martedì 5 novembre 2013

A Padova un gigante poco conosciuto - L' "ERCOLE" DI AMMANNATI

Nel cortile del palazzo in Piazza Eremitani n.18 già della famiglia Mantua Benavides (proveniente, appunto, da Mantova) ed oggi di proprietà Protti, si eleva la più imponente statua in pietra d’Europa, alta ben 9 metri che - pur dando atto della generosa disponibilità dei Protti di consentirne la visita –  situata  in ambito privato e non in  luogo pubblico, è poco conosciuta dai padovani.
E’ l’Ercole di Bartolomeo Ammannati (Settignano 1511 – Firenze 1592), architetto e scultore che, lasciata ben presto l’accademia fiorentina del Bandinelli, si trasferì nel 1537 a Venezia attratto dalla fama di Giacomo Tatti ( il Sansovino) con il quale collaborò ad alcune opere, quindi a Padova e poi a Roma.
Nella nostra città, nel periodo che va all’incirca  dal 1544 al 1550 ebbe varie commissioni da Marco  Mantua Benavides, illustre giureconsulto amico di Pietro Bembo e  dell’artista  estimatore e mecenate, lasciando nel cortile del suo palazzo due opere che offrono la felice occasione di conoscere contemporaneamente l’arte dell’Ammannnati sia come scultore che come architetto.
La colossale statua dell’Ercole padovano evidenzia anzitutto il gusto dell’autore per il gigantesco e le statue fuori misura attestato anche da un’altra sua famosa opera:  il Nettuno della fontana di piazza del Palazzo Vecchio a Firenze, alto solo, si fa per dire, 5 metri e 60 centimetri. Per la verità, essa ebbe più ammiratori per il candore del marmo di Carrara nel quale era stato scolpito (donde il nome di “Biancone”) che per i suoi pregi scultorei. I fiorentini sottolinearono infatti la figura statica ed inarticolata del grande Nettuno in confronto alle figure bronzee agili e scattanti, opera del Giambologna, che ornano, più in basso, il bacino  acqueo dal quale emerge il gigante, e la stessa critica potrebbe farsi all’ Ercole,  più ammirevole per le sue straordinarie misure da Guinnes dei primati che per espressività, di casa Protti.


Ben diverse, le due opere dell’Ammannati (l’Ercole padovano ed il Nettuno fiorentino) dalle statue, anche se  di minori dimensioni (ma sempre 4 metri sono), ma vive ed espressive, di Marte e Nettuno del Sansovino, suo maestro, in cima alla  Scala dei Giganti nel palazzo Ducale di Venezia.   
Possiamo allora estendere il caustico commento fiorentino al “Biancone”(“Ammannato, Ammannato, quanto marmo l’hai sciupato!” attribuito da taluni nientemeno che a Michelangelo un po’ disilluso da quell’opera dell’Ammannati che pur da lui aveva tratto ispirazione), anche al nostro  domestico Ercole?. 
Le misure più ridotte  consentono invece di  meglio ammirare un’altra opera lasciata dall’Ammannati a Padova, il Mausoleo  di Marco Mantua Benavides (che, ancora in vita, glielo  aveva commissionato) nella storica chiesa degli Eremitani ove le figure sono mosse,  espressive e fanno, quelle sì, riferimento all’arte del grande  maestro.   Si tratta di una grande struttura architettonica  in tre ordini appoggiata al centro della parete  sinistra (entrando) della grande chiesa. Sul primo è posto il sarcofago che ha,  simmetricamente, ai lati, le statue del Lavoro e della Sapienza; su quello sopra vi è, al centro,  il ritratto del defunto e, lateralmente, le statue  del Tempo e della Fama; infine, sul terzo ordine, la statua dell’Immortalità  affiancata da due putti.    
L’opera è autenticata dalla scritta “Bart.Hamannati  Florentinus faciebat” incisa sulla pietra in un angolo del basamento.
Curioso notare che, mentre le altre  figure sono lavorate su “pietra gallina” (biocalcaneite di colorazione variabile  tra il giallo paglierino  e il grigio),  la statua del defunto è realizzata in stucco, e questo fa presumere che si tratti del modello di un originale in pietra del quale non vi è traccia. 
Qui le figure, più mosse, fanno evidente riferimento all’arte del grande Michelangelo al quale  il manierismo scultoreo,  del quale l’Ammannati è  esponente, s’ispira.

Ma, si diceva, il cortile di casa Protti possiede il grande privilegio di far conoscere  l’Ammannati sia come scultore che come architetto.
Infatti, nell’angolo sinistro in fondo (rispetto all’entrata) del cortile,  sorge una costruzione  di particolare bellezza,  che sovrasta il cancello d’ingresso al giardino.
Si tratta di un arco di trionfo (evidentemente dedicato dall’Ammannati alla famiglia del suo importante committente)  di forma contenuta ed elegante che contrasta con la figura imponente e un po’ rozza dell’Ercole che occupa il centro del cortile. Pur di proporzioni  ridotte, esso costituisce un esempio di commistione fra scultura e architettura che ricorda la preziosa loggetta del campanile di S.Marco in Venezia la cui ricostruzione fu iniziata dal Sansovino nel 1537, ed alla quale certamente partecipò l’Ammannati  presente,  a Venezia, come sappiamo, in quegli anni.
Un’altra interessante testimonianza  dell’operare dell’Ammannati nella nostra città è costituita da uno stuccoforte bronzato  (modello della statua della  Sapienza che orna il monumento funebre di Marco Mantua Benavides nella chiesa degli Eremitani) custodito nel Museo di Scienze archelogiche e d’arte (Dipartimento beni culturali)  dell’Università di Padova (n.serie MB18).    

Bartolomeo Ammannati, un grande artista coevo di altri ancor di lui più famosi   (Sanmicheli, Sansovino,  Palladio)  che con le loro opere eccelse appannarono un poco le sue.


                                                                                                            Giovanni Zannini

1 commento:

  1. Salve,
    è possibile entrare nel cortile per vederla? se sì, a chi bisogna chiedere?
    grazie

    RispondiElimina