lunedì 2 giugno 2014

LA POLEMICA: 1940 - CHURCHILL TRADI' I FRANCESI?

Su “Avvenire” del 5 luglio 2011  Roberto Festorazzi apriva con un titolo forte -  “1940, il tradimento di Churchill” -  un suo articolo a commento di documenti  dello Stato Maggiore Francese  dell’epoca reperiti dai tedeschi a Charité sur Loire, in Borgogna,   in un  vagone abbandonato dai francesi nella ritirata del maggio 1940 culminata nella storica evacuazione di Dunkerque.
Il testo dell’articolo è un esplicito atto di accusa contro Churchill per il suo comportamento in occasione della  tremenda battaglia svoltasi in Francia ove i francesi combatterono  fianco a fianco con gli inglesi del BEF, il “British Expeditionary Force”  ( corpo di spedizione inglese).        
Si ritiene opportuno, allo scopo di consentire un giudizio più equo, non basato esclusivamente sulla versione di una delle parti in causa, riportare anche quanto emerge sull’argomento dal  3° volume – intitolato  “Il crollo della Francia”  - della “Storia della seconda guerra mondiale”,  l’opera in 12 volumi di Churchill, che gli valse nel 1953 il premio Nobel per la letteratura.
Emerge da quelle pagine  la situazione in atto in Francia nel maggio 1940 a seguito della clamorosa, improvvisa  offensiva,  condotta con una tecnica militare sin ad allora inedita ( il ”blitz-krieeg”)     con la quale migliaia di carri armati tedeschi,  violata la frontiera belga nelle Fiandre -  considerate un ostacolo naturale insormontabile da pesanti mezzi motorizzati, e per questo debolmente protetta - erano dilagati, aggirando la “linea Maginot”, in Francia,  nel riuscito tentativo di dividerla in due.
Per reagire all’attacco tedesco, per bloccare e poi eliminare la gigantesca infiltrazione avversaria verificatasi a nord ed a sud di Sedan su di un fronte di 50 o 60 miglia  che avanzava a velocità, scrive Churchill, “inaudita”  verso Amiens e Arras, fu studiato dagli stati maggiori alleati  il  “piano Weigand”.
Eccolo,  documentato  nell’opera dello statista inglese:” 1) l’esercito belga si ritiri sulla linea dell’Yser e vi si attesti, poiché si apriranno le chiuse. 2)L’esercito britannico e la 1° armata francese  attacchino in direzione sud ovest verso Bapaume e Cambrai al più presto, al massimo domani, con circa otto divisioni e il corpo di cavalleria belga sull’ala destra britannica. 3) Essendo questa battaglia decisiva per i due eserciti  e dipendendo  le comunicazioni britanniche dalla liberazione di Amiens, le forze aeree britanniche  dovranno fornire il massimo aiuto possibile  tanto di giorno quanto di notte per tutta la sua durata. 4) Il nuovo corpo d’armata francese formante una linea lungo la Somme, in marcia verso Amiens, dovrà puntare a nord e stabilire i contatti  con le divisioni britanniche attaccanti nella direzione generale di Bapaume”.
In sostanza, l’infiltrazione  tedesca sarebbe stata aggredita  su due fronti,   a nord dagli anglo-francesi, da sud da una nuova armata francese agli ordini del gen.Frère formata da 18 a 20 divisioni tratte dall’Alsazia, dalla Maginot, dall’Africa e un po’ da ogni dove. 
Purtroppo, scrive Churchill, “mancando una suprema direzione della condotta di guerra, gli avvenimenti e il nemico avevano assunto il controllo della situazione”, ed  a questo punto si innesta la polemica fra il primo ministro inglese e quello francese.
Secondo il primo, infatti, gli inglesi,  in attuazione del piano concordato, si erano mossi in direzione sud-ovest per aprirsi a viva forza la strada  per unirsi ai francesi del sud che avrebbero dovuto marciare verso nord.
Ma, a causa delle difficoltà di collegamento  tra i comandi dei tre eserciti impegnati nell’offensiva (francese, inglese, belga),   gli inglesi del BEF si trovarono soli ad affrontare forze nemiche enormemente superiori.
