martedì 29 luglio 2014

MATTEO RENZI E MARTIN LUTERO

Con l’accostare il nome del nostro attuale Presidente del Consiglio a Martin Lutero si desidera solo evidenziare l’analogia comportamentale fra  il grande riformatore religioso tedesco del  1500, e quello politico italiano  dei  giorni nostri.
La riforma protestante, infatti, non nacque all’improvviso  nella mente di Lutero, ma fu il frutto  della maturazione di idee che da tempo erano germinate nell’ambito della chiesa cattolica, e dal desiderio di dar loro attuazione.
Come, ad esempio, l’accordo (passato alla storia con il nome di “compattata di Trento”), raggiunto nel 1363 fra il Principe  Vescovo di Trento ed il Duca del Tirolo con il quale si sancì il principio della divisione dei  poteri  ponendo  fine all’autorità del Principe-Vescovo in campo civile, realizzando in tal modo  un principio che avrebbe dovuto  essere (e non fu) epocale ed innovatore per  tutta la Chiesa.  
O il  Concilio Ecumenico di Basilea che nel 1436  ratificò l’accordo (la “compattata di Praga”) sulle formulazioni  contenute nei cosiddetti  “quattro articoli di Praga” del 1420 (fra l’altro, la povertà del clero e la rinuncia ai beni materiali), decisione ahimè revocata nel 1466 da Papa Paolo II  che soffocò  sul nascere le speranze dei  cattolici illuminati desiderosi di  por fine ad ingiustizie e scandali.
E  come non ricordare il sacrificio di Gerolamo Savonarola che dopo aver tuonato   contro la corruzione,   l’immoralità, l’ambizione  ed il lusso  del clero, pagò nel 1498 con la vita, ad opera di coloro che vedevano dalla sua azione messi a rischio i propri interessi e gli indebiti benefici acquisiti, la sua ansia di ripulire e rinnovare la Chiesa?
 Ecco allora Lutero, stanco di tentativi falliti, di promesse non mantenute, di  sacrifici sofferti  da chi voleva porre rimedio alla drammatica situazione in cui la Chiesa versava, rompere gli indugi ed affiggere sulle porte dalla chiesa del Castello di Wittemberg le sue famose famose 95 Tesi che costituirono l’inizio della Riforma Protestante.
E’ allora azzardato  paragonare il comportamento politico  dell’odierno   Presidente del Consiglio italiano con quello del riformatore religioso tedesco di sei secoli fa?
Pari  la critica per il tempo perduto,  per le promesse non mantenute, per il  disinteresse di chi avrebbe avuto il dovere di intervenire e non lo fece,  per i  rinvii, per le giustificazioni addotte allo scopo di mantenere uno statu quo non più sostenibile, pari  la decisione di dire: basta! .
Pari la volontà di realizzare quelle idee già da tempo avanzate da menti   sagge, esperte  ed oneste, rimaste allo stato di proposte perché contrastate  dagli egoismi,  dai bassi interessi,  da  ideologie  contorte; pari il desiderio  di addivenire finalmente ad una svolta, di mettere  in gioco il proprio futuro, pari il coraggio delle decisioni  non più rinviabili, pari il sacrificio di una vita donata al bene comune sottratta alla  tranquillità di una vita privata pacifica e serena priva di responsabilità, di ansie e di preoccupazioni.
Ecco perché  l’uomo  che tanti secoli fa non esitò a richiedere la riforma della Chiesa,  può a buon diritto essere oggi  paragonato a quel  Matteo  Renzi  che si batte oggi, coraggiosamente, e con determinazione,  per  la riforma dello stato Italiano.

                                                                   Giovanni Zannini                      

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