L'ottima ricostruzione delle “Ultime
ore di Mussolini” scritta dal direttore Marco Delpino sul recente
numero di agosto della rivista “Bacherontius” offre l'occasione
per affrontare un argomento assai delicato ed estremamente
imbarazzante che tratteremo nella maniera meno scabrosa possibile.
Riguarda il dubbio già avanzato da
molti circa una possibile violenza sessuale subita dall'amante di
Mussolini nelle ore precedenti la sua uccisione.
Da parte sua Delpino scrive che Giorgio
Pisanò, il noto storico di parte fascista gli “”...raccontò
d'aver successivamente scoperto...che Claretta Petacci sarebbe stata
violentata da alcuni partigiani tra cui un tal “Capitano
Roma”...””.
Così prosegue la ricostruzione di
Pisanò:””...Il duce viene trascinato con forza giù dalle scale
e portato nel cortile dei De Maria. La Petacci, che nel frattempo s'è
affacciata alla finestra d'una stanza, grida:”Aiuto! Aiutateci!”,
ma in quello stesso istante qualcuno l'afferra con forza facendola
rientrare””.
Le invocazioni disperate di aiuto della
donna sono confermate da una testimone, Dorina Mazzola, all'epoca
diciannovenne che dalla propria casa distante circa 100 metri da
quella dei De Maria che aveva ospitato Mussolini e la sua amante,
riferì del trambusto osservato nella casa vicina.
Ma cosa accadde veramente a quella
donna che invocava disperatamente aiuto?
L'ipotesi che nella camera in cui la
signora Petacci e Mussolini avevano trascorso la notte si sia
verificato un atto di violenza sessuale contro la donna, è a
tutt'oggi dubbia e oggetto di dibattito.
Tenuto conto della drammaticità del
momento che lasciava la donna in balia di uomini eccitati dalla
consapevolezza del momento storico che stavano vivendo, carichi di
odio verso il duce e colei che per anni ne era stata l'amante può
fondare l'ipotesi che il fatto vergognoso si sia effettivamente
verificato.
Ma il dubbio può essere superato da un
particolare macabro che potrebbe portare ad avallare l'ipotesi della
violenza.
Piazzale Loreto: è in corso l'episodio
che tanto ha nuociuto alla nobiltà della Resistenza antifascista.
I cadaveri di Mussolini, della signora
Petacci e di altri gerarchi giacciono sul piazzale antistante un
vecchio distributore di benzina in disuso.
La folla imbestialita insulta i
cadaveri, li copre di sputi, li calpesta, li prende a calci.
Per evitare che essi siano ridotti in
poltiglia, si decide di appenderli per le gambe, a testa in giù,
alla struttura del vecchio distributore, così la gente potrà
continuare a vederli e insultarli, ma si eviterà la completa
distruzione dei corpi.
A questo punto la gonna dell'abito
della signora Petacci si rovescia lasciando scoperto il pube privo di
indumento intimo.
Per por fine alla macabra esibizione, e
per eliminare almeno questo sconcio, la mano pietosa di un frate
unisce con uno spillone i lembi della gonna coprendo in tal modo
l'addome della donna.
A questo punto la domanda: è possibile
che una signora, vestendosi, ometta di indossare l'indumento intimo
destinato a coprire la parte inferiore del proprio corpo? E' questo
un movimento istintivo che, pur nelle tragiche circostanze che stava
vivendo, con quasi assoluta certezza la signora Petacci, lasciato il
letto, ha effettuato.
E allora? Come si spiega che
l'esposizione di Piazzale Loreto ne abbia attestato l'assenza?
Non può essere questa la prova che
qualcuno, imbestialito dalla vita del guerrigliero, eccitato
dall'insperata fortuna della cattura di un uomo tristemente famoso,
e, perchè no, dall'indubbia avvenenza della donna, abbia strappato
il delicato indumento per compiere l'abominevole gesto?
Non si pretende certamente di aver
sciolto il dubbio che la signora Petacci, prima di morire, sia stata
vittima di violenza sessuale.
Ma la circostanza sopra evidenziata,
basata su di un elemento obbiettivo che supera ipotesi solo
verbalmente affermate da Giorgio Pisanò, pare propendere per
l'ipotesi che la deprecabile violenza, si sia, in effetti,
verificata.
Giovanni Zannini
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