lunedì 9 gennaio 2012

CANI ARMATI

No, non si tratta di un errore di stampa, invece di “carri armati”, ma proprio di cani che, da ”amici”, si volevano in passato trasformare in “nemici” dell’uomo facendone strumenti di violenza e di morte.
Di un esperimento del genere si dà notizia in un articolo (corredato da un disegno assai realistico ) comparso sul n.8 de “L’Illustrazione Italiana” del 25 febbraio 1877 che si riferisce ad un manoscritto conservato presso la Biblioteca nazionale di Parigi intitolato “Tractatus de re militari ed machinis bellicis” scritto tra il 1330 e il 1340 da un certo Paulus Savetinus Ducensis.
Da esso si apprende che in quell’epoca si sperimentarono dei mastini da utilizzare contro la cavalleria nemica.
Gli animali, si legge, “erano rivestiti d’una gualdrappa di cuoio a squame di ferro e portavano fissa indosso una corta lancia diretta orizzontalmente all’innanzi come il corno del cavallo marino dello stemma d’Inghilterra, ed a piatto, fra la testa e il dorso, un vaso di arenaria entro il quale era assicurata una spugna imbevuta d’un liquido resinoso”.
E allorchè, in battaglia, vi è una carica di cavalleria, ecco che gli avversari contrattaccano dando fuoco al liquido incendiario posto sulle groppe dei mastini i quali, per un effetto simile agli attuali proiettili a reazione, nel vano intento di spegnere le fiamme che li divorano, ed anzi incrementandole sempre più, si danno ad una corsa pazza impattando i quadrupedi avanzanti.
“E’ facile immaginarsi” si legge nell’articolo “l’effetto che dovean produrre nelle schiere dei cavalieri quelle fiamme vive, animate, che si ficcavano sotto il ventre dei cavalli bruciando e ferendo di punta…..e addentandoli alle zampe posteriori…”.
Certamente, una gran brutta faccenda per la cavalleria, ma, come spesso accade, vi era pure il rovescio della medaglia ed il fatto che “prima di giungere al nemico i cani si ferivano e scottavano fra loro, si disperdevano quindi o tornando indietro verso i padroni riescivano più dannosi che utili…”: cosicchè, dopo qualche inconveniente del genere, l’esperimento fu abbandonato.
Ma vi fu chi, durante le seconda guerra mondiale, si ispirò al vecchio Paulus Savetinus Ducensis per utilizzare i cani come arma di offesa contro i carri armati.
I tedeschi, infatti, sperimentalmente, allevarono dei cani che venivano abituati a trovare il cibo esclusivamente sotto i carri armati e che al momento dell’attacco, portando saldamente legata in groppa una potente mina anticarro, venivano indirizzati contro i carri nemici avanzanti sotto i quali gli animali, affamati perché tenuti a digiuno per qualche tempo, si avventavano per trovare cibo.
Ma a questo punto scattava il pulsante della mina che sfracellava la povera bestia e che, contemporaneamente, immobilizzava il carro armato colpito proprio nel suo ventre molle, la sua parte inferiore, non protetta adeguatamente, come il resto, dalla corazzatura.
Ma l’esperimento non ebbe gran successo per lo stesso motivo per cui venne abbandonato quello dei cani “a reazione”.
Assai spesso, infatti, i cani, rintronati dalle esplosioni e dalla confusione della battaglia, perdevano la testa e cambiavano direzione, cosicchè accadde talora che chi li aveva “lanciati” se li trovasse di fronte scatenati verso di loro, con il loro carico di morte, in una corsa irrefrenabile.

Nessun commento:

Posta un commento