Nel cortile del palazzo in Piazza Eremitani n.18
già della famiglia Mantua Benavides (proveniente, appunto, da Mantova) ed oggi
di proprietà Protti, si eleva la più imponente statua in pietra d’Europa, alta
ben 9 metri che - pur dando atto della generosa disponibilità dei Protti di
consentirne la visita – situata in ambito privato e non in luogo pubblico, è poco conosciuta dai
padovani.
E’ l’Ercole di Bartolomeo Ammannati (Settignano
1511 – Firenze 1592), architetto e scultore che, lasciata ben presto
l’accademia fiorentina del Bandinelli, si trasferì nel 1537 a Venezia attratto
dalla fama di Giacomo Tatti ( il Sansovino) con il quale collaborò ad alcune
opere, quindi a Padova e poi a Roma.
Nella nostra città, nel periodo che va all’incirca dal 1544 al 1550 ebbe varie commissioni da
Marco Mantua Benavides, illustre
giureconsulto amico di Pietro Bembo e dell’artista
estimatore e mecenate, lasciando nel
cortile del suo palazzo due opere che offrono la felice occasione di conoscere
contemporaneamente l’arte dell’Ammannnati sia come scultore che come architetto.
La colossale statua dell’Ercole padovano evidenzia
anzitutto il gusto dell’autore per il gigantesco e le statue fuori misura
attestato anche da un’altra sua famosa opera:
il Nettuno della fontana di piazza del Palazzo Vecchio a Firenze, alto
solo, si fa per dire, 5 metri e 60 centimetri. Per la verità, essa ebbe più
ammiratori per il candore del marmo di Carrara nel quale era stato scolpito
(donde il nome di “Biancone”) che per i suoi pregi scultorei. I fiorentini
sottolinearono infatti la figura statica ed inarticolata del grande Nettuno in
confronto alle figure bronzee agili e scattanti, opera del Giambologna, che
ornano, più in basso, il bacino acqueo dal
quale emerge il gigante, e la stessa critica potrebbe farsi all’ Ercole, più ammirevole per le sue straordinarie misure
da Guinnes dei primati che per espressività, di casa Protti.
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Possiamo allora estendere il caustico commento
fiorentino al “Biancone”(“Ammannato, Ammannato, quanto marmo l’hai sciupato!” attribuito
da taluni nientemeno che a Michelangelo un po’ disilluso da quell’opera
dell’Ammannati che pur da lui aveva tratto ispirazione), anche al nostro domestico Ercole?.
Le misure più ridotte consentono invece di meglio ammirare un’altra opera lasciata dall’Ammannati
a Padova, il Mausoleo di Marco Mantua Benavides
(che, ancora in vita, glielo aveva
commissionato) nella storica chiesa degli Eremitani ove le figure sono mosse, espressive e fanno, quelle sì, riferimento
all’arte del grande maestro. Si tratta di una grande struttura
architettonica in tre ordini appoggiata
al centro della parete sinistra (entrando)
della grande chiesa. Sul primo è posto il sarcofago che ha, simmetricamente, ai lati, le statue del
Lavoro e della Sapienza; su quello sopra vi è, al centro, il ritratto del defunto e, lateralmente, le
statue del Tempo e della Fama; infine,
sul terzo ordine, la statua dell’Immortalità
affiancata da due putti.
L’opera è autenticata dalla scritta
“Bart.Hamannati Florentinus faciebat”
incisa sulla pietra in un angolo del basamento.
Curioso notare che, mentre le altre figure sono lavorate su “pietra gallina”
(biocalcaneite di colorazione variabile
tra il giallo paglierino e il
grigio), la statua del defunto è
realizzata in stucco, e questo fa presumere che si tratti del modello di un
originale in pietra del quale non vi è traccia.
Qui le figure, più mosse, fanno evidente
riferimento all’arte del grande Michelangelo al quale il manierismo scultoreo, del quale l’Ammannati è esponente, s’ispira.
Ma, si diceva, il cortile di casa Protti possiede
il grande privilegio di far conoscere l’Ammannati
sia come scultore che come architetto.
Infatti, nell’angolo sinistro in fondo (rispetto
all’entrata) del cortile, sorge una
costruzione di particolare
bellezza, che sovrasta il cancello
d’ingresso al giardino.
Si tratta di un arco di trionfo (evidentemente
dedicato dall’Ammannati alla famiglia del suo importante committente) di forma contenuta ed elegante che contrasta
con la figura imponente e un po’ rozza dell’Ercole che occupa il centro del
cortile. Pur di proporzioni ridotte, esso
costituisce un esempio di commistione fra scultura e architettura che ricorda la
preziosa loggetta del campanile di S.Marco in Venezia la cui ricostruzione fu
iniziata dal Sansovino nel 1537, ed alla quale certamente partecipò l’Ammannati
presente, a Venezia, come sappiamo, in quegli anni.
Un’altra interessante testimonianza dell’operare dell’Ammannati nella nostra città
è costituita da uno stuccoforte bronzato (modello della statua della Sapienza che orna il monumento funebre di
Marco Mantua Benavides nella chiesa degli Eremitani) custodito nel Museo di
Scienze archelogiche e d’arte (Dipartimento beni culturali) dell’Università di Padova (n.serie MB18).
Bartolomeo Ammannati, un grande artista coevo di
altri ancor di lui più famosi (Sanmicheli,
Sansovino, Palladio) che con le loro opere eccelse appannarono un
poco le sue.
Giovanni Zannini
Salve,
RispondiEliminaè possibile entrare nel cortile per vederla? se sì, a chi bisogna chiedere?
grazie