Il culto degli avi è un sentimento che certamente onora gli uomini e dunque anche Marco Ambrosini di Asiago e la sua numerosa famiglia.
E’ infatti dal lontano 1979, l’anno in cui il nonno, l’alpino Marco Ambrosini , classe 1895, Battaglione Bassano, 6a Compagnia, lasciò questa terra, che il nipote, Marco anche lui, assieme al fratello Stefano ed ai propri familiari, si reca in pellegrinaggio il 24 giugno di ogni anno in località “Ai Marcai”, non lungi dal Forte Verle, a quota 1630.
E’ lì, infatti, che il 24 giugno 1915, durante un attacco contro le postazioni nemiche, il nonno ebbe salva la vita perché una pallottola austriaca a lui diretta si conficcò nel tronco di un abete dietro il quale si era appollaiato in una fase dell’assalto.
E dal momento che finora agli alberi non si danno encomi né medaglie al valore, il “vecio” Ambrosini decise di provvedere lui ad elogiare il comportamento dell’albero e per questo applicò sul suo tronco un cartello – che resistette per molti anni suscitando la curiosità e la commozione dei camminatori in transito - con il quale ricordava il fatto d’armi cui aveva partecipato, esprimendo in tal modo la sua fraterna riconoscenza all’abete che gli aveva salvato la vita: e siccome il tempo passava meglio per lui che per la pianta, allorchè questa, per gli acciacchi, stava per tirare le cuoia, ci aggiunse un’appendice che diceva:”Questo abete sta per finire, ma Marco Ambrosini resiste ancora”.
Ora sul posto sorge un cippo in pietra che porta incise le sue parole per tanti anni affisse sul tronco dell’albero, la data del fatto d’armi cui Ambrosini partecipò, ed il nome di tutti gli alpini caduti in quel combattimento.
La prima volta erano in pochi, si contavano sulle dita di una mano, poi le famiglie sono cresciute, qualche affezionato amico si è accodato, e piano piano, anno dopo anno, l’appuntamento “Ai Marcai” si è trasformato in un incontro di centinaia di persone - talune giunte anche da lontano - che prendono parte al rito di commemorazione, partecipano al “rancio” generosamente offerto dagli Ambrosini e dai suoi amici per poi terminare la giornata in allegria al suono di canti e musiche.
Anche quest’anno l’appuntamento ha avuto il consueto successo con la partecipazione di intere famiglie e, naturalmente, di molti “veci” - ed anche qualche “bocia” – delle sezioni alpine di Barco di Levico, Sovizzo, Golosine di Verona, Monte Berico di Vicenza ed altri che, agli ordini del I° Capitano del 5° Reggimento Alpini Renato Farinon, in rappresentanza dell’UNUCI (Ufficiali in congedo), hanno reso omaggio con i loro gagliardetti levati verso l’alto, alla memoria di Marco Ambrosini.
Non sono mancati momenti di commozione allorchè nell’omelia della S.Messa al campo, il celebrante d.Giovanni Marchioretto dell’Unità Pastorale di Grumolo Pedimonte, Centrale e Zugliano , preso lo spunto dalla vita dell’alpino salvata da quell’albero, ha poi sollecitato i presenti a fare ciascuno la sua parte per contribuire al bene comune citando d. Primo Mazzolari secondo il quale “Il mondo si muove se tu ti muovi”; e pure quando il Luogotenente Antonio Pinna, recitata la “Preghiera dell’alpino” ha portato il saluto del Comandante della Brigata ”Sassari” in partenza per l’Afganistan”.
Sorpresa ha suscitato, infine, la perfetta divisa d’epoca da allievo ufficiale austriaco della Scuola d’artiglieria di Innsbruk indossata dal nipote Pier Antonio Dall’Oglio di Levico: e la stretta di mano fra Marco Ambrosini e Pier Antonio Dall’Oglio, i nipoti dei due nemici d’allora, ha consacrato il ripudio di un passato crudele e la promessa di pace e d’ amicizia fra i popoli d’Italia e d‘Austria.
Giovanni Zannini
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