sabato 27 agosto 2011

MALTA UNA SPINA NEL FIANCO DEI BORBONI

Malta ha costituito, per tutto il periodo risorgimentasle, un covo, un rifugio di patrioti mazziniani che nell’isola tramavano contro i Borboni o trovavano rifugio per sfuggire alle polizie dopo i moti organizzati da Mazzini nei vari stati pre-unitari.
Situata ad appena 94 chilometri dal punto più vicino della Sicilia, era la base ideale di partenza per partecipare alle congiure che i mazziniani ordivano nell’isola per abbattere i Borboni. Era questo, infatti, l’obbiettivo principale di Mazzini convinto che la liberazione dell’Italia avrebbe dovuto iniziare da sud con la sconfitta del Regno delle Due Sicilie sicuro che, all’epoca, la Francia non sarebbe intervenuta in suo aiuto.
E ciò a conferma che la spedizione dei Mille fu preceduta dall’attivismo dei mazziniani siciliani che prima crearono i presupposti e poi accompagnarono l’azione di Garibaldi sia pure all’ombra della “Bandiera Neutra” accantonando provvisoriamente le istanze repubblicane e combattendo con lui che inalberava invece, con chiarezza, e fieramente, quella con il motto “Italia e Vittorio Emanuele”.
Figura principale dei mazziniani maltesi fu Nicola Fabrizi (Modena 1804 – Roma 1885), che aveva preso parte, giovanissimo, alla congiura guidata nella sua città da Ciro Menotti nel 1831 e che a seguito della repressione del duca Francesco IV era stato costretto all’esilio dando inizio ad una frenetica attività rivoluzionaria.
Nel 1834 collabora in Svizzera con Mazzini ai preparativi per l’invasione della Savoia, recandosi poi, dopo il fallimento dell’impresa , in Spagna ove partecipa con una brigata italiana alla prima guerra carlista (1833-1839) per difendere la causa dei liberali spagnoli. Avuta notizia dell’insurrezione di Catania del 1837, parte per parteciparvi facendo tappa a Malta - ideale trampolino di lancio verso la Sicilia - ove è però costretto a rimanere dopo il (consueto ) fallimento della rivolta catanese.
Fu durante questo soggiorno che, convinto che la liberazione dell’Italia avrebbe dovuto iniziare dalla Sicilia, decise, per dargli attuazione, di formare a Malta un comitato definito “Legione Italica” che si differenziava in parte dalla “Giovane Italia” di Mazzini perché, scriveva, non intendeva “discutere di questioni di forma e di pensiero” né “ attaccare le forme e le persone”, ma si sforzava di collaborare con “le persone che uniscono all’accettazione del concetto l’attitudine del fatto”: insomma, par di capire, meno sottigliezze ideologiche ed azione comune con chi ci sta, con chi condivide l’ideale della liberazione dell’Italia dallo straniero.
Nel 1848 si precipita a Palermo insorta donde, dopo il rientro dei Borboni, accorre a combattere a Roma e, dopo la fine della gloriosa Repubblica Romana, si reca a Venezia ove l'insurrezione ancora resiste, mettendosi poi in salvo allorchè anche la Repubblica di S.Marco si arrende.

