Le cronache hanno informato sulla scarsa frequentazione – che lo pone al vertice di una
singolare classifica ad hoc - delle aule del Senato da parte di un Senatore
cittadino noto professionista principe del foro.
Ciò pone il problema se sia opportuno, come
attualmente avviene , consentire a chi
svolge un’attività professionale, di proseguirla una volta eletto al parlamento, o se, invece, vi debba essere incompatibilità.
E’ infatti di tutta evidenza che una professione intensamente vissuta impedisce al politico di dedicare,
come dovrebbe, il suo tempo alle
incombenze cui i suoi elettori lo hanno
destinato e che egli ha liberamente, e sempre con piacere, accettato di
svolgere.
Con la conseguenza che se, invece, queste due
attività vengono contemporaneamente esercitate, il politico-professionista viene
a percepire dalla collettività un
compenso (come noto, non irrilevante)
per un’attività parlamentare che egli, nella realtà non ha svolto, e che
si somma a parcelle spesso laute.
E dunque il professionista al quale è offerta una candidatura politica dovrebbe
decidere se accettarla, e quindi sospendere la sua attività professionale in
caso di elezione, o se, invece, rinunciando
all’offerta fattagli, proseguirla.
Non sarebbe dunque male se questo problema di
giustizia e di equità venisse affrontato anche dagli ordini professionali e, auspicabilmente,
risolto.
Giovanni Zannini
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