martedì 9 novembre 2010

LETTERA AL SIG.PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Egregio  Sig.Presidente,
                                                            in conclusione della Sua recente visita in Friuli-Venezia Giulia, Ella ha pronunciato un discorso nel corso del quale ha affermato che “Nessuno può sottrarsi all’impegno di portare il pesante fardello”, e “Avvenire” del 15 scorso titolava: “Richiamo di Napolitano alla solidarietà nazionale: ciascuno di noi si faccia carico del debito pubblico”.
Le premetto, Signor Presidente, che a me i debiti non sono mai piaciuti e che quelle pochissime volte in vita mia in cui ne ho fatti  sono stato contento solo quando sono riuscito ad estinguerli: si figuri che ogni anno, tornato a casa dopo aver pagato le tasse, che sono un debito che io debbo allo stato per i servizi che mi dà, apro una bottiglia di quello buono e brindo soddisfatto pensando “Anche quest’anno ce l’ho fatta”.       
Ecco perché il dovere allo stato, a quanto si dice, 35.000 (e forse più) euro quale quota di debito pubblico (creato da politici incoscienti) a carico di ogni cittadino, mi secca moltissimo, e perciò questo debito me lo vorrei togliere, e non pensarci più.
Se tutti fossero di questo avviso, il debito pubblico scomparirebbe e tutti i miliardi che lo stato spende per pagare gli interessi ai cittadini che comperano i  suoi “titoli” (che è il mezzo con i quali lo stato chiede in prestito quattrini agli italiani pagando loro i relativi interessi) verrebbero dirottati verso opere pubbliche, assistenza ai meno abbienti, più istruzione, più ospedali, migliore organizzazione della giustizia, e così via, e in Italia si camperebbe meglio.
E anche se solo la metà, un terzo o financo un quarto  di italiani fossero disponibili a questa operazione, sarebbe sempre un bel risultato.     
 Ebbene, dopo quasi 40 anni di lavoro qualche risparmio per coprire una parte del mio debito pubblico  ce l’avrei, ma, mi scusi la franchezza, Signor Presidente, siccome non sono né un santo né un eroe,  se io questi soldi li dò allo Stato, lui cosa mi dà in cambio?
Non avrei molte pretese, ma un premio, sia pure modesto, penso mi spetterebbe: perché non dice a Tremonti di studiare una formula  poco onerosa per lo Stato (che so io, un piccolo sconto sull’IRPEV, il tesserino per viaggiare gratis in ferrovia, l’ingresso libero al cinema, al teatro o allo stadio,  il permesso di passare avanti quando ci sono le code, e così via - non sarebbe un gran che, ma  vuol mettere  la soddisfazione?) atta a dimostrare la gratitudine dello Stato verso altri eventuali   “Volontari anti debito” come me?
Un tempo, per dimostrare il proprio amor di patria, occorreva impugnare il fucile e magari lasciarci la pelle, e molti italiani valorosi l’hanno fatto: oggi, per fortuna, ci sono modi meno cruenti per dimostrare il proprio patriottismo, ed i cittadini che possono avrebbero la possibilità di manifestarlo versando alla patria, al posto del proprio sangue, un po’ di quattrini della propria saccoccia allo scopo di eliminare, o, almeno, ridurre, il debito pubblico che opprime l’Italia
 Mi scusi, Signor Presidente, la libertà, ma penso Le farà piacere constatare come  qualcuno che ascolta le Sue sempre saggie parole, e cerca di metterle in pratica, in Italia, c’è.

Suo Cittadino Giovanni Zannini  da Padova in ottobre 2010        







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