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:  ”Morto sul campo combattendo con valore  a S.Martino di Monreale il 21 maggio 1860”.
                
                                                                                                    Giovanni  Zannini

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