domenica 17 giugno 2018

CAPOLAVORO O PORCILAIA?


Sia ben chiaro: non ce l'ho con gli italiani accorsi entusiasti, sventolando la bandiera della libertà con lo stesso entusiasmo con cui Garibaldi teneva alta la sciabola sul Gianicolo, per assistere alla proiezione di “Ultimo tango a Parigi” restaurato, dopo che diversi anni fa era stato ritirato dalle scene a seguito di una sentenza della Cassazione che l'aveva definito uno “spettacolo di pansessualismo fine a sé stesso”.
Perchè, quando ti mettono sotto il naso un piatto invitante, condito con spezie piccanti, anche se è un po' indigesto, la voglia di assaggiarne un boccone ti viene.
Me la prendo invece con quei cinematografari, con quei giornalisti, con quei cosiddetti intellettuali che insistono, pur dopo quanto le cronache hanno rivelato, a considerare capolavoro quel film che è stato viceversa solo un'abile operazione di affarismo commerciale. Quegli stessi che si sono esibiti in lodi sperticate dei film della Bardot quando lei stessa ha riconosciuto che uno solo dei numerosi films erotici da lei interpretati ed elogiati da una critica servile e compiacente, vale un riconoscimento artistico.
Essi dimenticano che Indro Montanelli, non certo sospetto di eccessivo moralismo, affermava che “non merita la libertà chi ne fa un uso indegno...” e che non è libertà quella “spinta fino alla licenza, all'indecenza ed all'oltraggio al pudore” concludendo che “in fondo a questa strada non c'è la libertà, ma la sua morte e la fine”.
Come pure che il presunto capolavoro, candidato all'Oscar, ebbe, da quelli che di cinema un po' se ne intendono, una solenne bocciatura.
E ancora: essi non ricordano, o fingono di ignorare, che Marlon Brando scrive nella sua biografia: “ho sempre pensato che fosse un film eccessivo, ancor oggi non so dire dove stia il succo” smentendo clamorosamente gli illustri cinematografari che in esso scoprono il capolavoro, mentre è solo il simbolo del più spregevole e vieto sfruttamento del richiamo sessuale ad uso di meri interessi commerciali.
Per tacere del torbido retroscena, al limite del codice penale, che si agita dietro la lavorazione del film, descritto dalla sua principale interprete, l'allora diciannovenne Maria Schnaider (che a fronte di incassi milionari ebbe un compenso di soli 5.000 dollari e che poi trascinò una vita disperata): “Mi hanno quasi violentata. Quella scena (che descrive una sodomizzazione – ndr) non era prevista dalla sceneggiatura. Io mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di no...all'epoca ero troppo giovane...così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione”.
E il regista Bertolucci? ”Si, sono stato colpevole con la Schneider ma non potranno portarmi in tribunale per questo”. E solo dopo la sua morte ammise che avrebbe voluto “chiederle scusa”.
Troppo tardi, sig. Bertolucci!.

Padova 4 giugno 2018. Giovanni Zannini

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