giovedì 5 gennaio 2012

Nel dramma Mussolini-Ciano UN PRANZO INDIGESTO AL CASTELLO DI HIRSCHBERG

Nella drammatica storia dei rapporti fra Mussolini e Ciano val la pena esplorare il periodo di circa due mesi successivi alla drammatica seduta del Gran Consiglio del Fascismo che il 24-25 luglio 1943 provocò la caduta del fascismo in Italia.
Le vicende di Mussolini sono note: arrestato all'indomani della seduta, dopo un lungo peregrinare alla ricerca del luogo sicuro in cui tenerlo prigioniero, è finalmente condotto sul Gran Sasso d’Italia da cui il 12 settembre viene liberato da una magistrale azione di commando(l’”Operazione Quercia”, combinata fra un reparto di paracadutisti al comando del magg.Harald-Otto Mors, e di SS comandate dal cap. Otto Skorzeny) il cui merito fu attribuito a quest’ultimo anche se pare esso sia da attribuirsi al Mors che dell’intera, brillante operazione era stato il regista.
Il piccolo aereo (uno “Stork” - cicogna – aereo a decollo e atterraggio breve ai cui comandi era l’esperto capitano della Luftwaffe Gerlach, pilota personale del gen.Kurt Student, asso dell’aviazione tedesca e fondatore dell’arma dei paracadutisti) sopraggiunto all’esito positivo dell’azione prende a bordo l’ex Duce e dopo aver lasciato con un decollo mozzafiato il Gran Sasso atterra nel piccolo aeroporto di Pratica di Mare. Da qui è trasferito su di un Heinkel 111 che la sera stessa raggiunge l’aeroporto di Vienna donde contatta Hitler che vorrebbe vederlo subito, ma Mussolini, stremato, afferma di non essere in grado di farlo e finalmente può riposare nel viennese hotel Continental.
L’indomani, 13 settembre, è dedicato agli affetti familiari che Mussolini, prima di ripiombare nel vortice di un’avventura che prevede oscura e piena d’imprevisti, vivamente desidera.
Parte in aereo da Vienna ed atterra a Monaco ove la moglie Rachele ed i figli già si trovavano - ivi trasferiti dai tedeschi timorosi che il colpo del Gran Sasso avrebbe potuto provocare rappresaglie nei loro confronti – e trascorre in famiglia la notte in una villa posta a loro disposizione.
Il giorno successivo, 14 settembre, nel pomeriggio, parte per il nord diretto a Rastemburg – l’attuale Ketrzyn, nella Masuria, regione della Prussia orientale - ove avviene l’incontro con Hitler nel suo Quartier Generale, “La tana del lupo”.
La cronologia dei movimenti di Mussolini dopo la sua liberazione dal Gran Sasso è tratta dal 2° volume della “Storia della Repubblica di Salò” (titolo originale “The Brutal Friendship. Mussolini , Hitler and the Fall of Italian Fascism”) – Giulio Einaudi Editore 1970 - di Frederick William Deakin e da essa emerge che, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, l’incontro fra i due dittatori non avvenne nell’imminenza della liberazione, ma solo dopo un periodo di “decantazione” di circa tre giorni.
Comunque siano andate le cose, Goebbels scrive nel suo diario che “ i reciproci saluti sono stati straordinariamente cordiali ed amichevoli. Il Fuhrer lo attendeva all’esterno del suo bunker con il figlio del Duce, Vittorio. Hitler e Mussolini si sono abbracciati dopo la lunga separazione. E’ stato questo un esempio di fedeltà fra uomini e camerati che ha profondamente commosso…”.
I due “camerati” restano a colloquio per un paio d’ore: Hitler è furioso contro i congiurati del 25 luglio, mentre Mussolini appare, invece, più propenso ad attenuarne le colpe .
Alla fine il Duce s’incontra nella saletta delle conferenze del bunker (ove il 20 luglio 1944 avverrà il fallito attentato contro Hitler) con Pavolini, Ricci, Farinacci e Preziosi già arrivati al Quartier Generale di Hitler, ed in questi colloqui protrattisi fino a tarda notte vengono esaminate tutte le problematiche relative alla possibile costituzione di un nuovo stato fascista in Italia.
Nei successivi 15 e 16 settembre Mussolini prosegue a Rottemburg i suoi colloqui con Hitler che riesce a vincere i suoi timori e le sue perplessità minacciando anche, si dice, che in caso di suo rifiuto l’Italia avrebbe avuto una sorte ben peggiore di quella riservata dai tedeschi alla Polonia, cosicchè la stessa sera del 15 un comunicato della nuova Agenzia di stampa fascista diffonde da Roma un comunicato secondo cui “Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del Fascismo in Italia”, facendo seguire i primi cinque ordini del giorno.
