Fa piacere constatare, talora, la coincidenza di idee con persone
che non si sono mai conosciute, tanto più se si tratti di persone
note e stimate.
Mi offre l'occasione di questa considerazione la lettura di un
articolo apparso su “Avvenire” del 21 maggio scorso dal titolo
“Destro-Pesce e l'ipotesi dei Vangeli costruiti su fonti
inaffidabili” firmato da Mario Iannaccone.
L'autore recensisce infatti l'ultimo libro (“Il racconto e la
scrittura. Introduzione alla lettura dei Vangeli” – Ed. Carocci,
pagg 176, € 15 -) degli autori Adriana Destro e Mauro Pesce che
discutono sulle “varie fonti dalle quali, presumibilmente, gli
evangelisti si sarebbero procurati informazioni sulla vita del loro
maestro”.
Argomento trattato nel mio “Le vere ultime parole di Gesù
Cristo” pubblicato su questo Blog nel novembre 2011 nel quale
parlavo, appunto, delle “fonti” dalle quale gli Evangelisti,
veri giornalisti dell'epoca, hanno tratto le loro “informazioni”
sulla vita e morte di Gesù.
In particolare appuntavo la mia indagine su di un particolare di
grande importanza, la diversità delle ultime parole attribuite dai 4
Evangelisti a Cristo prima della Sua morte in croce.
Matteo: “”...Verso l'ora nona Gesù gridò ad alta voce
“Elì,Elì, lamà sabactanì?” (Dio mio, Dio mio, perchè mi hai
abbandonato?)
Marco: fornisce la medesima versione assai poco credibile quando
suona come impensabile, velato rimprovero di Cristo al Padre, e,
oltrettutto, ce lo mostra dimentico di quanto Egli stesso aveva
chiaramente pronosticato sulla sua morte.
Luca:”Padre, nella tue mani raccomando lo spirito mio!”
Giovanni:”Tutto è compiuto!”.
E concludevo che le versione più veritiere sono quella di Luca
e, soprattutto, quella di Giovanni che fu testimone “de visu”
della morte del suo Maestro, mentre Matteo e Marco non poterono che
riferire quanto appreso da altri.
Chiedendomi, nel contempo, perchè nella liturgia celebrativa
pasquale non si dia spazio esclusivamente al Vangelo di Giovanni:
forse perchè la frase drammaticamente incomprensibile contenuta in
quello di Matteo e di Marco accentua la commozione e l'intensità
della partecipazione del popolo di Dio al sacro racconto.
Ma altri elementi ( le ripetute traduzioni da una lingua
all'altra, le interpretazioni dei vari autori e, perchè no, la
distrazione o la sonnolenza di qualche copista) possono aver influito
a rendere talora incomprensibili, o contraddittorie la lettura di
qualche sacro testo.
Come, sempre restando nell'ambito della crocifissione di Cristo,
stupisce la frase che, secondo Luca, Egli avrebbe rivolto al buon
ladrone che aveva invocato la sua misericordia:”Oggi sarai con me
nel paradiso”.
Qui, evidentemente, vi è un “oggi” di troppo che Cristo non
può aver pronunciato ben sapendo che la sua ascesa al cielo, al
paradiso, sarebbe avvenuta 40 giorni dopo la Sua resurrezione –
durante i quali apparve ripetutamente ai suoi apostoli - e non
subito, dopo la sua morte.
Padova 23.5.2015
Giovanni Zannini
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