“Romanofilo”, l’ignoto giornalista che firmava con questo pseudomino la rubrica di attualità “Corriere di Roma” sul settimanale “l’Illustrazione Italiana” dell’anno 1877, dà sui numeri dell’11 e del 27 febbraio la notizia del soggiorno in Italia dell’Imperatore del Brasile don Pedro II d’Alcantara ricevuto in udienza dal Papa e si diffonde in termini altamente elogiativi sulla personalità dell’ospite.
Lodi pienamente meritate perché in effetti si trattava di un capo di stato cui ben si attagliava il termine di “illuminato”. Si legge infatti: ”..L’Imperatore ha 52 anni e per lo spirito liberale e illuminato s’è fatto sempre amare dal suo popolo ch’è il più tranquillo di tutta l’America meridionale; e la storia registrerà fra i suoi grandi atti l’abolizione della schiavitù. E’ poeta e grande amante dell’Italia; la visita che alcuni anni sono egli fece qui al nostro Manzoni è rimasta popolarissima…”.
Elogi condivisi dagli storici che oltre al buon governo ne elogiano la cultura che spaziava dall’antropologia alla storia, dalla geografia alla medicina, dalla giurisprudenza alla filosofia ed agli studi religiosi, dalla pittura alla scultura, dal teatro alla musica, dalla chimica alla fisica ed all’astronomia.
Si comprende dunque come una mente così aperta e sensibile non potesse comprendere “come e perché Vittorio Emanuele (del quale era amicissimo e lieto del coronamento dell’edifizio nazionale in Roma) e Papa Pio IX dovessero vivere nemici fra le stesse mura…”.
E “Romanofilo”, attingendo a chi sa quali fonti, riferisce un episodio avvenuto in data imprecisata limitandosi ad affermare che esso sarebbe avvenuto “l’altra volta”, con riferimento evidente ad una visita che sarebbe stata fatta dall’Imperatore al Papa precedentemente (quando?) a quella del febbraio 1877. Egli si dice dunque in grado di rivelare il generoso tentativo messo allora in atto da don Pedro II “per condurre i due augusti personaggi ad una intelligenza reciproca personale”: e lo descrive con vivezza e ricchezza di particolari.
Pio IX accolse dunque “con segni di alta distinzione e di squisita amabilità” l’Imperatore che “affrontò francamente il problema ed espresse al pontefice il suo vivo desiderio, nel comune interesse dello Stato e della Chiesa in Italia, di vedere il Papa ed il Re stringersi la mano. Pio IX” prosegue l’ anonimo cronista “lo lasciò dire, prestò massima attenzione alle sue parole: godette visibilmente nell’udirle”.
Immaginabile l’ansia dell’Imperatore, e la sua speranza di vedere realizzato il nobile tentativo.
Ma il Papa “rispose in forma evasiva: deplorò i continui progressi della rivoluzione anco dopo il 1870 e aggiunse che egli, senza esser nemico di Vittorio Emanuele, non poteva dimenticare il 1870 stesso…ed il resto”.
Pur deluso nelle sue attese, don Pedro non esita ad esporre il suo pensiero anche sulle responsabilità della Chiesa osservando che “le ostilità permanenti della Santa Sede e del partito che credendo di servirla si abbandona in sua difesa ai più pericolosi eccessi, forse non aveva poco contribuito (ossia: aveva contribuito molto – n.d.r.) ad obbligare il governo del re a provvedimenti di difesa”, e conclude che “molti dubbi si sarebbero schiariti, molte difficoltà tolte di mezzo, col colloquio”.
Il Papa è evidentemente sorpreso dalla franchezza di queste parole, non velate dalla diplomazia cui è aduso, e segue ancora il suo interlocutore con il massimo interesse.
Ma la sua reazione è deludente:”…No, no; vegga, è difficilissimo. Vittorio Emanuele venire al Vaticano? ma le pare? Tutta Roma andrebbe sossopra… e poi il Governo, il Parlamento… i giornali; no, no, capisco tutto, ma la cosa non va”.
L’Imperatore non si arrende e, a questo punto, tenta il tutto per tutto:” Se Vostra Santità mi autorizza, ora, subito, esco di qui, salgo in una bòtte (pessima vettura da nolo) vado al Quirinale, m’intendo col re, montiamo nella botte insieme senza che di notte nessuno ci vegga, e torniamo qua. In mezz’ora tutto è fatto”.
Ma la risposta fa crollare ogni speranza di colui che si era generosamente e volontariamente profferto – dall’alto della sua autorità politica e morale - quale mediatore per risolvere uno dei contrasti più importanti in atto nel panorama politico internazionale dell’epoca.
“”Pio IX – prosegue l’articolista - stette alquanto sopra di sé; corrugò la fronte, poi pronunciò una sola parola:”Impossibile!”. L’udienza era finita. Una settimana dopo l’Imperatore partendo da Roma tentò rivedere il pontefice chiedendo un’udienza di congedo. Il cardinale Antonelli rispose che S.S. era indisposta”.
Non sappiamo se la ricostruzione dell’avvenimento sia fedele e veritiera, anche se il misterioso “Romanofilo” scrive che “quella scena fu così interessante che io, sibbene non pretenda dare in luce alcuna storia nuova né inedita, la riferirò in succinto a profitto di chi la ignora o può averla dimenticata”.
D’altra parte, la serietà ed autorevolezza dell’organo di stampa che ospitò il pezzo fa presumere che la notizia avesse un qualche fondamento.
E se il tentativo di metter pace fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano fosse allora andato a buon fine, l’”Uomo della Provvidenza”, anziché Benito Mussolini che mezzo secolo più tardi riuscì nell’intento, sarebbe stato don Pedro II d’Alcantara , Imperatore del Brasile.
Giovanni Zannini
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