I primi 23 giorni del mese di maggio 1915 furono, metaforicamente,
se non i più caldi, certamente fra i più caldi della storia
d'Italia. Furono essi, infatti, a maturare con una velocità
impressionante gli avvenimenti che portarono l'Italia ad entrare
nella Grande Guerra scoppiata in Europa il 28 luglio 1914.
Fu un susseguirsi di colpi di scena internazionali, e, in Italia,
il frenetico contrasto fra gli interventisti eccitati dai proclami
di Gabriele d'Annunzio, ed i neutralisti capeggiati da Giolitti
restii ad entrare in un conflitto che si annunciava immane ed
incerto.
Per questo, abbiamo voluto analizzare quei terribili giorni
prendendo le mosse dalla situazione internazionale in cui l'Italia si
trovava a seguito delle trattative intercorse nei mesi precedenti
alla sua discesa in guerra sia con le potenze dell'”Intesa”
(Francia, Inghilterra, Russia) che con l'Austria-Ungheria e la
Germania, facenti parte della Triplice Alleanza alla quale
apparteneva, allora, l'Italia.
Avvertendo, per la chiarezza, che nel corso dell'analisi che
segue le parti in contesa saranno come sopra denominate “Intesa”
e “Triplice”.
Le trattative con la “Triplice”.
L'Italia che già dal 3 agosto 1914 aveva dichiarato la propria
neutralità nel conflitto mondiale scoppiato il 28 luglio dello
stesso anno, aveva dal dicembre 1914 iniziato trattative con
l'Austria condizionando la propria neutralità ad una serie di
richieste territoriali che non erano state però accolte nonostante la mediazione del tedesco principe Bulow, già Cancelliere tedesco, buon conoscitore ed amico dell'Italia, in missione a Roma per evitare la rottura della Triplice Alleanza e la conseguente entrata in guerra dell'Italia a fianco delle potenze dell'Intesa. Ma la missione era fallita e di conseguenza l'Italia, con dichiarazione 4
maggio 1915 aveva posto fine ad ogni trattativa denunciando contemporaneamente
l'alleanza che la legava all'Austria-Ungheria. La motivazione di tale
decisione era stata la mancata informazione da parte dell'Austria
della sua intenzione di dichiarare guerra alla Serbia a causa
dell'omicidio avvenuto il 28 luglio a Serajevo dell'arciduca
Francesco Ferdinando, ed il turbamento che ne era derivato allo
“statu quo” esistente nei Balcani, come pattuito nell'alleanza
stessa.
Le trattative con l'”Intesa”.
L'Italia aveva allacciato, fin dal 4 marzo 1915, trattative
segrete con il ministro degli esteri inglese Grey quale esponente
delle potenze dell'Intesa al quale era stato fatto pervenire un
“memorandum” in XVI punti contenenti le nostre condizioni per
scendere in guerra al loro fianco.
Anche qui le trattative furono laboriose, con alti e bassi, ma
alla fine i rappresentanti delle potenze dell'Intesa siglarono a
Londra il 26 aprile 1915 un accordo che recependo tutte le richieste
contenute nel “memorandum” italiano portava l'Italia a schierarsi
con l'Intesa.
Da tutto quanto sopra emerge indiscutibilmente che per un certo
periodo l'Italia aveva contemporaneamente trattato sia con le
potenze dell'Intesa che con l'Austria e ciò aveva suscitato le sue
aspre accuse di doppiezza nei nostri confronti.
Da parte sua il presidente del Consiglio italiano Salandra nel suo
libro “L'intervento” (Casa Editrice A.Mondadori – 1930) dal
quale sono tratte molte delle informazioni qui riportate, riconosce
la fondatezza dell'accusa ma scrive “potrei rispondere senz'altro:
quel governo che non ha mai trattato da due parti tiri la prima
pietra”. E cita, in proposito, Metternich e Bismarck.
Ma torniamo alla situazione esistente in Italia nelle bollenti
giornate del maggio 1915.
Ricordiamo: il 26 aprile l'Italia aveva sottoscritto a Londra un
accordo che la impegnava a scendere in guerra a fianco dell'Intesa
avendo essa accettato tutte le pretese da essa avanzate con il
noto“memorandum” in XVI punti; ed il 4 maggio l'Italia aveva
rotto l'alleanza con l'Austria che non aveva invece aderito alle sue
richieste.
A turbare questa situazione che pareva chiara e stabilizzata,
interviene un fatto nuovo: le lettere 10 e 11 maggio 1915
dell'ambasciatore di Germania a Roma principe Bulow infaticabile
nello sforzo di evitare il conflitto fra Italia ed Austria ma
dimentico che già i rapporti diplomatici con quest'ultima si erano
interrotti.
