Dimenticato dai più, sbeffeggiato come
irrealizzabile utopia, da altri, criticato da una sinistra che ne vedeva il veicolo per indebolire il sacro fuoco dei dipendenti contro i “padroni”, osteggiato
dal capitale che non tollera occhi indiscreti sulle proprie manovre non sempre
cristalline, difeso con ostinazione dai pochissimi che fin dall’ origine ne
hanno intravvisto il mezzo corretto per
regolare i rapporti fra capitale e lavoro, l’art.46 della Costituzione Italiana
(“Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le
esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a
collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende ”) sta finalmente, dopo un
lungo letargo, prendendo corpo.
Giustamente indaffarati dagli articoli dedicati al regolamento del mercato del
Lavoro - che costituisce, nel delicato momento politico attuale, un
problema impellente -, politici,
sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori, giuristi,
stampa, la cultura in generale, non hanno colto (quanto meno, dal nostro
piccolo osservatorio non ce ne siamo accorti, il che non esclude che altri
l’abbiano invece fatto) l’importanza di quanto emerge dalla lettura del comma
62 dell’art.4 della legge n.92 (meglio conosciuta come "Legge Fornero") relativa a “Disposizioni in materia del
mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” approvata in via definitiva
dalla Camera dei Deputati nella seduta dello scorso 28 giugno e pubblicata sulla
G.U. n.153 del 3-7-2012.
Esso rappresenta una pacifica rivoluzione e
sancisce la nascita, in Italia, della “Democrazia Economica” - così come recitava la proposta di legge presentata al
Senato - e per convincersene basta leggere alcuni punti del precitato comma.
Si tratta, infatti, della prima proposta concreta
per realizzare quella collaborazione tra capitale e lavoro sostenuta dalla dottrina
sociale della Chiesa fin dal 1891 con
l’enciclica “Rerum Novarum” di Papa Leone XIII, e poi da Papa Giovanni Paolo II
con la “Laborem Exercens” del 1981, la Sollicitudo Rei Socialis” del 1987 e,
infine, la “Centesimus Annus” del 1998.
Vi si legge infatti che “ Al fine di conferire organicità e
sistematicità alle norme in materia di informazione e consultazione dei
lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili ed al capitale,
il governo è delegato ad adottare entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge su proposta del Ministro del Lavoro e delle politiche
sociali, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di
coinvolgimento dei lavoratori
nell’impresa ”.
Tali decreti dovranno individuare “gli obblighi di
informazione, consultazione o negoziazione
a carico dell’impresa nei confronti
delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e di appositi organi individuati dal contratto medesimo”;
istituire “organismi congiunti,
paritetici o comunque misti dotati di competenze di controllo e partecipazione
nella gestione di materie quali la
sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del
lavoro, la formazione professionale, la promozione e l’attuazione di una
situazione effettiva di pari opportunità, le forme di remunerazione collegate
al risultato , i servizi sociali destinati ai lavoratori ed alle loro
famiglie…”.
Al punto e) del predetto paragrafo 62 è prevista la
“partecipazione dei lavoratori
dipendenti agli utili o al capitale
dell’impresa e la partecipazione dei lavoratori all’attuazione ed al
risultato di piani industriali”. Infine,
il punto g) prevede “l’accesso privilegiato
dei lavoratori dipendenti al
possesso delle azioni…direttamente o mediante associazioni di lavoratori i
quali abbiano fra i loro scopi un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l’esercizio della
rappresentanza collettiva nel governo dell’impresa”.
Ma fuori da facili trionfalismi da una parte o da reazioni conservatrici dall’altra, le disposizioni previste dalla legge 92
potranno costituire un elemento di
progresso economico solo se le parti interessate dimostreranno quel senso di
responsabilità che, con la “Cogestione”, ha consentito alla Germania di
conseguire invidiabili risultati economici.
A cominciare dai lavoratori dipendenti i quali, a
fronte del beneficio economico derivante dalla partecipazione agli utili delle
imprese, vedranno aumentare le proprie
responsabilità nel partecipare alla loro gestione condividendone i
rischi e le difficoltà; e poi dagli imprenditori che dalla collaborazione dei
propri dipendenti potranno trarre utili suggerimenti ed anche condividere con
loro le conseguenze di eventuali congiunture aziendali negative che non sono
sempre e solo da addebitare al datore di
lavoro il quale non ha idee chiare o commette errori - come si sbandiera in
molte manifestazioni sindacali - ma spesso da situazioni obbiettivamente
difficili che i lavoratori dovranno
contribuire a superare.
Riconosciamo che l’attuale difficile situazione
economica impone di dare la precedenza a provvedimenti di breve termine che
consentano di superare l’emergenza.
Ma allorchè ciò , si spera, sarà avvenuto grazie ai
sacrifici di tutti gli italiani,
l’attuazione dell’art.46 della Costituzione previsto dal comma 62 dell’art.4 della legge 92 che ne indica le
modalità realizzative ed i tempi (nove
mesi dalla data di entrata in vigore
della legge) dovrà essere se non il
primo, certo uno dei principali obbiettivi per addivenire finalmente alla
stabilità economica nel nostro paese.
Giovanni Zannini
Vedasi precedente articolo su questo BLOG intitolato "Che ne facciamo dell'art.46?" scritto nel gennaio
2010. Evidente la soddisfazione che quanto auspicato si sia finalmente realizzato.G.Z.
Vedasi precedente articolo su questo BLOG intitolato "Che ne facciamo dell'art.46?" scritto nel gennaio
2010. Evidente la soddisfazione che quanto auspicato si sia finalmente realizzato.G.Z.
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