La “Storia della Seconda Guerra Mondiale” di Winston Churchill, in 12 volumi, Premio Nobel 1953 per la Letteratura non è solo il resoconto completo del tragico secondo conflitto mondiale, ma pure una miniera di accenni, di spunti, d’interrogativi che emergono talora in tono ironico dalle sue pagine e che da sole potrebbero costituire interessanti argomenti per chi desideri approfondirle.
Un esempio? L’incontro a Mosca fra Churchill e Stalin del 12/16 agosto 1942.
I tedeschi sono all’offensiva su tutti i fronti e sembrano inarrestabili: in Africa settentrionale impegnano duramente gli inglesi e sembrano prossimi alla conquista del Cairo, in Russia sono giunti a 90 chilometri da Mosca.
Stalin, furente, esige dagli alleati la costituzione di un secondo fronte che consenta l’ alleggerimento dall’incontenibile pressione tedesca e muove agli inglesi la dura accusa di non aver ottemperato agli
Impegni presi con il “Piano Sledgehammer”.
In effetti, all’inizio del 1942 gli inglesi per placare le ripetute richieste d’aiuto di Stalin, avevano messo allo studio un piano d’invasione - così denominato - delle coste francesi, del quale avevano informato Molotov, ma il piano era stato poi accantonato perché ritenuto all’epoca irrealizzabile, e sostituito con il “Piano Torch” che prevedeva lo sbarco americano nell’africa settentrionale, costituendo in tal modo l’invocato secondo fronte richiesto a gran voce da Stalin, ciò che poi , in effetti, avvenne nel 1943.
ll dittatore russo affermava, invece, che l’apertura del secondo fronte era stato dagli inglesi formalmente promessa per l'anno 1942 e quindi, non avendola realizzata, avavano mancato di parola: per questo Stalin era furibondo.
Gli inglesi, anche per il timore che la situazione disperata in cui si trovava, potesse indurre Stalin alla pace separata con i tedeschi, chiedono ed ottengono da lui il benestare per una visita a Mosca onde chiarire la situazione e por fine agli equivoci.
Ma prima di partire Churchill, che nella corrispondenza con Roosvelt si firma sempre “l’ex-Marinaio”, gli scrive chiedendogli di autorizzare Everett Harriman, suo consigliere, ad accompagnarlo a Mosca per dare a “Joe” (ossia a Stalin) l’impressione d’andare perfettamente d’accordo.
Il Presidente, ovviamente, acconsente e così il 12 agosto 1942 il Primo Ministro inglese “sbarca” a Mosca per iniziare i colloqui che si prevedono assai difficili.
L’inizio, in effetti, è burrascoso, con Stalin che duramente insiste sulla mancata parola inglese a proposito del “Piano Sledgehammer” cui Churchill replica che non di una promessa si era trattato, ma solo dell’informazione all’alleato che era in corso lo studio di un’operazione alla fine considerata irrealizzabile e quindi accantonata.
Successivamente, nel giro di sette ore di colloquio, grazie alla pacatezza di Churchill che si sforza di non rispondere alle provocazioni, e che placa Stalin con la promessa di effettuare nel 1943 l’”Operazione Torch”, il clima si fa meno teso ed il colloquio prosegue in maniera accettabile.
Salvo un ritorno di fiamma del dittatore russo che, durante la cena da lui offerta dopo la chiusura dei colloqui ufficiali, chiede brutalmente all’ospite “se la marina britannica è assolutamente priva del senso dell’onore”, con riferimento al fatto che un convoglio inglese che per la via del mare Artico trasportava aiuti ai russi era stato intercettato dai tedeschi e in gran parte affondato.
Ne segue un battibecco“Voi dovete credermi” risponde Churchill “se vi dico che tutto fu compiuto nel modo migliore ; ed io ho una lunga esperienza in fatto di marina e di guerra sul mare”. “Con ciò” replica il russo, piccato “intendete dire che io non ne capisco nulla”. “La Russia è un animale terrestre” conclude l’altro “gli inglesi, invece, sono animali marini”.
Alla fine il clima migliora e, addirittura, durante la cena suddetta, Churchill assiste ad una scenetta del tutto borghese, la figlia del dittatore, “una ragazza avvenente dai capelli rossi” che “bacia rispettosamente il padre” il quale, ammiccando verso l’ospite, sembra dirgli che “anche i bolscevichi hanno una vita familiare”.
Poi Stalin, che “aveva levato il tappo a numerose bottiglie che cominciarono a formare una schiera imponente” mandò a chiamare Molotov dicendo poi, rivolto a Churchill, una frase che non costituì certamente un elogio per il prestigio del suo ministro degli esteri:”C’è una sola cosa buona in Molotoff: sa bere bene”.
A questo punto il Primo Ministro inglese sente di dover mettere onestamente le cose a posto sull’argomento.
“Su questi pranzi sovietici” scrive, “si sono raccontate molte stupide storielle; in particolare si è detto che si trasformano in solenni sbornie.Non vi è nulla di vero in questo: il Maresciallo ed i suoi colleghi partecipavano invariabilmente ai brindisi, bevendo appena un sorso da bicchieri molto piccoli”. E conclude, fieramente, sottolineando la sua superiorità in materia:”Quanto a me, ero ben allenato”.
Molti altri gli spunti che si potrebbero trarre dallo storico incontro di Churchill e di Stalin a Mosca del 12/16 agosto 1942.
Concludiamo con questo, piuttosto leggero.
In occasione della cena di cui sopra , vi furono delle battute chiaramente non protocollari che misero in difficoltà il povero Vjaceslav Michajlovic Skrjabin, noto con il nome di battaglia Molotov, che evidentemente a Churchill non stava proprio simpatico e che neppure il dittatore, come si è sopra visto, stimava un gran che.
Sa , chiede Churchill, insinuante e spregiudicato, a Stalin, che il suo ministro degli esteri, durante la recente visita a Washington, aveva detto che intendeva recarsi a New York di sua iniziativa, e che il ritardo nel tornare non era dovuto a un guasto dell’aereo, ma soltanto al fatto che aveva compiuto una scappatina esclusivamente personale?
A questo punto la situazione si fa ancor più ingarbugliata per colpa di Stalin che, invece di difendere il suo uomo, dice, con una risata:”Non si è recato a New York, ma a Chicago dove vivono gli altri gangsters”.
“Sebbene” scrive Churchill “durante un pranzo russo si possa dire celiando qualsiasi cosa, Molotov sembrò accigliarsi a questa domanda".
E allora, cosa c’era sotto?
Diamo spazio alle fantasie più estreme: Molotov va a puntar soldi in una casa da gioco, oppure
s’incontra con i gangsters per affari privati poco puliti, forse la gestione di denaro proveniente da azioni delittuose compiute in Usa.
Ovvero si è trattato semplicemente di una (o più) gonnelle.
Comunque sia, per i cacciatori di misteri e per gli amanti del “gossip”, le porte sono aperte.
Giovanni Zannini
Nessun commento:
Posta un commento