lunedì 4 febbraio 2013

LA "PIETRA DI S.GIUSTINA"


La “restituito” da parte della Chiesa veneziana a quella padovana di un antico simulacro a lei caro potrebbe costituire un avvenimento significativo e suggestivo.
Si tratta della “pietra” sulla quale la tradizione vuole fosse inginocchiata la Santa durante il suo martirio, e sulla quale sarebbero rimasti prodigiosamente impressi i segni delle sue ginocchia.
L’episodio fu rappresentato dal Veronese oltre che in uno splendido grande dipinto custodito agli Uffizi fiorentini, anche in un quadro più piccolo ma altrettanto prezioso conservato nel Museo Civico padovano.
Vi si osserva la Santa morente, inginocchiata, con il petto trafitto dal pugnale e, sullo sfondo, il cocchio – sul quale si intravvede il viso di lei accorrente a portar conforto ai fratelli cristiani arrestati durante le persecuzioni dell’anno 304 - mentre attraversa un ponte.
Proprio quello padovano di Pontecorvo (da “Ponte curvo”, ossia a schiena di mulo)che dal centro città, superando la “Canaletta”, adduce a Piazzale e Porta omonimi, alla cui fine, sulla sinistra a ricordo dell’evento, venne costruita una piccola edicola che esiste tuttora e dove venne murata la pietra del martirio.
Questo cimelio restò in loco fino al 1405 allorchè i veneziani - finalmente impadronitisi di Padova - la portarono come preda di guerra nella loro città depositandola nella veneziana omonima chiesa di S.Giustina.
Ma neppure lì trovò pace perché dopo la soppressione di questa chiesa a seguito degli editti napoleonici, essa venne fortunosamente trasferita nel 1810 nella chiesa di S.Francesco della Vigna ove tuttora si trova, e murata su di una parete della cappella di San Pasquale Baylon, terziario francescano spagnolo del Cinquecento.
Si tratta di un quadrato di pietra grigia di circa 80 centimetri di lato recante al centro due profonde incisioni, quelle che sarebbero state impresse, secondo la tradizione, dalle ginocchia della Santa al momento del suo sacrificio.
La sua autenticità è attestata da una piccola lapide sottostante (una specie di cartiglio, dunque) scritta in latino, datata 20 agosto 1462 che indica, evidentemente, la data in cui la pietra trafugata da Padova venne collocata a Venezia nella chiesa di Santa Giustina, e non quella, molto successiva, in cui avvenne il trasloco a S.Francesco della Vigna.
Eccone la traduzione:”Per notizia a noi pervenuta dagli antenati a seguito di indubbia tradizione, è questa la pietra che qui riponemmo per la devozione dei fedeli, sulla quale la Vergine Giustina impresse il segno della sua genuflessione a seguito della preghiera fatta prima del suo martirio”.
Vien dunque da chiedersi se non sarebbe opportuno ed altamente significativo riportare a Padova questo reperto che giace dimenticato in una chiesa veneziana nella cappella dedicata ad un santo illustre sulla cui santità non vi è dubbio alcuno, ma che con la martire padovana non c’entra, francamente, per nulla.
Costituirebbe la riparazione di un torto fatto da Venezia a Padova in tempi fortunatamente assai lontani allorché perfino immagini sacre e simulacri legati alla tradizione religiosa potevano costituire ambite prede di guerra, ed una dimostrazione di carità e di amore fra chiese sorelle.
Ove ciò avvenisse, la “pietra” tornerebbe ad essere collocata nel “suo” sacello proprio nel punto in cui si trovava, laddove oggi, per iniziativa di Leone Sattin, titolare della contigua officina di ciclo-riparazioni e di alcuni altri benemeriti cittadini, una bella raffigurazione della santa copre un vuoto altrimenti desolante.
Giovanni Zannini

Nessun commento:

Posta un commento