Il 17 dello stesso mese l’ex duce si congeda da Hitler, parte in aereo per Monaco e prende residenza con la famiglia nel castello di Hirschberg a Waldbchel - vicino a Weilheim - nella Baviera meridionale: e fino al 23 settembre, allorchè Mussolini lascia Monaco per rientrare in Italia, quel castello nella lontana foresta bavarese fu, per pochi giorni, il suo nuovo Palazzo Venezia. Ma Filippo Anfuso, suo fedelissimo, accorso dalla Legazione italiana di Budapest per essere al suo fianco, ne dà una penosa descrizione:”Finii – scrive – per assumere le funzioni di usciere, segretario e telefonista…”
E fu lì che avvenne l’incontro con Ciano e la sua famiglia che – come vedremo – già si trovavano in Baviera, a pochi chilometri di distanza, a Oberallmannshausen, sul lago di Starnberg, in una lussuosa villa messa a loro disposizione da Hitler.
Ed è da lì, dal castello di Hirschberg che Mussolini annuncia la costituzione del nuovo governo in base alla lista che Pavolini, inviato a Roma con questo incarico, faticosamente, e sotto l’attento controllo dell’ambasciatore tedesco Rhan, era riuscito a mettere insieme.
Meno nota la trafila di Ciano all’indomani del 25 luglio 1943.
Era rimasto a Roma, al contrario degli altri 13 partecipanti alla storica seduta che, fiutata la mal parata, se ne erano prudentemente allontanati scampando alla mala sorte degli altri sei rimasti invece nella capitale e che furono poi – ad eccezione di Cianetti che se la cavò con trenta anni di reclusione - fucilati a seguito del processo farsa di Verona.
Ma pochi giorni dopo la storica seduta i tedeschi - con il pretesto di sottrarlo alla resa dei conti cui il governo Badoglio lo avrebbe sottoposto, assieme agli altri gerarchi, per le responsabilità loro derivate dall’attiva partecipazione al complotto - organizzarono la fuga (che si rivelò, invece, una trappola) di Ciano, imbarcandolo il 27 agosto con tutta la famiglia su di uno Junker 52 che prese il volo da Ciampino diretto in Germania.
Hedda Mussolini affermerà poi che erano stati violati gli accordi secondo i quali la famiglia Ciano avrebbe dovuto essere portata in salvo in Spagna, ma i tedeschi lo negano.
A bordo dell’aereo, due personaggi dei quali la storia avrà modo di occuparsi: Otto Skorzenj, il futuro liberatore di Mussolini, ed il pilota, il capitano delle SS Erich Priebke, condannato nel 1998 all’ergastolo per la rappresaglia tedesca che a Roma provocò la morte di 335 civili italiani fucilati alle Fosse Ardeatine.
Ma torniamo alla “fuga” (o al rapimento?) di Ciano.
Atterrato l’aereo a Monaco, l’ex Ministro degli Esteri Italiano, “visibilmente felice” (come scrive Ray Moseley, corrispondente europeo del “Chicago Tribune”, candidato al Premio Pulizer 1981, nel suo “Ciano, l’ombra di Mussolini”, Arnoldo Mondadori Editore 2000, dal quale sono state raccolte molte delle notizie qui riportate) viene trasportato con tutta la famiglia in Baviera, a Oberallmannshausen, sul lago di Starnberg - noto per il suicidio, ivi avvenuto, nel 1886, del re Ludwig II di Baviera- e “alloggiato in gran segreto in una magnifica villa messa a disposizione da Hitler” che,mentre odiava Ciano, si dice avesse stima e, addirittura, affetto, per sua moglie Hedda.
Moseley scrive infatti che essa chiese ed ottenne di avere un incontro con Hitler che avvenne il 31 agosto nella sua baracca di legno nella foresta polacca – “La tana del lupo - e cita un brano delle memorie della donna che, se vere, hanno dell’incredibile (pag.211):”…Mi strinse a lungo le mani con gli occhi pieni di lacrime, e mi introdusse subito nel salotto, dove ci venne servito il tè…”.
Ma tornando alle vicende dei tormentati rapporti fra Ciano e Mussolini, il destino volle che i due uomini un tempo legati da consonanza di idee e da affetti familiari che la seduta del 25 luglio 1943 aveva tragicamente contrapposti, tornassero ad incontrasi pochi mesi dopo, in terra straniera: e gli odi paiono sopiti.
Mussolini aveva qualificato Ciano “genero infedele”, traditore e Federzoni scrisse che il suo intervento al Gran Consiglio fu per Mussolini “il quarto d’ora di più amara esasperazione. Gli occhi lampeggianti roteavano d’ira”; e Buffarini Guidi aggiunse che “ la faccia che fece quando parlò Ciano non potrà mai essere descritta”.
Da parte sua Ciano, accortosi in ritardo della sconfitta incombente, non aveva esitato ad aderire convintamente all’Ordine del giorno Grandi anche se questi, rendendosi conto della sua delicata posizione
familiare, era giunto a suggerirgli l’astensione: ma egli, Ciano, pur grato del riguardo, si dimostrò deciso a non cambiare strada e firmò il documento.
