giovedì 25 agosto 2011

Quel pazzo fra i Mille

QUEL PAZZO TRA I MILLE

Garibaldi afferma, nelle sue memorie, che la navigazione dei Mille da Quarto fino alle coste della Sicilia fu “felice”, salvo due “incidente disdicevoli prodotti dallo stesso individuo (del quale non si fa il nome – ndr.) che aveva la mania di volersi annegare e che, per due volte, ci diede molto disturbo, senza poter ottenere l’intento”, ossia senza riuscire a defungere, come avrebbe voluto fare, salvo poi ripensarci all’ultimo momento.
Era dunque accaduto che, mentre il “Piemonte”, al largo del porto di Talamone, filava a tutta velocità, un garibaldino che era a bordo si era gettato in mare con l’intento di farla finita. La manovra di salvataggio è rapida e decisa: al grido ”uomo in mare”, il bastimento ferma le macchine e subito mette in acqua un canotto che guidato da quei di bordo si dirige verso il malcapitato: il quale però, o per averci ripensato dopo aver vista in faccia la morte che, evidentemente, non gli era piaciuta, o per la “freschezza” dell’acqua, “nuotava” scrive Garibaldi ” come un pesce e faceva ogni sforzo per raggiungere i salvatori”.
Ripresolo a bordo (chi sa con quali rimbrotti!), la nave entra nel porto suddetto ove gli uomini, costretti a bordo in spazi angusti, sono fatti sbarcare per far loro “sgranchire le gambe”, imbarca armi e carbone , mentre Garibaldi organizza una piccola spedizione di 64 uomini agli ordini del col. Zambianchi con l’ordine di entrare nello Stato Pontificio per suscitarvi un’insurrezione: ma l’impresa sarà un fallimento.
Il pazzo viene affidato al comandante del porto ma, non si sa come, sfugge alla sua sorveglianza e sale questa volta sul “Lombardo” dal quale, ripresa la navigazione , si getta di nuovo in mare, venendo ancora una volta salvato dai generosi, anche se un po’ imbufaliti, soccorritori.
Ma il trambusto causato da questo secondo tentativo di suicidio rischiò di avere gravi conseguenze sull’esito della spedizione.
Mentre, infatti, il “Lombardo”, comandato da Nino Bixio, si era arrestato per prestare soccorso al pazzo, il “Piemonte” comandato da Garibaldi, e che navigava di conserva con il primo, aveva proseguito velocemente la navigazione ed alla fine i due piroscafi si erano persi di vista. Addirittura, mentre si cercava di riprendere i contatti, il “Lombardo”, che da lontano aveva visto un bastimento dirigere minacciosamente verso di lui, aveva invertito la rotta senza accorgersi che il supposto nemico era in realtà lo stesso “Piemonte” che stava disperatamente cercando di rintracciarlo: ma, alla fine, tutto si chiarì ed il ricongiungimento, con grave sollievo di Garibaldi che a causa della perdita di contatto con Bixio aveva disperato per l’esito dell’impresa, avvenne.
Ma questo pazzo, del quale come sopra detto, Garibaldi non fa il nome, chi era?
Dopo aver accuratamente spulciato l’elenco ufficiale dei 1068 partecipanti alla spedizione dei Mille, in cerca di qualche indizio che potesse renderne possibile l’individuazione, abbiamo appuntato la nostra attenzione su due nominativi.
Il primo è tal Nicolò Bensaia fu Salvatore nato a Messina nel 1833 (quindi anni 26 al momento della spedizione), morto il 14 ottobre 1874 nel manicomio di Palermo.
Il secondo è Prospero Brambilla di Prospero nato a Bagnatica il 4 maggio 1839 (e quindi 21 anni nel 1860), residente a Bergamo, demente, residente nel manicomio di Ostino (Bergamo). Parrebbe quindi, e sorprende, che un “ospite” del suddetto manicomio si sia presentato a Quarto per essere imbarcato con i Mille, e che sia stato, senza tanti problemi, fatto “abile”. Si può anche pensare che egli si sia intruppato (o sia stato intruppato, per far numero), nel nutrito drappello di lombardi, fra cui molti bergamaschi, presentatisi all’imbarco, e con essi assoldato .
Il fatto che il Bensaia sia morto nel manicomio di Palermo fa pendere la bilancia verso l’ipotesi che il pazzo sia lui , e che sia stato ivi ricoverato allorchè i garibaldini giunsero a Palermo.
Ma sono ipotesi, e chi sa se si potrà mai sapere chi fosse quel pazzo che minacciò di far fallire la spedizione dei Mille.
GIOVANNI ZANNINI

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