sabato 25 gennaio 2014

Il bombardamento navale francese su Genova - LA LEGGENDA DELLA "CALATAFIMI"

5/26 giugno 1940: brutti tempi per i francesi. I tedeschi sfondata la “linea Weygand” entrano in Parigi (14 giugno) e contemporaneamente, aperta una breccia nella “linea Maginot”, chiudono in una grande sacca ciò che resta dell’esercito francese. La Francia agonizza.
Il 10 giugno 1940 Mussolini annuncia al mondo, tronfio, l’entrata in guerra dell’Italia contro Francia ed Inghilterra: è la pugnalata nella schiena che i francesi non dimenticano e che, all’occorrenza, non mancano di rimproverarci.
La Francia, moribonda, dinanzi al vile affronto, ha un sussulto, un ultimo guizzo: e scatta la vendetta.
L’esercito francese, è vero, è sconfitto, ma la marina francese è ancora viva e intatta, e il 14 giugno la III squadra navale francese agli ordini dell’ammiraglio Emile-Andrè-Henri Duplat lascia la munita base di Tolone e prende il mare: rotta su Genova.
Le navi francesi ad un certo punto si separano: il “gruppo Vado” (incrociatori “Algerie” e “Foch” con i cacciatorpediniere “Vauban”, “Lion”, “Aigle”, “Tartu, “Chevalier Paul” e “Cassard”) puntano su Vado Ligure, mentre il “gruppo Genova” (incrociatori “Dupleix”, “Colbert” con i cacciatorpediniere “Vautour” e “Albatros”) dirige su Genova. 
Intanto, all’alba del 14 giugno, una vedetta della torpediniera italiana “Calatafimi” (varata 17-3-1923; stazza: 1000 tonnellate; armamento:  cannoni da 76/30 mm Armstrong 1914) che, agli ordini del Tenente di Vascello Brignole sta navigando nelle acque antistanti la costa ligure tra Genova e Savona di scorta al posamine “Gasperi”, avvista alcune unità nemiche, quelle del “Gruppo Genova”. Dopo di averne tempestivamente informato Supermarina ed aver ordinato al ”Gasperi” di rientrare immediatamente alla base, si dispone, senza indugio, pur non conoscendo l’esatta consistenza del nemico, all’attacco: posti di combattimento, cannoni in punteria e tubi di lancio brandeggiati verso le navi nemiche.
Il comandante approfittando  della foschia che rende difficile il suo avvistamento, punta ad avvicinarsi il più possibile  al nemico che,  intanto, dalla distanza di 6/7000 metri ha aperto il fuoco su Genova.
Ma  il “Calatafimi”, che  a sua volta spara sugli avversari con il suo pezzo di prora,  viene per ciò avvistato e fatto segno di una rabbiosa reazione nemica che fortunatamente non gli reca danno cosicchè può proseguire il suo ardimentoso avvicinamento. Giunto  ai tremila metri, Brignole lancia due siluri che però, a causa dei continui zig-zag impressi alla sua nave per sfuggire al tiro micidiale degli artiglieri avversari, non raggiungono il bersaglio. Si avvicina ancora e lancia altri due siluri uno dei quali si disperde mentre l’altro per un difetto del sistema di lancio  non fuoriesce e resta appeso mezzo fuori e mezzo dentro il tubo di lancio.
Una cannonata che colpisce, danneggiandolo gravemente, l’”Albatros” avversario, e che non si capisce bene se  sparata da bordo o dalla difesa costiera (in realtà, si accerterà poi,  il colpo era stato sparato da un cannone da  152 mm della difesa costiera, Batteria Mameli  - zona Pegli) accende  l’entusiasmo dell’equipaggio che vorrebbe  addirittura gettarsi all’inseguimento dei francesi che si stanno nel frattempo allontanando se il comandante, saggiamente, non avesse deciso di rientrare alla base con la nave intatta scampata a quella pericolosa avventura: ma con il cannone di poppa ancora in azione per cercare fino all’ultimo di colpire il nemico “in ritirata” .
Sull’episodio della “Calatafimi” è sorta a suo tempo una leggenda patriottica  tendente ad attribuirle il merito di avere da sola difeso Genova dall’attacco nemico e di averlo messo in fuga.
Obbiettivamente, occorre dire che ad un certo punto le navi nemiche si allontanarono per rientrare alla propria base,    ma è dubbio  se ciò sia avvenuto considerando il nemico compiuta la missione, ovvero  perché intimorito dall’azione spregiudicata della “Calatafimi” ritenuta far parte di una formazione navale italiana ben più forte e numerosa in fase di contrattacco.
Sta però di fatto che gli uomini di una antiquata navicella della nostra marina non esitarono ad affrontare un nemico ben più numeroso ed agguerrito  con un coraggio ed un impeto veramente garibaldini - degni in tutto del suo nome rievocante un glorioso episodio della guerra risorgimentale - che meritarono  al suo comandante la medaglia d’oro al valor militare.
Resta da dire che se il bombardamento navale francese su Genova del 14 giugno 1940 produsse danni materiali modesti, ben più gravi ne provocò sul morale  dei genovesi e per il trauma della terribile esperienza subita e per il fatto di sentirsi esposti senza difese dato che era mancato sia il tempestivo avvistamento delle navi nemiche in avvicinamento che l’uscita delle nostra per affrontarle.
Solo qualche modesta soddisfazione, dati i drammatici momenti che stavano vivendo, l’ebbero i francesi che poterono in quel modo vendicarsi  della pugnalata loro vilmente inferta.            
                                                                                                              Giovanni Zannini          



Nessun commento:

Posta un commento