Esse accompagnavano le dichiarazioni pari data sottoscritte dal
Bulow stesso nella sua qualità di Ambasciatore di Germania in Italia
e dal suo collega ambasciatore d'Austria in Italia barone Macchio,
illustranti le definitive concessioni che l'Austria-Ungheria era
disposta a fare all'Italia.
Tali concessioni che in realtà quasi nulla aggiungevano a
quelle già fatte in precedenza, diedero origine ad un'offensiva in
Parlamento dei neutralisti italiani capeggiati da Giolitti con la sua
famosa teoria del “parecchio” secondo la quale era opportuno
accontentarsi delle ultime offerte austriache pur di evitare il
flagello di una guerra dall'esito incerto, mentre gli interventisti
infiammati dall'oratoria di D'Annunzio (suo il famoso discorso del 12
maggio dal balcone dell'Hotel Regina a Roma) spingevano per la
discesa in campo a fianco dell'Intesa contro l'Austria-Ungheria.
Questa situazione pose in grave difficoltà il presidente del
consiglio Salandra il quale, di fronte all'ipotesi di dover rinnegare
l'accordo già raggiunto con l'Intesa - che sollecitava gli impegni
presi con essa il 26 aprile a Londra - consegnò il 13 maggio le
dimissioni nelle mani del re che il 16 maggio le respinse. Non restò
allora che rimettersi alle decisioni del parlamento che convocato per
il 20 maggio, avrebbe dovuto prendere la suprema decisione: pace o
guerra?
Ritengo a questo punto opportuno segnalare quanto emerge a pag.
297 del libro di Salandra.
Scrive infatti l'autore:””... Il 18 (maggio) il ministro
Riccio (Vincenzo - poste e telegrafi – n.d.a.) mi scriveva: ”In
questo momento l'avv.Carlo Patriarca mi dice che è incaricato da Sua
Santità di fare un' urgente comunicazione; ed è che l'Austria è
disposta ad accettare tutte le richieste dell'Italia dandovi
esecuzione immediata. Sua Santità vuole che un membro del governo ne
sia informato. Ho risposto che non credo sia il caso di riferire la
cosa al Presidente del Consiglio e che io non l'avrei riferita”. Il
Patriarca era un professionista serio e stimato, con larga clientela
negli ambienti cattolici. Aveva pure domandato di essere ricevuto da
me; ma, forse scoraggiato da Riccio, non insistette””.
E' strano che l'autore abbia scritto quanto sopra senza rendersi
conto che ciò avrebbe potuto evidenziare una sua gravissima
omissione ed un atto di accusa contro di lui: non aver approfondito
la notizia pervenutagli nel timore che si evidenziasse una
circostanza che sarebbe andata a favore delle tesi neutraliste e
fatto crollare quelle interventiste da lui sin ad allora tenacemente
perseguite. Le preoccupazioni per la sua carriera politica prevalsero
dunque sull'interesse della nazione?
Ma chiudiamo questa inquietante parentesi non senza aver prima
messo in tutta evidenza che da quanto sopra emerge ancora una volta
il fattivo, generoso interessamento sempre manifestato dalla Santa
Sede per evitare il sanguinoso conflitto.
Oramai gli avvenimenti precipitano.
20 maggio 1915: nella seduta alla Camera dei Deputati il ministro
degli esteri Sonnino presenta il “Libro Verde” con il quale si
ripercorrono le trattative intercorse fra Italia ed Austria-Ungheria
dal 9 dicembre 1914 al 4 maggio 1915. Quindi il disegno di legge in
un solo articolo con il quale si conferiscono al governo del re
“poteri straordinari in caso di guerra” viene approvato con il
seguente risultato: votanti 482, 407 a favore, 74 contrari, un
astenuto. Solo i socialisti e pochi altri che con un discorso di
Turati si confermano neutralisti, votano contro: gli altri si sono
volatilizzati.
21 maggio: il Senato approva lo stesso disegno di legge con 281
voti a favore su circa 300 presenti: anche qui, i neutralisti sono
sfumati.
22 maggio. Non doma, l'Austria-Ungheria, con il ministro degli
esteri Burian, consegna al duca di Avarna, ambasciatore d'Italia a
Vienna, una lunga nota in risposta alla denunzia dell'alleanza
notificatagli fin dal giorno 4. “Un bel caso” commenta Salandra
“di tardigrada burocrazia diplomatica”.
23 maggio: in risposta, Avarna, ambasciatore d'Italia a Vienna,
presenta la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria.
24 maggio: le truppe italiane varcano la frontiera austriaca.
8 aprile 2015
Giovanni Zannini
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