Scrive Churchill: a nord “l’aiuto francese sul fianco orientale non si fece minimamente sentire, e su quello occidentale  si limitò ad una divisione motorizzata leggera”, mentre, a sud, ” …Il generale Weygand  era sotto l’impressione  che l’esercito del gen. Frère avanzasse verso il nord e avesse già preso Amiens, Albert e Péronne.  In realtà quelle truppe non s’erano ancora mosse, o quasi, e stavano ancora formandosi ed organizzandosi…”.
Ecco perché gli inglesi, rimasti soli, dopo un violentissimo drammatico scontro, furono costretti a ripiegare per non essere accerchiati e catturati: non tradimento dunque vi fu, nei confronti dei francesi, sibbene “una forzata manovra di salvataggio di fronte ad un contrattacco germanico con forze numericamente superiori ed il pieno concorso dell’arma aerea”.
La minuta del telegramma – citato nell’articolo di Roberto Festorazzi - che Reynaud avrebbe inviato a Churchill  invitandolo a trasferire sul continente tutti i  500 velivoli inglesi destinati alla difesa dell’isola  evidenzia la diversità dei punti di vista francese e inglese sull’esito finale del conflitto.
Mentre infatti Reynaud  riteneva che la sconfitta nella  battaglia della Somme e dell’Oise avrebbe determinato la fine dell’Inghilterra e della Francia, per cui occorreva gettare nella lotta ogni risorsa, anche rischiando la catastrofe, Churchill riteneva che quand’anche la battaglia fosse stata persa la lotta avrebbe dovuto continuare. Disposto, aggiungeva, anche nel caso in cui i tedeschi avessero conquistato la Gran Bretagna,  a continuare la lotta addirittura dal lontano Canada  così come la Francia che, sconfitta in patria, avrebbe dovuto  proseguire la lotta dall’Algeria che era pur sempre  territorio  francese  “d’oltremare”, combattendo con la sua flotta ancora intatta e potente, e, nella madrepatria, con la guerriglia.  
Era dunque assurda la richiesta  di Reynaud di trasferire sul campo di battaglia francese “500 aeroplani da caccia… e tutta l’aviazione da bombardamento” che avrebbe lasciato  il territorio inglese totalmente sguernito alla mercè dei bombardieri tedeschi.
Ma nonostante l’esigenza di non ridurre ulteriormente le squadriglie di caccia  considerate dagli inglesi  vitali  per la difesa aerea del loro territorio, Churchill, da Parigi ove si trovava per consultazioni con i francesi in quella drammatica contingenza, chiese ed ottenne dal governo inglese di gettare nella tremenda battaglia  altri velivoli. “Immediatamente” scrive “corsi in automobile con Ismay all’appartamento di Reynaud  che trovammo immerso nelle tenebre. Dopo qualche minuto Reynaud  uscì in vestaglia dalla sua camera da letto  ed io gli comunicai la lieta novella: dieci squadriglie da caccia! Lo indussi quindi a chiamare Daladier che fu mandato a prendere perché  sentisse la decisione presa dal gabinetto britannico. Così pensavo di ravvivare gli spiriti dei nostri amici francesi entro i limiti dei nostri mezzi modesti. Daladier,  capo del ministero della guerra francese  non aprì bocca. Si alzò lentamente dalla poltrona e mi strinse con  forza la mano”. Un quadro desolante e angoscioso della Francia in ginocchio.  
La storia ha premiato  il punto di vista “resistenziale” di Churchill su quello  “catastrofista” francese che considerava l’eventuale disfatta nella tremenda battaglia in atto la tomba di ogni libertà e l’inizio di un’epoca oscura per l’Europa sotto il tallone di Hitler.
Resta da chiedersi se la versione dei fatti riferita da Churchill, che contrasta con quella francese emergente dalle carte di Charité sur Loire,  sia  attendibile.
Il Premio Nobel per la letteratura assegnato  nel 1953 a Winston Churchill per la sua monumentale opera basata su documentazione ineccepibile d’archivio costituisce, per  l’autorevolezza dell’organo che lo ha attribuito, un sufficiente indizio di obbiettività e di onestà  intellettuale.
                                                                                                                                             Giovanni Zannini


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