L’acceso dibattito sul sovraffollamento delle
carceri ed il conseguente disumano sistema di vita imposto ai carcerati si
conclude in genere con 2 proposte entrambe criticabili: indulto o amnistia
oppure la costruzione di nuove carceri.
Per superare
tale dilemma è auspicabile il ricorso alla sperimentazione di soluzioni nuove poco costose e soprattutto
realizzabili in tempi brevi.
Fra queste, la creazione di “campi” di lavoro ove
impiegare le inutilizzate energie di molti carcerati - costretti dall’attuale
normativa ad un dannoso ozio forzato - che invocano di poter scontare le colpe
commesse, giustamente punite, in maniera utile a sè stessi e per risarcire il
danno apportato alla società.
Si tratta di creare baraccamenti in luoghi ove occorrano determinati lavori di
pubblico interesse (i più vari, quali ad esempio la cura del patrimonio
forestale, la regolazione dei corsi d’acqua
per evitare esondazioni, la coltivazione di terre abbandonate o
sottratte ad organizzazioni malavitose, la ricostruzione dei centri abitati
colpiti da eventi naturali e così via) utilizzando la manodopera dei
carcerati.
Baraccamenti che non sarebbero costituiti da
“baracche” in senso spregiativo, ma prefabbricati facili da costruire in tempi
rapidi, con costi infinitamente inferiori a quelli per nuove carceri in
muratura, nei quali sarebbe possibile vivere in maniera civile: basti pensare a
quelli costruiti in tempi da record dalla Protezione Civile in casi di calamità
naturali, terremoti, inondazioni e simili.
Essi dovrebbero ovviamente avere una recinzione
opportunamente sorvegliata, anche se l’immediato ritorno alle carceri normali
in caso di fuga o tentativo di fuga dovrebbe scoraggiare l’evasione.
Il lavoro dei reclusi dovrebbe essere compensato
come per quelli liberi, ed il loro importo trattenuto fino al termine della
pena; il loro trattamento umano, in un sistema di vita ordinato e ben
organizzato da affidarsi agli stessi
agenti di custodia collaborati da istruttori ed educatori, senza dimenticare i
cappellani.
Penso a quei
C.A.R. (centro addestramento reclute) ben organizzati, nei quali si mangiava e
si dormiva e dai quali si usciva per l’addestramento militare, marce e tiri,
mentre dagli auspicati “campi” si dovrebbe uscire per andare a lavorare
nell’interesse proprio e della collettività.
Naturalmente il regime carcerario, chiamiamolo
così, “extra moenia”, dovrebbe costituire una specie di premio per i detenuti
per reati minori, già giudicati o in attesa di giudizio, con esclusione degli
accusati o giudicati per delitti contro la persona o mafiosi, il cui controllo
sarebbe difficoltoso in una struttura più “leggera” di quella carceraria
comune.
Si otterrebbe così il duplice risultato di sottrarre i
detenuti per reati minori (già condannati o in attesa di giudizio) ad una carcerazione degradante,
e di consentire a quelli colpevoli di
reati più gravi, grazie allo
sfollamento degli altri, una carcerazione giustamente punitiva ma non
inumana, in grado veramente di provvedere alla loro rieducazione e riabilitazione,
la meta cui deve giustamente mirare il sistema carcerario.
Utopia? Buonismo? Illusioni?
Può anche essere, ma si potrà dirlo solo dopo l’eventuale
fallimento di una sperimentazione che è
possibile e poco costosa, se si avrà la voglia, la buona volontà ed il
coraggio di farlo.
Meglio, molto meglio che insistere su progetti
costosissimi e realizzabili in tempi
lunghi (nuove carceri) oppure ricorrere ad amnistie ed indulti che, come insegna l’esperienza, non risolve
il problema e corrisponde ad una
dichiarazione di totale fallimento.
Padova 28.5.2013
Giovanni Zannini
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