mercoledì 15 ottobre 2014

Dal "Trattato di Zurigo" - UNA LEZIONE DI POLITICA INTERNAZIONALE

Il “Trattato di Zurigo” firmato nella città elvetica il 10/XI/1859 fra l’Imperatore d’Austria  Francesco Giuseppe e Napoleone III Imperatore de’ Francesi ebbe numerosi  contenuti.
Anzitutto pose fine alla sanguinosa guerra (denominata dalla nostra storiografia la “Seconda guerra d’indipendenza”) combattuta quell’anno fra l’Austria e l’alleanza di Francia e  Piemonte.
Esso fu pure l’occasione per un vero e proprio trattato di pace tra le due grandi potenze europee dell’epoca per cui “Vi sarà per l’avvenire pace ed amicizia tra Sua Maestà l’Imperatore de’ Francesi e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria come ancora tra i loro eredi e successori, i loro Stati e sudditi rispettivi”.
Oltre a ciò, i due illustri contraenti si arrogarono  la facoltà di intervenire e di  porre ordine nella confusa situazione politica dell’epoca in Italia. Con l’art.18, infatti, essi “si obbligano a favorire con tutti i loro sforzi la creazione di una Confederazione fra gli stati italiani che sarà posta sotto la presidenza onoraria del Santo Padre e lo scopo della quale sarà di mantenere l’indipendenza e l’inviolabilità degli Stati confederati, di assicurare lo svolgimento de’ loro interessi morali e materiali e di garantire la sicurezza interna ed esterna dell’Italia con l’esistenza di un’armata federale”.   
Infine, il trattato contiene un’esplicita “raccomandazione” che costituisce una vera e propria tirata d’orecchi a Papa Pio IX. L’art. 20 è esplicito:” Desiderando vedere assicurati la tranquillità degli stati della Chiesa ed il potere del S.Padre… Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria uniranno i loro sforzi per ottenere da Sua Santità che la necessità d’introdurre nell’amministrazione de’ suoi Stati le riforme  riconosciute indispensabili sia presa dal suo governo in seria considerazione”.  
E’ innegabile che, a prescindere dalla mancata legittimazione in capo ai due imperatori, di intervenire, all’epoca,  nelle questioni interne di uno stato terzo,  la loro sollecitazione ad attuare riforme politiche e sociali rivolta allo Stato Pontificio rimasto  ad un livello medievale rispetto a quello sia pure imperfetto delle principali potenze europee dell’epoca, appare, oggi,  obbiettivamente opportuna.
Questo precedente storico  porta a considerare il dovere di una legittima autorità internazionale quale l’ONU di intervenire nelle questioni interne di stati che non si conformino ai principi di civiltà universalmente riconosciuti  contenuti nello stesso statuto dell’ONU.
Perché non è con le armi che si pone rimedio a situazioni  intollerabili (vedi Gheddafi in Libia e Saddam Hussein in Irak) ma con la diplomazia, il consiglio, la raccomandazione, il suggerimento,  la mediazione dell’autorità internazionale e dei suoi  consiglieri giuridici ed economici,  per convincere, con pazienza e costanza, capi di stato ignoranti o corrotti, fornendo loro aiuti e finanziamenti in cambio di riforme di civiltà e di progresso.
La semplice eliminazione di capi di  stato per quanto feroci, ignoranti o corrotti essi siano, con le armi, non risolve i problemi, ma  anzi li aggrava provocando il caos laddove il loro  potere  riusciva a mantenere un  ordine formale sia pure basato sulla violenza e, spesso, sul  terrore.
                                                                                                                  Giovanni Zannini  










  









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