Hedda, il 13 settembre, chiede al padre di ricevere il marito che pochi giorni dopo viene ammesso alla sua presenza, ed ecco quanto scrive su quell’incontro:”(Mussolini) lo accolse quasi affettuosamente, si abbracciarono e parve che un’identica commozione soffocasse entrambi. Poi si chiusero nell’ufficio di papà per un colloquio a quattr’occhi e quando Galeazzo ne uscì mi parve disteso.Mi disse di aver fornito tutte le spiegazioni possibili sulla parte da lui avuta in tutta la faccenda; gli sembrava che mio padre gli avesse creduto”.
”Ciano” prosegue Hedda, “gli aveva chiesto il permesso di rientrare in Italia con qualunque compito, compreso quello di riprendere servizio in aviazione. Secondo mio marito papà aveva aderito anche a questa richiesta”.
Da parte sua la madre, Rachele, che nelle sue memorie afferma di aver assistito a quel colloquio, scrive che ”Ciano si difese dall’accusa di tradimento scagliandosi contro Grandi e Badoglio. Benito l’ascoltò in silenzio : ciò che aveva sofferto negli ultimi tempi lo portavano al perdono più che alla vendetta. Inoltre, voleva troppo bene alla sua Hedda…”.
Gli eventi successivi portano però a dubitare di questo atteggiamento comprensivo ed in sostanza portato al perdono di Mussolini nei confronti del genero.
A questo primo incontro ne seguono altri due.
Il 19 settembre i Ciano pranzano con i Mussolini nella sua residenza, il castello di Hirschberg .
Il figlio dell’ex duce, Romano, cerca di allietare il simposio suonando al pianoforte musica jazz ( il che, ricordiamo, gli diede una certa notorietà nel dopoguerra); ma poi, quando lo avvertono che quella musica americana non è affatto gradita ai tedeschi, passa ai valzer viennesi.
Moseley riporta nel suo libro la descrizione che di quel pranzo - molto frugale e nient’affatto appetitoso - dà l’altro figlio di Mussolini, Vittorio, che vi partecipò.
“Mio padre si sedette a capotavola su una poltroncina antica. Vestiva un abito borghese scuro…I suoi lineamenti apparivano alterati dalla fatica e dal dolore…Era dimagrito, sofferente, e soltanto i suoi occhi, profondi e imperiosi avevano conservato un po’ della loro forza… Lo vedevo assorto da pensieri lontani da noi e forse da lui stesso…”.
E Ciano? “Alla sua destra – prosegue il racconto – mio cognato Galeazzo conservava il suo abituale contegno superiore e distaccato che indispettiva mia madre. Indossava un vestito grigio chiaro di taglio perfetto, e dal taschino dalla sua giacca usciva un fazzoletto candido con disinvolta eleganza, i suoi capelli erano pettinati con cura, le sue unghie inappuntabilmente tagliate. Ogni tanto riusciva persino a farci sorridere commentando con me la modestia di quella colazione…”.
Un clima, dunque, pesante, una riunione di famiglia devastata dall’attesa di un domani oscuro che incombeva, nella quale il jazz di Romano aveva l’aria di accompagnare il lamento di una tragedia greca, le battute di Ciano tentavano invano di rompere il peso di una situazione carica di angoscia, mentre Rachele guatava verso il genero al quale aveva una volta minacciato di “sputare in faccia”, ed Hedda, in crisi di nervi, che “per ogni piccolezza, spacca mobili e ceramiche” della sontuosa villa che l’ospitava, “cercava di trangugiare qualche boccone in silenzio…”.
Alla fine Mussolini, dopo aver raccolto dalla tovaglia - con un gesto che, a detta del figlio, gli era consueto - le briciole del pane, “salutò tutti con un gesto stanco. Uscito lui anche Hedda e Galeazzo si alzarono per ritornare alla villa di Almannshausen…”.
Pochi giorni dopo questo pranzo che fu per tutti, senza dubbio alcuno, assai indigesto, Mussolini lasciò la Germania per recarsi in Italia a fondare la Repubblica Sociale Italiana che fra i primi atti costituì il Tribunale Speciale Straordinario destinato a giudicare i traditori del 25 luglio, davanti al quale fu trascinato Ciano la cui estradizione dalla Germania era stata autorizzata, a metà ottobre, dallo stesso Hitler.
Condannato a morte assieme ad Emilio De Bono, Tullio Cianetti, Carlo Pareschi, Giovanni Marinelli, e Lucio Gottardi, Ciano e gli altri furono fucilati l’11 gennaio 1944 nel poligono di tiro di Verona.
La parentesi che si era aperta con l’incontro tra Mussolini e Ciano di metà settembre 1943 in Germania, e che parve dare a quest’ultimo un barlume di speranza, fu così inesorabilmente chiusa dai moschetti del plotone d’esecuzione dei militi della Guardia Nazionale Repubblicana che avevano chiesto l’onore di dare la morte al traditore Galeazzo Ciano.
Giovanni Zannini

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