giovedì 7 febbraio 2019

LE "CONCERTAZIONI" FRA VITTORIO EMANUELE II E MAZZINI


Francesco Bertolini (1836-1909) storico, professore di storia all'Università di Bologna, nel suo imponente volume (ben 827 pagine) “Risorgimento Italiano” (Ed. F.lli Treves – Milano - 1899) che copre il periodo che va dall'inizio delle “Restaurazioni” (1815) fino alla liberazione di Roma (1870), scrive di un tentativo di accordo avvenuto nel 1864 fra Vittorio Emanuele II e Mazzini per la liberazione di Venezia e del Veneto.
Notizia innegabilmente sorprendente e poco nota, che l'autore trae dal libro “Politica segreta italiana” con il quale nel 1880 l'editore Roux di Torino rese noti documenti dai quali emergeva che “il Re d'Italia non isdegnasse valersi della popolarità e dell'influenza di Giuseppe Mazzini per ottenere la liberazione della Venezia; e il Mazzini, pur di addivenire al realizzamento del suo pensiero sommo, la unificazione della patria italiana, non isdegnasse, dal canto suo di accettare la cooperazione di un Re”.
Le trattative, secondo il Roux non avvennero direttamente fra il re e Mazzini, avvenimento clamoroso che sarebbe stato difficile tenere segreto, ma per interposta persona: “un ingegnere Muller, agente mazziniano, e un avvocato G.Pastore, persona di fiducia del Re”.
Esse miravano a concertare un moto insurrezionale provocato da Mazzini nel Veneto che avrebbe giustificato un intervento del Regno d'Italia in soccorso degli insorti.
Ed a conferma della notizia, il Roux pubblica una nota autografa 3 marzo 1864 del re al Muller, che fa riferimento alle trattative in corso allorchè afferma che “...sono disposto a concertare come si chiede, ma assumendo io e il mio Governo, quando si avrà ombra di possibilità,
il glorioso mandato dell'opera finale della patria nostra.... ma guai a tutti noi se non sappiamo ben farlo abbandonandoci ad impetuose, intempestive frenesie....”.
Ossia d'accordo a “concertare” con Mazzini, ma deciderò io, e alla larga da sue eventuali mattane.
Ed alla teoria del tentato complotto Vittorio Emanuele/Mazzini per la liberazione del Veneto, Francesco Bertolini aggiunge un'ulteriore prova.
Egli riferisce infatti che Enrico Tavallini, biografo di Giovanni Lanza, afferma che dalle sue poche carte emerge che “Vittorio Emanuele si compiacesse di fare il cospiratore” e che, “caduto il Ministero Minghetti e succedutogli quello La Marmora, Lanza trovò già avviata una corrispondenza con alcuni emigrati stranieri da cui risultava di intimi accordi e di sussidi dati per l'organizzazione di parecchi comitati (evidentemente di ispirazione Mazziniana – n.d.r.) che si andavano provvedendo d'armi e preparavano una insurrezione la quale ad un ordine del governo italiano doveva scoppiare in alcuni stati e nel Veneto. Lanza continuò quell'opera e la favorì di consigli e di danaro contenendola nei limiti di ordinata preparazione.... Ma dopo il ritiro del Lanza pare che i successori di lui (Natoli e Chiaves) non abbiano più coltivato alacremente quel disegno; e La Marmora, com'ebbe stretto alleanza con la Prussia, disdegnò tutti gli altri elementi di forza (moti di popolo e insurrezioni mazziniane – n.d.r.) che non fossero quelli dell'esercito”.
Quanto alle “concertazioni” tra Vittorio Emanuele e Mazzini - conclude Francesco Bertolini - , dopo essere state condotte per oltre un anno, senza alcun risultato, furono bruscamente spezzate per il fatto della “Convenzione di settembre”.
Evidentemente Mazzini, sdegnato, non volle avere più nulla a che fare con Vittorio Emanuele reo di aver sottoscritto il 15 settembre 1864 con Napoleone III una Convenzione con la quale da una parte la Francia s'impegnava a ritirare le sue truppe a protezione dello Stato Pontificio, ma dall'altra l'Italia si assumeva la responsabilità di difenderlo da ogni attacco da qualsivoglia parte provenisse e prometteva di trasferire la propria capitale da Torino a Firenze, con ciò dimostrando il proprio  disinteresse a fare di Roma la capitale d'Italia, il sogno che Mazzini aveva coltivato per tutta la vita.

Padova 10-3-2019                                                                          Giovanni Zannini 

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