mercoledì 3 febbraio 2016

CARDUCCI E LA SPEDIZIONE DI GARIBALDI IN FRANCIA

Giosuè Carducci rievoca la spedizione di Garibaldi in Francia con un suo articolo del 21 gennaio 1872 pubblicato su “Prose di Giosuè Carducci” edito dalla Nicolo Zanichelli di Bologna nel 1905.
Con il suo stile classicheggiante ed epico ricco di riferimenti storici e leggendari,  l'autore risponde anzitutto a coloro che si erano stupiti dell'accorrere  dell'Eroe in soccorso delle giovane repubblica francese in pericolo, dopo la sconfitta di Sedan, di fronte all'avanzata dell'esercito prussiano.
Ma come, si chiedevano costoro, Garibaldi che “sotto le mura di Roma tante volte  disfrenò l'invitto animo  e la spada e il cavallo  nel fitto delle legioni francesi..., va a combattere in carrozza per la Francia...” anzichè compiacersi “che cotesta superba e vana gente sia ridotta all'impotenza di nuocere , d'impedire, d'immischiarsi, d'imporre?”. 
Perchè va a combattere i prussiani che con la loro vittoria, vendicavano, sia pure involontariamente,  i numerosi torti a lui arrecati dai francesi,  da Mentana a Roma?
Così, risponde Carducci, avrebbe pensato “chi ha la passione dei piccoli avvenimenti, il rancore dei fatti singoli e staccati”, ma non chi, come Lui, “uomo di stato”, ha “il dolce e freddo occhio aquilino...di chi vede per entro i destini delle nazioni”.
Ecco dunque perchè Garibaldi accorse in Francia nel 1870.
Perchè vedeva  il pericolo che  l'ideale repubblicano a lui caro allora incarnato dalla Francia donde “la libertà e la filosofia avean preso le  mosse”, potesse soccombere di fronte all'imperatore Guglielmo; e che “l' elemento germanico dopo Sadowa  e Sèdan tende  naturalmente a dilagare ; intende forse a soprafffare”. Perchè,  scrive Carducci, interpretando il pensiero di Garibaldi, “con principi e con imperatori non facciamo fidanza”.
Non solo: ma anche perchè egli vedeva  in pericolo “l'ideale della confederazione, morale e ideale per ora, delle genti latine,  sorelle nella lingua, nelle tradizioni, nelle istituzioni, nell'arte”, quell' ideale che fa di Garibaldi il precursore dell' Unione Europea realizzatasi quasi un secolo dopo (e che taluno, criminalmente, vorrebbe oggi mettere in discussione).    
Fin qui, dunque, i motivi che hanno indotto Garibaldi all'intervento.
Ma lo scritto carducciano è ricco anche di altri accenni  interessanti.
Allorchè, ad esempio, ci si  chiede perchè “egli va a combattere in carrozza per la Francia”.
E' chiaro il riferimento al pessimo stato di salute dell' Eroe ormai sessantatreenne, colpito da una grave forma di artrite, il quale, per ispezionare  il fronte a lui affidato,  si faceva trasportare in carrozza finchè le strade lo consentivano, per poi essere trasferito su di una “letiga” condotta da due portantini allorchè il terreno si faceva accidentato.
Come pure quando Carducci non manca di manifestare il suo acceso anticlericalismo affermando di ammirare il popolo tedesco auspicando che un domani (purtroppo, sembra dire, non oggi) il suo “dio Thor  risorga con il suo gigantesco martello di ferro e picchi di santa ragione sulle chiese e le torri, carceri della vecchia Europa: oh che colpi meneranno i nipoti di Sigfrido! Si, tu diverrai un giorno come Sigfrido e ucciderai l'abominevole drago”, ossia, è chiaro, il Papa.
Ancora, allorchè afferma che i giovani italiani accorsi in Francia chiedevano ai francesi “lasciateci morire e vincere per voi”, chiaro accenno alla tiepidezza (ed in qualche caso, aperta ostilità) manifestata dai Francesi ai volontari accorsi in loro difesa allorchè facevano capire, con una certa boria,  che nessuno li aveva chiamati e che erano in grado di farcela da soli, .
Lo scritto carducciano si conclude con un forte, commosso saluto a Giorgio Imbriani “amico e fratello nostro, ricordanza acerbissima e onorata sempre”  dei giorni più belli trascorsi a Bologna,
caduto in Francia nelle gloriose giornate del 21, 22 e 23 gennaio 1871 davanti a Digione.
Saluto che Carducci  nuovamente invia il 19 novembre 1876,  in occasione della commemorazione di Goffredo Mameli, a Imbriani ed a Ferraris ( Adamo Ferraris, fratello del grande scienziato Galileo – v. il mio “Adamo Ferraris il  medico di Garibaldi”)  “cavalieri antichi nella spedizione dei Vosgi”, la montagna di Francia che diede il nome all’esercito di Garibaldi.
                                                                                                  Giovanni Zannini                                                                                                 


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