sabato 19 febbraio 2022

LEGGENDO I TESTI DEGLI ARMISTIZI

Nei libri di storia vi sono parole, espressioni, frasi, informazioni che sono forse sfuggiti all'attenzione degli storici e che meritano di essere conosciuti e commentati, senza escludere - perché ciò implicherebbe una conoscenza illimitata - che essi siano invece già stati oggetto dell'attenzione di altri.

In sostanza, il lavoro di chi, dopo che la trebbiatura era terminata, si soffermava a “spigolare”, raccogliendo i chicchi di grano sfuggiti alle maglie della trebbiatrice.

L' onore delle armi.

E' noto che la cessazione delle ostilità fra gli Alleati e l'Italia avvenne mediante due armistizi: uno sottoscritto a Cassibile (prov. di Siracusa) dal Gen. Bedell Smith per gli Alleati, e dal Gen. Castellano per l'Italia il 3 settembre 1943, reso pubblico l'8 settembre, denominato “Armistizio Breve” con riferimento alla brevità del testo (12 articoli); il secondo sottoscritto a Malta il 29 settembre dal Gen. Eisenhower comandante delle Forze Armate Alleate, e dal Gen.Badoglio Capo del Governo Italiano, denominato “Armistizio Lungo” per la lunghezza del testo composto da ben 44 articoli. .

Ciò premesso, apprendiamo dal bel volume di Elena Aga Rossi “Una Nazione allo sbando” pubblicato dalla Società Editrice “il Mulino” di Bologna nel 2003, che una prima bozza dell' Armistizio redatto dagli inglesi il 24-4 prevedeva all'art.3 che “ alle forze armate italiane sarà concesso l'onore delle armi”. Ma questa bozza venne modificata a seguito dei “rilievi americani ed al lavoro dei Capi di Stato Maggiore congiunti dei due paesi”, cosicchè nel testo definitivo dell'Armistizio Lungo quanto previsto dagli inglesi per i molti atti di valore dei combattenti italiani, scomparve e di onore delle armi alle forze armate italiane non vi è più , in quel documento, alcuna traccia.

Probabilmente perchè mentre le prime trattative per la stipula dell'armistizio avvennero mentre le Forze Armate Italiane, sia pur stremate e sull'orlo del tracollo, esistevano ancora, il Gen. Eisenhower, al momento della stipula dell'Armistizio Lungo si trovò invece di fronte un Capo del Governo italiano ormai privo di forze armate che si erano - poco gloriosamente, diciamolo - dissolte come neve al sole.

In tema di riconoscimento da parte del vincitore del valore del vinto, oltre all'intendimento iniziale, poi revocato, come si è visto sopra, di concedere l'onore delle armi all'esercito italiano, gli inglesi concessero ai loro avversari italiani, dopo la resa, questo onore almeno in due casi - senza poter escludere che ve siano altri -: nella guerra d'Abissinia ai difensori dell'Amba Alagi comandati dal Duca d'Aosta, ed alla bandiera italiana ed alla guarnigione dell'isola di Lampedusa.

Prigionieri

Il trattamento dei prigionieri di guerra alleati in mano italiana fu previsto sia nell'Armistizio Breve che in quello Lungo. Entrambi infatti disponevano che TUTTI I PRIGIONIERI ALLEATI – citando, con specifico riferimento , nell'art.32 dell'Armistizio Lungo, “i sudditi abissini confinati, internati o in qualsiasi altro modo detenuti nel territorio italiano od occupato dagli italiani” - dovevano essere immediatamente consegnati ai rappresentanti delle Nazioni Unite: ed il particolare riferimento ai prigionieri abissini manifesta uno speciale riguardo degli Alleati per coloro che furono per primi vittime della violenza coloniale fascista.

In effetti alcuni resistenti abissini patrioti, soprattutto nobili di rango, che durante l'occupazione italiana avevano combattuto contro l'invasore, furono deportati in varie località italiane (Longobucco, Mercogliano, Roma, Tivoli, Firenze, Varazze, Torino e Palermo): fra questi Ras Immirù che godette di un particolare trattamento perchè dotato di una spiccata personalità che indusse gli italiani ad un certo riguardo.

Orbene, nel Promemoria segreto n.1 del Comando supremo italiano, datato 6 settembre 1943, inviato ai tre Capi di Stato Maggiore allorchè le trattative per la stipula dell'Armistizio Breve erano in corso, emesso per “il caso che forze germaniche prendano di iniziativa atti di ostilità armata contro gli organi di governo e le forze armate italiane”, si danno invece, in tema di prigionieri, disposizioni difformi.

Infatti, al paragrafo n.3 di tale Promemoria si legge che “si potranno anche lasciare in libertà i PRIGIONIERI BIANCHI, trattenendo IN OGNI MODO QUELLI DI COLORE”: una distinzione, come si è visto sopra, non prevista dagli Alleati.

Un evidente razzismo esistente allora negli alti gradi dell'esercito italiano, che tuttora, a distanza di quasi un secolo, malauguratamente ancora sussiste nella testa di molti italiani.

Padova 11-X-2021 

Giovanni Zannini

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