giovedì 7 giugno 2018

TRAGICO TANGO


Suvvia, non si dice un sorriso, ma almeno un piccolo incresparsi delle labbra, un accenno meno cupo dello sguardo, una movenza gentile, non meccanica, del corpo.
Invece no, il ”tanguero” e la “tanguera” (si dice così?) si agitano ingrugnati in una maratona di passi, passetti e passettini, nello scodinzolare delle caviglie di lei e nell’incedere complicato di lui, tesi, assorti in quello da essi ritenuto, ma non è, un rito drammatico, e solenne.
Ma cosa pensano, i “tangueros”? Oppure non pensano a nulla? Certo, non si divertono, anzi, si direbbe, dalle loro facce, che siano profondamente scocciati e che non vedano l’ora di guadagnarsi un po’ di pace e di tranquillità con il cessare del frastuono del ”bandaneon”.
E allora, perché? Forse, proprio per non pensare a nulla, tutti presi dalla perfezione del passo e dalle complicate mossette del capo e degli arti e dal perenne ondeggiare del bacino, di lei, e dall’esibizione muscolare di lui che prima scaccia la compagna e poi la riafferra avviticchiandosi a lei, dimentichi della vita grama del presente e di quella altrettanto grama dell'indomani.
E’ la speranza che manca ai “tangueros”, che trasforma la danza in un mortorio dominato dal ritmo di toni bassi, ossessivi, che li schiacciano su quella terra dalla quale vorrebbero, ma non possono, evadere.

Padova 7-6-2018 Giovanni Zannini


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