Dopo anni trascorsi a Modena ed in Francia sente il richiamo di Malta ove a far tempo dal 1853 ritorna e prosegue il lavoro preparatorio insurrezionale già iniziato nel suo primo soggiorno nell’isola d’intesa con i comitati di Messina e di Palermo, sempre in contatto con Francesco Crispi e Rosolino Pilo a nord.
Nel 1855 collabora con Carlo Pisacane nella preparazione dell’impresa di Sapri il cui esito conosciamo e da allora, divergendo in questo con Mazzini, si convince che senza aiuti esterni sarà impossibile ottenere risultati positivi con il solo metodo dell’insurrezione popolare e della guerra per bande.
Aiuto esterno che può arrivare solo da Garibaldi.
Nel 1859 si mette allora in contatto con il concittadino Luigi Carlo Farini divenuto dittatore di Modena e con i fondi da lui ricevuti costituisce la “Casa commerciale Carlo Fabrizi e fratelli “ destinata all’acquisto di armi.
Si rivolge per questo al Governatore inglese (all’epoca l’isola apparteneva alla corona inglese) per trattare l’acquisto di armi: ma quello afferma di non aver poteri in proposito e lo rinvia a Lord Palmerston di Londra, il che egli fa rivolgendosi nel contempo a Mazzini affinché faccia il possibile per appoggiare la richiesta presso l’autorevole personaggio.
In questo modo riuscì a costituire un piccolo arsenale destinato ad essere trasportato in Sicilia allorché, come programmato, scoppiati i movimenti insurrezionali innescati da Rosolino Pilo, Garibaldi sarebbe sbarcato nell’isola.
Ma un suo messaggio criptato spedito all’amico Francesco Crispi affinchè ne riferisse a Garibaldi, con cui informava che la rivolta scoppiata a Palermo e sedata dai Borbonici, resisteva però nella provincia, era stato mal decodificato e Crispi aveva riferito che la rivolta era fallita ovunque, inducendo Garibaldi a soprassedere alla partenza.
La responsabilità dell’equivoco venne poi rimpallata dall’uno all’altro, dando luogo a polemiche.
Garibaldi, alla fine, pur in assenza di notizie precise, si mise in moto, come si suol dire, "al buio", e gli andò, come sappiamo, bene, ma Fabrizi si rammaricò sempre di aver involontariamente creato, proprio lui che l’intervento garibaldino aveva invocato e preparato, l’equivoco, ed il conseguente ritardo della partenza della spedizione.
Dopo che Garibaldi ebbe messo piede in Sicilia, Fabrizi poté finalmente realizzare il suo sogno sbarcando in suo aiuto a Pozzallo sulla costa meridionale della Sicilia con 24 uomini e gran numero di fucili e munizioni per armare i molti volontari siciliani che subito si unirono a lui ingrossando il nucleo iniziale e che diedero vita ad una grossa colonna di 340 uomini denominata “Cacciatori del faro”. Giunti a Milazzo, i “Cacciatori” di Fabrizi ebbero l’incarico di proteggere Garibaldi impegnato nella famosa battaglia, impedendo l’arrivo di truppe borboniche che avrebbero potuto colpirlo alle spalle. L’ azione preparatoria dell’impresa dei Mille ed il valido contributo in battaglia favorirono la sua rapida ascesa: nominato Generale d’Armata fu comandante militare di Messina dopo che Garibaldi ebbe attraversato lo stretto - anche se avrebbe preferito seguirlo nella sua vittoriosa marcia verso il nord – e poi ministro della guerra nel governo prodittatoriale guidato da Antonio Mordini. Dopo lo scioglimento di questo governo tornò a Malta per dedicarsi alla politica e dopo un iniziale insuccesso, alla fine, nel dicembre 1861, fu eletto al Parlamento nella circoscrizione di Trapani. Nel 1862 ebbe la disavventura di subire un arresto con l’accusa di aver favorito il nuovo tentativo di Garibaldi di giungere a Roma al grido “O Roma o morte”, stroncato nel triste fatto dell’Aspromonte.
Partecipò poi nel 1866 alla III guerra d’Indipendenza e l’anno successivo fu con Garibaldi nella “Campagna dell’Agro Romano” per la conquista di Roma prendendo parte alla sfortunata battaglia di Mentana dopo di che si dedicò esclusivamente all’attività politica morendo a Roma il 31 marzo 1885.
Resta da dire che l’attività cospirativa dei patrioti italiani fu d’esempio a quella dei patrioti maltesi che si battevano per l’indipendenza dell’isola dagli inglesi e che alla fine di una lunga lotta pervennero finalmente nel 1974 all’indipendenza con la proclamazione della Repubblica Maltese.
Per finire, in appendice.
Malta è legata anche alla vicenda matrimoniale di Francesco Crispi che animò le gazzette dell’epoca.
Egli, infatti, espulso dal Piemonte nel 1853 per la sua attività rivoluzionaria, si era rifugiato a Malta ed aveva ivi sposato nel 1855, con rito religioso, Rosalia Montmasson cha da allora condivise il suo esilio e le sue avventure, raggiungendo la notorietà per essere stata l’unica donna ad avere partecipato alla spedizione dei Mille.
Essa era poi stata poi abbandonata da Crispi che nel 1878 aveva sposato Lina Barbagallo suscitando uno scandalo , un vero “gossip” dell’epoca, con l’accusa di bigamia elevata a carico del Crispi allora presidente del Consiglio, dato che la Montmasson era ancora vivente.
Fortunatamente - per lui, ma non per la povera donna che l’abbandono aveva gettato in un grave stato di prostrazione- il matrimonio celebrato a Malta non era stato trascritto in Italia, e, oltre a ciò, era stato celebrato da un sacerdote sospeso “a divinis” per cui egli uscì assolto nel processo instaurato a suo carico.
Negli anni, poi, del fascismo, venne alimentata una campagna - auspicante, non si comprende in base a quale teoria, che l’isola venisse “restituita alla grande Madre Italia” - alla quale parteciparono alcuni irredentisti che nel 1942 furono deportati dagli inglesi in Uganda.
In quello stesso anno l’Italia fascista considerò martire e decorò con medaglia d’oro alla memoria il giovane Carmelo Borg Pisani che, nato a Malta e ardente filo-italiano, aveva rinunciato alla nazionalità inglese e si era trasferito in Italia ove aveva acquisito quella italiana ed era stato arruolato nella MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) entrando anche a far parte del SIM (Servizio Informazioni Militari).
Dopo un periodo di preparazione si offrì volontario per l”Operazione C3” recandosi a Malta per studiare la situazione in vista dell’invasione italiana dell’isola, ma catturato e considerato traditore (in quanto la sua abiura dalla nazionalità inglese non era stata riconosciuta) fu impiccato il 28 novembre 1942 nella prigione maltese “Corradino”.
Giovanni Zannini

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